Il Fascismo che non c’è stato
Che il Fascismo abbia avuto origini socialiste è abbastanza noto a tutti: lo stesso Mussolini aveva militato nel socialismo italiano di inizio Novecento. Ma, forse, pochi hanno un’idea precisa di tali origini, che mi è capitato di dover porre in luce, per giustificare, o meglio comprendere, le ragioni dell’adesione al primo Fascismo da parte di quanti, invece, successivamente, ne presero le distanze, a volte anche incolmabili. Il 6 giugno 1919, quando ancora il Fascismo era ai suoi primissimi esordi (si era costituito come movimento politico il 23 marzo), in piazza S. Sepolcro a Milano, di fronte ad una folla di modestissime dimensioni, fu reso pubblico il suo primo vero e proprio programma: il cosidetto Programma dei fasci di combattimento. Ebbene, io credo che chiunque oggi lo leggesse (con animo sereno) si sarebbe iscritto di corsa al Fascio. Ecco il suo contenuto, veramente rivoluzionario, ma in senso democratico e riformista!
Per il problema politico
a. Suffragio universale a scrutinio di lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.
b. Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni; quello per i deputati abbassato ai 25 anni.
c. L’abolizione del Senato.
d. La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato.
e. La formazione di Consigli Nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni, ecc. eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri legislativi, e diritto di eleggere un Commissario Generale con poteri di Ministro.
Per il problema sociale:
a. La sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavori la giornata legale di otto ore di lavoro.
b. I minimi di paga.
c. La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria.
d. L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici.
e. La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti.
f. Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sulla invalidità e sulla vecchiaia abbassando il limite di età, proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni.
Per il problema militare:
a. L’istituzione di una milizia nazionale con brevi servizi di istruzione e compito esclusivamente difensivo.
b. La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi.
c. Una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione italiana nel mondo.
Per il problema finanziario:
a. Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze.
b. II sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense Vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi.
c. La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell’85% dei profitti di guerra.
È superfluo notare come molte di queste richieste-promesse fossero oltremodo moderne e spregiudicate per quei tempi, e alcune anche per oggi, come l’abolizione del Senato (che oggi viene gabellata come una novità da taluni), l’imposta progressiva sui capitali, una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione italiana nel mondo (politica che non mi sembra venga perseguita oggi…), l’affidamento alle organizzazioni proletarie della gestione di industrie o servizi pubblici. Si parla di suffragio universale, di voto ed eleggibilità per le donne, di giornata lavorativa di otto ore, di concedere il voto ai diciottenni (che avvenne diversi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale), di rappresentanze sindacali e del loro impegno nella gestione tecnica e amministrativa dell’impresa. Ma, insomma questo era il Fascismo promesso? Peccato che quasi tutti i punti di quel programma siano stati non solo ignorati, ma cambiati al negativo. Perché? Non sono uno storico, per dare una risposta che possa avere autorevolezza, pur nella sua ineluttabile opinabilità, tuttavia mi sembra ragionevole il sospetto che quel programma iniziale, per avere qualche probabilità di realizzazione, avrebbe richiesto un vero e coraggioso atto rivoluzionario da parte del neo costituito movimento (forse sarebbe stata la ‘nostra’ rivoluzione francese!), che invece è mancato, come è ben noto: il Fascismo conquistò il potere senza spargimento di sangue, con la connivenza della classe dominante dell’epoca, che ricambiò con lo scrupoloso zelo di salvaguardarne gli interessi. E da allora il Fascismo ha assunto ben altra connotazione di quella originaria del Programma del 6 giugno 1919. Fascismo tradito?
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