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Il gabinetto del dottor Kafka

Il gabinetto del dottor Kafka
Febbraio 02
18:41 2013

Il gabinetto del dottor Kafka di Francesco Permunian, Nutrimenti ISBN 9788865941997
€ 15,00   e-book disponibile € 7,99
Leggete Permunian, se non lo conoscete, senza farvene un’idea preconcetta: cominciate pure da questo romanzo, che tale non sembra, almeno all’inizio, da questa cronaca del momento, affastellando un’idea sbagliata sull’altra: lo scrittore è un narciso, anzi non lo è; è un altro che ha deciso di presentarsi come ‘avanzo di manicomio’, anzi no; ce l’ha con le donne, con gli omosessuali, o con chi invecchia, no per niente. Permunian si mette in gioco e alla berlina alla stregua delle sue creature, siano esse amici e conoscenti o altri scrittori viventi o passati, per i quali ricrea scene quasi perfette, attingendo da memorie collettive e dalla sua, di ‘intellettuale di campagna’ come si definisce. Esistono scrittori che sono tali perché esiste l’editoria, altri che lo sono per essenza e riescono anche a mettersi a servizio del mercato, altri, a quest’ultima categoria ci sembra appartenere il nostro, che sono scrittori e basta, anche se dal loro ‘soffrire’ l’esistenza (e distillarne certe righe sulle quali, fra l’altro, ridere dal profondo o con leggerezza), non fosse mai pubblicato un rigo in alcun modo e su alcun supporto (qui invece esiste anche l’e-book). «L’editore ti chiede l’ovetto letterario e io non riesco a scodellarlo a comando»*. Ecco questo non riesce all’autore e questo non cerca. Attraverso ogni sua pagina si entra in un mondo antico e segreto popolato di ricercatezze e destini improbabili come quello dello zio Bertoldo Borletti, in un’accozzaglia caotica tanto simile alla vita: sempre che possa interessarvi anche la chincaglieria e che cosa ne dica e ne pensi questo autore, poco attratto dalla società dei letterati e da atteggiamenti esteriori adottabili per amore di presenza. Che seppure schivo, però, va e si coinvolge negli scorni della vita di tutti i giorni e le parti migliori sono queste o quando racconta dei suoi amici, e molte amiche, colpiti come lui stesso, dalla paura della morte per eccesso di amore per la vita. Ma a parte il destino comune non vuole lasciare un’impronta agiografica del proprio esistere. Per il resto la mente di Permunian è un cassetto di informazioni preziose, sul Polesine, Maria Corti, Alda Merini, Giorgio Manganelli, Andrea Zanzotto, Salvatore Silvano Nigro (critico letterario noto anche per i risguardi di copertina dell’opera di Camilleri pubblicata da Sellerio, veri pezzi di bravura), l’antica gente contadina, gli ortolani… Per la cronaca, il gabinetto non è uno studio, ma proprio l’orinatoio della stazione di Desenzano, ‘teatro’ di un aneddoto su Kafka e ulteriore tormentone di questo originale autore. Del rispetto per l’oggetto libro, ancora un’opera per qualcuno, ce ne da atto il breve colophon in ultima pagina nel quale sono elencati, con preziosa attenzione, da coloro che ci hanno lavorato ai caratteri tipografici utilizzati, ai tipi di carta. *dall’intervista a Francesco Permunian di Antonio Gnoli – Repubblica 24 gennaio 2013. (Serena Grizi)

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