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È un giorno di giugno non troppo caldo di una Roma ancora non vuota ma che si appresta a vivere delle vacanze che non per tutti sarebbero state segno di riposo e tranquillità. Nella cittadina del Vaticano, che dal 1923 era divenuta stato libero e indipendente, scompare una ragazza, figlia di un dipendente dei Sacri Palazzi. Iniziò così, per la famiglia Orlandi, una giornata destinata a non finire mai. Il libro di Concettina Maso (Emanuela Orlandi: le vere e non vere verità dell’amaro e strano caso della cittadina vaticana Universitalia) investiga, si addentra nel caso con una curiosità molto spiccata, cerca di

trovare il bandolo della matassa fra l’odore fetido dell’indifferenza delle istituzioni e il puzzo dei depistaggi. Il libro, o pamphlet come desidero chiamarlo per la sua esiguità effettiva, pur nella ricchezza di contenuti, si articola in tre parti sostanziali. Nella prima l’autrice affronta il tema del giallo nella letteratura partendo da Dante per arrivare a De Cataldo in un universo del racconto del mistero e del giallo che sin dall’epoca medievale ha incuriosito per poi accattivare l’interesse degli scrittori contemporanei. Nella seconda, come in un ascensore tematico, l’autrice scende nei particolari criticando la letteratura sopra questo caso: turbinio di esagerazioni e misteri, di intrighi e scandali, di depistaggi e false speranze che diventano per la Maso un vaso di Pandora da rompere per scoprire la verità. Nella terza parte l’autrice intervista forse il più titolato a parlare, a far rumore: quel Pietro Orlandi che ha votato tutta la sua vita alla ricerca senza tregua dell’amata sorella Emanuela, scomparsa nel nulla, mai più ritrovata. Il libro si chiude così ma resta aperto per molte questioni: un caso irrisolto, una famiglia straziata dal dolore, finite anche le lacrime per piangere, ripensando all’estate non troppo calda del 1983 che fu l’inizio di tutto. Le cronache di quello che rimane un mistero, forse con delitto, rinnovate da scritti e trasmissioni, ancora in cerca della verità…