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Il “processo breve”

Gennaio 17
23:00 2010

L’opinione del magistrato Giancarlo Caselli
Il Procuratore capo di Torino commenta il progetto di legge sul “processo breve” e fa alcune proposte di riforma della giustizia. «Il processo in Italia dura troppo innanzitutto a causa del carico di lavoro dei magistrati che, negli ultimi anni, è aumentato moltissimo, anche perché il cittadino rispetto al passato è più consapevole dei suoi diritti e quindi fa più ricorso alla giustizia. In particolare, i processi che più sono aumentati nel tempo sono quelli a seguito di morte per colpa medica. C’è da dire che se da un lato i processi sono complessivamente aumentati, dall’altro lato il numero dei magistrati non è aumentato in proporzione. Gli ottomila magistrati esistenti, oltre a non essere sufficienti, sono pure mal distribuiti sul territorio nazionale. Ci sono tribunali con un enorme carico di lavoro ma con scarso personale, e tribunali inutili con poco lavoro. Abolendo questi ultimi e trasferendo il relativo personale nei tribunali che più ne hanno bisogno, già si migliorerebbe la situazione. I posti scoperti per la mancanza di PM nelle “procure di frontiera” in Sicilia e in Calabria sono svariate decine. Una situazione, questa, che porterà alla catastrofe, soprattutto sul versante dell’antimafia, se non si consente sin da ora di impiegare nelle procure i magistrati di prima nomina, prevedendo per loro un corso specialissimo di formazione mirato alle specifiche funzioni da svolgere. Per quanto riguarda poi il personale amministrativo impiegato nei tribunali, manca mediamente il 15% di segretari e cancellieri rispetto agli organici, con punte del 30% nel nord est e nel nord ovest. È quindi urgente fare i concorsi per coprire gli organici. Oltre a ciò, un altro motivo per cui il processo dura troppo è che in Italia ci sono ben tre gradi di giudizio. Com’è noto, in tutti gli altri Paesi del mondo con un sistema accusatorio c’è solo un primo grado e un ricorso alla Corte Suprema. Occorrerebbe, pertanto, una riforma che vada nella direzione o di abolire l’appello o di introdurre dei filtri che impediscano di ricorrere sempre e comunque in appello. Oggi un imputato che sa di essere colpevole preferisce far passare il tempo, sperando che arrivi la prescrizione (i cui termini sono stati ridotti con la ex Cirielli) oppure un indulto o un’amnistia, inflazionando così il sistema giudiziario. Con il “processo breve”, è prevedibile che la situazione nei tribunali si aggraverà, in quanto all’imputato non converrà più patteggiare o andare a giudizio con rito abbreviato, visto che potrà sperare che il processo muoia dopo due anni. La conseguenza sarà che, cessando i riti alternativi, ci saranno più udienze e il sistema giudiziario ne uscirà ulteriormente inflazionato. Il risultato più doloroso è che non sarà fatta giustizia per le vittime di reati anche gravissimi». Questo è quanto dice il magistrato Giancarlo Caselli. Ora, se è vero quanto dichiara il ministro della giustizia Alfano che solo l’1% dei processi verrebbe cancellato per eccessiva lunghezza, non si comprende proprio per quale motivo ci si debba preoccupare di fare una tale riforma sul “processo breve” se il restante 99% dei processi si svolge – sempre secondo Alfano – in tempi ragionevoli. Un dato, questo, che però è smentito da qualunque procura d’Italia, in quanto la previsione delle procure sulla fine dei processi oscilla dal 40 al 60%. Lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura a metà dicembre ha consegnato al ministro Alfano la bocciatura del progetto di legge, paventando addirittura “il rischio che venga vanificata la lotta alla corruzione”. E che si tratti di magistrati tutti comunisti, contrari al governo di centro destra, non è proprio credibile!

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