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Il neoliberismo economico italiano

Luglio 04
02:00 2007

Crollato il comunismo sovietico, il vincente modello di economia liberale ha portato i partiti della sinistra italiana a dare avvio alla privatizzazione di importanti e solide aziende di Stato (come, ad esempio, è stato per la Telecom). Così, nel sistema economico di tipo misto di allora, lo Stato decideva di eclissarsi per far emergere un nuovo tipo di imprenditoria, molto più libera di prima. Senza più lacci e laccioli, finanzieri senza patrimoni poterono impadronirsi di quelle aziende, comprandole senza soldi e finendo per indebitarle. Furono, questi, coloro che D’Alema definiva “capitani coraggiosi”. Le proprietà delle aziende furono acquisite persino in presenza di conflitti di interesse, nei quali si vedeva un’unica persona svolgere ora il ruolo di acquirente e ora il ruolo di venditore di pezzi dell’azienda in due diversi consigli di amministrazione. Il nuovo modello economico da costruire spinse il Parlamento a fare anche riforme del lavoro che non tenevano più conto dei vecchi principi di solidarietà. Le nuove regole del libero mercato dovevano essere quelle uniche e sovrane della concorrenza, che richiedevano che si risparmiasse su tutto ciò che incideva sui costi di produzione: una grande occasione per l’emergente imprenditoria da “furbetti del quartierino”! Infatti, da allora molte aziende hanno utilizzato la legge Biagi per spostare il rischio imprenditoriale unicamente sui lavoratori, mentre prima doveva essere sopportato dagli imprenditori ed in parte anche dallo Stato. Il risultato è che oggi vi sono società che arrivano ad utilizzare l’80% di precari, impiegandoli maggiormente in lavori a progetto inventati proprio per aggirare detta legge. Risparmiare sui costi di produzione ha significato per le imprese anche non spendere quanto serve per garantire la sicurezza dei lavoratori. Naturalmente, per i cantieri edili non è conveniente dare visibilità sulla stampa ed in televisione alla vera portata della strage in atto di lavoratori, spesso extracomunitari, tanto che si è arrivati ad abbandonare i morti sul lavoro lungo le strade per simulare incidenti stradali, così come ha raccontato in modo particolareggiato ed appassionato Roberto Saviano nel suo libro Gomorra. Ma a schiacciare le richieste di giustizia che salgono dalla società civile c’è anche il sistema politico della “partitocrazia”, più arrogante che mai, forse perché il fare politica è divenuto un mestiere molto redditizio. Così, mentre la classe politica si autoperpetua, non permettendo a nessuno il ricambio, le scelte politiche vengono decise quasi interamente al chiuso delle segreterie di partito. Infatti, prima erano i cittadini a scegliere i candidati da eleggere a propri rappresentanti, ora invece, con la riforma elettorale varata poco prima delle ultime elezioni politiche dal precedente governo di centro-destra, sono i vertici dei vari partiti ad autocandidarsi ovvero a scegliere i candidati da far votare al corpo elettorale. La conseguenza è che il Parlamento eletto è più espressione dei leader di partito che degli elettori. E non fa nemmeno notizia il fatto che alla Camera dei deputati ci siano 25 condannati in via definitiva, anche per corruzione (i nomi si possono trovare nel sito di Beppe Grillo). Addirittura, tra i condannati c’è pure chi è stato dichiarato decaduto dal Parlamento (vedi Previti), nonostante continui a sedere tra gli scranni ed a percepire lo stipendio da parlamentare. Resta il dubbio che non sia soltanto colpa del presidente della Camera, che non ha ancora comunicato all’interessato che è ormai sollevato dalla carica di parlamentare. Altro che risparmio dei costi della politica! Tra l’altro, i nostri parlamentari hanno stipendi superiori a tutti gli altri colleghi in Europa, e come se ciò non bastasse acquisiscono il diritto alla pensione di parlamentare dopo solo due anni e mezzo. In questo quadro si parla di aumentare l’età pensionabile dei lavoratori (sic!) per superare la crisi economica. Inoltre, per ridare credibilità al sistema della giustizia, punto cardine del programma di governo del centro sinistra, era stata promessa l’eliminazione delle leggi, definite ad personam, ma sino ad oggi quelle leggi ci sono tutte. Ed è legittimo dedurre che a beneficiarne siano state persone di tutti gli schieramenti politici. Infine, la presenza sia di un duopolio televisivo, che di fatto impedisce lo sviluppo di un reale dibattito (ridotto a rissoso gioco delle parti) e sia di giornali che godono di finanziamenti pubblici solo su segnalazione dei partiti politici, non offre di certo una informazione davvero libera.In questo contesto così liberale fanno grandi affari i clan camorristici, che hanno aperto attività e commerci in Italia e nel mondo in settori economici quali: edilizia, alta moda, prodotti agro alimentari, smaltimento dei rifiuti tossici, armi e droga. Roberto Saviano in Gomorra li ha descritti, uno per uno, parlando di un “Sistema della camorra”. Un anti-Stato? No, egli scrive: “il pensiero dei boss di camorra coincide col più spinto neoliberismo… Il Sistema non tenta più di occultare i suoi investimenti, i suoi crimini, le sue azioni, ma semplicemente tenta di non renderli dimostrabili in tribunale. A tal fine cerca di coinvolgere nel suo Sistema più persone possibili, facendole entrare di fatto nei propri Comitati d’affari”. Saviano riporta anche una significativa dichiarazione del pentito Schiavone del clan dei Casalesi: “Si trova sempre nelle istituzioni qualcuno disposto a scendere a patti con la camorra per favorirla. Un tecnico, un funzionario, un dipendente pubblico che non controlla, né verifica le varie operazioni del processo economico, c’è sempre!”. Ma allora, è proprio grazie all’esistenza di un “Sistema Italia”, che permette ai furbi di trasformare tutto a proprio vantaggio e a discapito degli altri, che il Sistema economico-criminale dei clan della camorra – descritto da questo giovane e coraggioso scrittore campano – ha assunto proporzioni tali da interessare ormai l’intero territorio nazionale!?

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