“Il Mucchio Selvaggio” di Sam Peckinpah
Il western classico è morto nel 1969, anno di uscita de “Il Mucchio Selvaggio” di Sam Peckinpah. Il regista californiano rivisita e rifonda in chiave politica il glorioso passato degli Stati Uniti alla luce del nuovo clima che si respira nella società americana. La guerra in Vietnam, lo scandalo Watergate e gli omicidi di John F. Kennedy e Martin Luther King hanno prodotto uno strappo profondo e insanabile. Il cinema non può che prenderne atto. E quale miglior genere del western, il cui nucleo tematico è costituito da uno dei miti fondativi della Nazione, il sogno americano, per dare voce ad una presa di posizione così netta? Ne “Il Mucchio Selvaggio” gli eroi buoni e giusti che popolavano i western di John Ford lasciano il posto a personaggi ambigui e crepuscolari alla ricerca di loro stessi e di un riscatto personale interiore che non riusciranno a raggiungere. I protagonisti del film infatti sono dei banditi che dopo aver fallito una rapina in banca, braccati da un gruppo di cacciatori di taglie, sconfinano in Messico dove moriranno nell’impari lotta contro l’esercito di un generale. La scelta è consapevole e coraggiosa quanto inutile: la risata isterica e folle con la quale si chiude il film è una chiara metafora del fatto che tutti gli sforzi per cercare di cambiare il mondo e di costruire qualcosa di nuovo e diverso sono del tutto vani.
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