IL RAPPORTO BES DELL’ISTAT E LA CONDIZIONE GIOVANILE
Il Rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) dell’ISTAT è un ritratto in profondità dello stato del paese, disegnato con cura dalla statistica ufficiale attraverso la lente del benessere dei cittadini. Il benessere è, o dovrebbe essere, l’obiettivo finale delle politiche pubbliche. Un traguardo impegnativo, a volte arduo, soprattutto quando le circostanze sono avverse: per una pandemia devastante, per la crisi ambientale, per le minacce alla pace in Europa. Il BES rappresenta uno strumento fine ed esaustivo di misurazione del grado con cui le politiche producono, in concreto, cambiamenti sulla vita delle persone. I dati sono organizzati nei grandi domini della salute, dell’istruzione e formazione, del lavoro, del benessere economico, delle relazioni sociali, della politica e delle istituzioni, della sicurezza, del benessere soggettivo, del paesaggio e del patrimonio culturale, dell’ambiente, dell’innovazione, ricerca e creatività, della qualità dei servizi.
Il quadro di insieme è composito, mostrando sia avanzamenti che arretramenti del livello di benessere degli italiani.
Il quadro è ancora adombrato dalla pandemia, sia sotto il profilo demografico, con una significativa riduzione della speranza di vita alla nascita nel 2020 a livello nazionale, sia economico – un esempio per tutti, il forte calo dell’occupazione nelle attività culturali e creative – sia ancora ambientale, con la riduzione delle emissioni di CO2 conseguente alle prolungate chiusure di attività economiche e l’attenuarsi dell’inquinamento da PM2,5, che rimane, tuttavia, elevato e senza miglioramenti apprezzabili. Molti divari si sono mantenuti, o addirittura allargati: dalla speranza di vita alla nascita, alla mortalità evitabile; dalla spesa dei comuni per la cultura, all’impatto degli incendi boschivi e dell’abusivismo edilizio. La pandemia si è tradotta per lo più in arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere mentale e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli.
Tra i molteplici temi trattati del Rapporto BES, di seguito viene approfondita la condizione dei giovani.
Dai dati emerge che sono stati i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi. Sono loro a richiedere, oggi e negli anni a venire, la massima attenzione da parte delle politiche, e in tal senso i dati e i corrispondenti indicatori non lasciano dubbi.
Negli anni di pandemia sono i giovani tra 14 e 19 anni gli unici ad aver conosciuto un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, con la percentuale di molto soddisfatti che è passata dal 56,9% del 2019 al 52,3% del 2021. D’altra parte, gli stessi fenomeni di bullismo, violenza e vandalismo a opera di giovanissimi, che negli ultimi mesi hanno occupato le cronache, sono manifestazioni estreme di una sofferenza e di una irrequietezza diffuse e forse non transitorie. In questo stesso gruppo di età, la sedentarietà è passata dal 18,6 al 20,9%, stante l’impossibilità per molti di svolgere in modo continuativo l’attività sportiva. E, tra i ragazzi di 14-17 anni, sono state osservate quote elevate di consumatori di alcol a rischio. Tra i giovani, per i quali le relazioni tra pari sono della massima importanza per uno sviluppo armonico, è diminuita in modo tangibile anche la soddisfazione per le relazioni con gli amici. In questa fascia di età è anche calata la percentuale di chi si dichiara molto soddisfatto delle proprie relazioni familiari. Non è difficile intuire le ragioni di questa disaffezione: nel 2021, il protrarsi delle difficoltà per genitori e figli nel condividere gli spazi domestici anche per lavorare e seguire le lezioni, le ridotte possibilità di frequentare i compagni di studi dovute all’alternanza della didattica in presenza e a distanza per buona parte dell’anno scolastico o accademico, le limitazioni nella possibilità di praticare attività sportive e ricreative hanno contribuito a una sorta di desertificazione degli affetti, che ha eroso le basi della soddisfazione dei giovani. L’attività di volontariato, che era rimasta stabile nel primo anno di pandemia, nel 2021 registra una contrazione di quasi 5 punti tra i giovani di 14-19 anni. Tra il 2019 e il 2021, anche la partecipazione sociale diminuisce molto, di circa 11 punti, nella fascia 14-24 anni. Il nostro Paese, alla vigilia della pandemia, non aveva ancora recuperato le profonde perdite in termini di tasso di occupazione giovanile legate alla recessione economica e aveva accresciuto la distanza dalla media europea. Nel 2019 in Italia il tasso di occupazione dei giovani di 25-34 anni continuava infatti a rimanere il più basso di tutti i paesi europei, con una distanza particolarmente ampia per le ragazze. Con l’arrivo della pandemia, la situazione dei giovani sul mercato del lavoro si è ulteriormente deteriorata, soprattutto per le donne, il cui tasso di occupazione ha subito le perdite maggiori. Un altro fattore di criticità è rappresentato dall’elevato numero di abbandoni precoci della scuola: la quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma nel 2021 è pari in Italia al 12,7%, valore più elevato di quello fissato come limite massimo in sede europea (10%), già raggiunto in media dai paesi europei.
Ai giovani più istruiti e qualificati, l’Italia non offre ancora opportunità adeguate. E così, nonostante le limitazioni alla mobilità imposte durante il primo anno di pandemia, e l’incertezza che ha caratterizzato il 2020, le emigrazioni all’estero dei giovani laureati italiani si sono intensificate rispetto al 2019, in netta controtendenza rispetto ai trasferimenti di residenza della popolazione nel complesso. Le direttrici principali dei flussi di giovani laureati continuano ad essere verso l’estero e dal Mezzogiorno al Centro-nord. Il bilancio delle migrazioni dei cittadini italiani 25-39 anni con un titolo di studio di livello universitario si chiude con un saldo dei trasferimenti di residenza da e per l’estero di -14.528 unità. In particolare, il Mezzogiorno, soltanto nel corso del 2020, ha perso 21.782 giovani laureati. Le politiche giovanili, nel nostro paese che invecchia, hanno di rado ricevuto attenzione prioritaria e risorse adeguate ed è dunque tempo di cambiare strategia. Fuori da ogni retorica, si può dire che le politiche per il benessere dei giovani siano, oggi più che mai, politiche per il benessere del paese tutto intero, e gli interventi da mettere in atto non possono, per definizione, essere emergenziali. Accanto a un serio investimento nell’intero sistema scolastico e universitario –non solo per gli edifici o per le attrezzature, che comunque hanno necessità di essere portati a livelli di qualità accettabili, ma anche e soprattutto a sostegno degli addetti e delle loro competenze – è certamente indispensabile agire al fine di sostenere e potenziare le reti di servizi territoriali per la cultura, lo sport e il tempo libero da vivere nella dimensione della socialità e della condivisione delle responsabilità civili.
E’ imperativo che le politiche pubbliche, avvalendosi delle opportunità offerte dal PNRR, rispondano con intelligenza, generosità e sistematicità, stimolando un miglioramento diffuso del benessere dei giovani con i quali gli adulti hanno contratto un debito intergenerazionale morale e sociale.
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