Il nodo alle (nostre) radici
Il nodo alle radici
Maria Teresa Pellegrini Raho
9788898224272
puntoacapo Editrice
€ 16,00 anno 2014 e-book disponibile NO
Può capitare, a volte, di avvicinarsi ad un libro di poesia e racconti con distacco, credendo sia un cassetto di memorie con fogli sparsi, nel migliore dei casi, quasi senza una vera urgenza di espressione. Il caso de Il nodo alle radici si presenta, invece, più complesso. Il nodo, per una scrittrice che ha già al suo attivo pubblicazioni e un interesse per pittura e architettura, rappresenta un simbolo importante: sembra cogliere il groviglio di sentimenti e di vissuto che la tiene ancorata al paese calabro dal quale proviene, alla sua gente, più nello specifico ai suoi genitori e anche a ciò che sarebbe potuto essere. Nei versi s’avverte il legame forte col mare, con la luce del mezzogiorno del luogo che una volta rappresentava la non speranza, la di-speranza, e che oggi torna ad essere posto archetipico di dolcezza. Quel che abbacina del libro è proprio la luce che forse è la prima trama del gioco espressivo della Pellegrini Raho: sprigionata dalla pittura e dalla parola, seguita dal dolore fondo di molti passi scritti. Oltre il racconto d’una vita, autobiografico o no, della sofferenza del passaggio in terra, e certo anche della gioia, se ne può cogliere l’universale. Un universale che non è lasciato all’indefinito, preda di possibili interpretazioni; qui le sfumature emozionali sono tante, queste tratte da ‘sole’ tre liriche: «Ho conservato un luogo/ In un angolo del corpo/ Forse tra gli occhi ed il pensiero/ oppure sotto la gola/ Dove mi capita di perdere il respiro/ e poi di ritrovarlo»; «Madre mia/ Torno bambina con te bambina/ E comprendo il tuo spaesamento/ Il dover dare avendo ancora/ Bisogno di ricevere e la vita che appare/ All’improvviso/ Irrompe come il vento/ Di un uragano che sembrava dolce»; «Contengo un’altra storia/ che molto mi disturba./ In questo esperimento che è la vita/ metto ampolle a fiamma viva/ e tutti gli elementi che l’anima regala/ e poi distilla/ in serie di alambicchi». I racconti inclusi nel volume complicano il quadro: favole morali, la necessità di riordinare (cose, pensieri?). Una ragazza (l’autrice?) parla con le proprie zie siciliane: in una percezione viva si descrive viaggiatrice libera, solinga spesso e se vuole sentirsi tale, in pace col proprio andare finché va. Forse se si ferma è perduta: dietro ogni gioia il compenso buio, la solitudine ma poi, ancora intuizioni valide per r-esistere, ancora luce e quel darsi la possibilità di dialogare con le persone che hanno significato/significano di più nella propria esistenza. Il desiderio di una immutabilità che non fabbrichi dolore è uno di quelli difficili da ammettere ma alberga nel modo giusto fra queste pagine. Un libro al femminile. Non proprio, non solo; un libro con molti temi al femminile, fra i quali l’autrice crea un reticolo di storie mutando l’angolo di visione, o sui quali torna come onda sulla battigia a cancellare in parte ciò che era già scritto, sovrascrivendolo con sensazioni meglio calibrate, più decise. Una proesia che cerca il più possibile la dimensione della persona davanti all’esistere. Esistere che chiama ogni volta all’appello soli, dimentico anche di ciò che abbiamo potuto costruire ogni giorno in termini di rapporti umani, lavoro, famiglia. La riflessione diventa più importante nell’odierno quadro esistenziale, se il poeta non scrive solo parole belle che possano suonare in armonia: la vita è tutto ciò che vediamo e che sta intorno all’individuo, che nulla venga trascurato, che tutto possa trovare significato: «Forse c’è un tepore/ Nella fine di ogni cosa/ Che assomiglia al fuoco acceso/ In una notte d’inverno». Questo solo qualche frammento d’un piccolo grande libro. L’augurio è che si legga più poesia nel 2015. Ce n’è così bisogno. (Serena Grizi)
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