Il pensiero sdoppiato del signor Facebook
Pare che Facebook sia un social network. Pare anche che sia concepito per mettere in contatto persone che già si conoscono, tipo amici, colleghi, parenti ed ex compagni di scuola o giù di lì. Tale è il manifesto di Facebook. Poi vai su Facebook e ti accorgi che c’è gente che accetta come ‘amici’ persone che non conosce affatto: come fa una miriade di utenti ad avere 5000 (ed ora anche 7000) ‘amicizie’ su Facebook? Chi veramente conosce personalmente 5000 persone? Nessuno. Posso aver incontrato e parlato nella mia vita con 5000 e più persone, ma di certo non ho modo di ricordarmi di tutte loro, in quanto non abbiamo condiviso granché nella quotidianità nostra. E allora perché il signor Mark Zuckerberg permette agli utenti del suo social network di avere 5000 e più contatti?
E perché impedisce alle persone di far richieste d’amicizia per dieci giorni o un mese, nella misura in cui le richieste d’amicizia vengono rifiutate da altri utenti? La motivazione che dà Facebook in questi casi è che l’utente temporaneamente inibito dal richiedere amicizie aveva contattato persone che non conosceva. Dal punto di vista meramente logico non ha senso. Chiedo ad una mia vecchia conoscenza l’amicizia, e quell’entità ectoplasmatica (o virtuale se preferite: ma tanto virtuale non è, poiché gli manca la necessaria virtù) che si chiama Facebook, Mr. Facebook, Mark Zuckerberg o chi per lui mi segnala che non posso chiedere l’amicizia a quella persona, perché a tale Grande Fratello della rete non risulta che la conosca. Io e la mia conoscente ci siamo sentiti al telefono e ci siamo messi a ridere: che arroganza da parte dei gestori di Facebook pretendere di dire ad un utente che non conosce una persona che invece conosce da una vita. Più che un avanzamento umano, Facebook dimostra di basarsi su un arretramento gnoseologico piramidale, del tipo: ti dico io, gestore del social network, chi tu conosci o meno. Paradossale. Anche la parola ‘amicizia’ usata da Facebook trova il tempo che trova. I miei familiari (papà, mamma, i miei fratelli e nipoti) sono molto più che amici. Altri che conosco lo sono meno. Però ‘amici’ fa trend, fa egualitario e democratico: livella tutti su un piano paritetico, controllato dall’alto dai gestori del social network. Ma attenzione: non c’è nulla di meno affidabile di un proclama facilmente realizzabile e irrealizzato. Mark Zuckerberg ti permette di ‘seguire’ il suo profilo, di leggere in sostanza i suoi post insieme ai post dei tuoi ‘amici’, ma non ti permette di fare amicizia con lui (non ha l’apposito pulsante). Però ti permette di segnalarlo a Facebook e bloccarlo: il che sa molto di presa in giro, visto che è lui che decide chi bloccare. Provate a segnalarlo: sarà più facile che verrete bloccati ed espulsi voi dal sistema piuttosto che lui. Non vi pare? Il linguaggio di Facebook non è né tecnico, né sociale: è commerciale. Le parole vengono usate perché suonano bene, convincenti, allettanti, atte a vendere, ma sono spesso vuote di contenuto e fuorvianti. Se a Mark Zuckerberg piace che gli utenti del suo social network si chiamino ‘amici’, gli utenti, che spesso sono più svegli di lui nell’uso del linguaggio, si sono inventati la dicitura ‘amici di FB’, per distinguere gli ‘amici’ sconosciuti dagli amici reali. Il ‘Diario’ di Facebook è un’altra trovata senza capo né coda. Chiunque sappia cosa sia un diario (sappia cioè distinguerlo da una memoria, un’autobiografia, un’agenda ecc.) non avrà problemi a capire che i post sulla propria bacheca non formano affatto un diario. Che il suono della parola ‘diario’ sia piaciuto per farsi un maquillage dalle tinte italiane lo capisce chiunque conosca la lingua inglese. In inglese, la nuova interfaccia si chiama ‘timeline’ (tavola cronologica) e non diario. Perché non tradurre semplicemente tavola cronologica (o cronologia) per gli utenti italiani? La risposta è chiara: il significato delle parole conta poco, perché la parola non ha nulla di tecnico, ma serve ad attrarre le lucciole, se non fosse che gli utenti non sono lucciole, si accorgono dei fastidiosi cambiamenti di Facebook e protestano. Facebook è un social network molto particolare. Ha la pretesa di soppiantare tutti gli altri siti di internet, di accorpare a sé i contenuti dei blog: lo fa in una maniera sì ammiccante, ma del tutto irrispettosa dei suoi utenti. Gli cambia la grafica, le opzioni di visualizzazione di foto e note, della privacy, dei tag ecc. Gli fa condividere interessi con persone sconosciute (di qui il senso della recente estensione a 7000 del limite delle amicizie che un utente può raggiungere, in barba alle amicizie ‘vere’ del manifesto), e se non ti sta bene, puoi far fagotto, e quello che hai postato, nonché le ‘amicizie’ che hai aggiunto, possono farsi benedire, volatilizzandosi. Facebook è un social network fittiziamente egualitario controllato dall’alto, che censura i contenuti da un paese, gli Stati Uniti, che è orgoglioso (o una volta lo era) della sua libertà d’espressione, protetta dal Primo Emendamento della Costituzione americana. Di fatto, il sogno dietro al progetto di Zuckerberg sembra essere quello di diventar lui il Grande Fratello, o Fratello Maggiore, temuto da Orwell. Mettendoci la faccia (a differenza del fondatore di Twitter). Il timeline o diario che dir si voglia, lungi dall’essere una tavola cronologica, è un mezzo di continua modifica che l’utente può apportare ai contenuti (per es., un utente può modificare un commento e il testo che accompagna una foto dopo che altri utenti li abbiano commentati, all’insaputa di questi ultimi). La possibilità di continua riscrittura dei testi già stampati costituisce l’attività lavorativa del protagonista di 1984 di George Orwell: modifica le vecchie edizioni dei giornali con fatti (inventati) che diano ragione alle previsioni del Partito. Nel momento in cui l’utente può cambiare la didascalia di una foto su Facebook e anche la data in cui l’ha postata, potrà con tutta facilità risultare un profeta quando rivelerà a ritroso, ma con data anteriore, il vincitore della prossima maratona olimpica di Londra. Questo non è un diario. E nemmeno una tavola cronologica. Se il mezzo contribuisce a formare il messaggio, la forma della ‘narratività’ dei post anteriori è nelle mani del Fratello Maggiore. Se Facebook volesse cambiare interfaccia, da un giorno all’altro potrebbe assumere l’aspetto di una tavola cronologica o di un diario, già compilati dagli utenti in altra forma.
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