Il Parco dei Castelli Romani è abitato anche dai lupi
Il Parco dei Castelli Romani è abitato anche dai lupi. L’ennesima conferma arriva dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, che ha certificato la presenza del lupo partendo da un gravissimo episodio di violenza verso un esemplare, ucciso ed esposto alle porte del Comune di Rocca Priora poco tempo fa.
La coabitazione degli uomini con la fauna selvatica è, da sempre, fonte di conflitto. Da un lato ci sono le legittime aspettative di chi ha attività economiche minacciate dalla fauna selvatica, dall’altra c’è la necessità di tutelare il delicato equilibrio naturale, che è alla base della nostre stesse esistenze, e che prevede anche la presenza di animali selvatici.
La presenza del lupo ai Castelli Romani è una realtà: non sappiamo in quanti esemplari, ma è comunque un segno di buona salute dell’ecosistema. Sicuramente non c’è un disequilibrio fra predatori e prede: i lupi puntano ai cinghiali e sul territorio tale binomio favorisce il contenimento dei cinghiali stessi. Se si pensa che i Castelli Romani sono densamente abitati e vissuti, questo non può che considerarsi un ottimo risultato, un indicatore di biodiversità che fa tirare un sospiro di sollievo a tutti. La vita naturale trova i suoi spazi e impara ad adattarsi anche in contesti in cui è oggettivamente difficile farlo: strade che tagliano le aree verdi, città che si espandono in maniera diffusa ben oltre gli antichi confini, rumori, luci. Un contesto, in cui l’uomo è il protagonista che lascia davvero poco spazio alla natura, continua a sorprendere per la presenza di vita selvatica, nonostante tutto. Eppure per qualcuno non basta. Pensare di eliminare tutto ciò che ostacola i propri personali interessi è una visione che non può esistere, in una società in cui la convivenza prevede che ciascuno rinunci a qualcosa di suo per beneficiare dei vantaggi della vita in comune e in nome del bene comune.
La natura non è negoziabile.
L’ambiente è il contesto nel quale viviamo, non potremmo esistere senza acqua, aria, cibo. E tutto ciò che ci occorre è indissolubilmente legato alla biodiversità, all’esistenza di ogni più piccolo essere, che non è qui a caso ma assolve a una precisa funzione nel mantenimento di quell’equilibrio che “magicamente” produce aria, acqua, cibo. Nessuna magia, è l’ambiente naturale che ci ospita che trova sempre nuove forme per reagire alle aggressioni poco accorte di chi lo abita.
Quindi nessuna tutela per chi subisce danni a greggi o colture a causa della fauna selvatica?
Tutt’altro: per i danni derivanti da fauna selvatica esistono gli indennizzi pubblici; l’Ente Parco ha ricevuto l’ultima richiesta di indennizzo di danni ad un gregge cinque anni fa, richiesta cui è stato dato riscontro positivo entro novanta giorni.
“Indennizzi per danni accertati per chi svolge il lavoro di pastore a norma di legge, misure di contenimento, – commenta il presidente del Parco, Sandro Caracci – azioni di buon senso che i privati possono attivare autonomamente per prevenire le incursioni degli animali sui propri terreni, come recinti adeguati per gli agricoltori; ancora, sostegno economico per aiutare i pastori ad allestire strutture ‘a misura di lupo’. Gli strumenti ci sono, e sono utilizzati da chi è in regola con le norme che disciplinano le attività agricole e di allevamento. Diverso è il discorso per chi soffia sul fuoco partendo da una situazione non lecita, come i bracconieri che hanno tutto l’interesse a che il lupo non infastidisca i cinghiali o quanti esercitano abusivamente il pascolo e che non possono, chiaramente, accedere agli indennizzi”.
8 gennaio 2018
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