Il fascino rassicurante della magia
La credenza nei poteri magici è antica quanto l’uomo: gli uomini sono sempre stati portati a credere nell’esistenza di una forza misteriosa non spiegabile con la nostra attuale definizione di razionalità; essi hanno cercato di controllare questa forza attraverso l’invenzione di rituali, poiché erano convinti che ci fosse una corrispondenza tra animo umano e universo.
Gli atti magici si basano infatti su un concetto di origine rinascimentale: quello di simpatia universale, secondo cui l’uomo e l’universo sarebbero circondati da “pneuma”, un corpo sottilissimo che metterebbe in contatto la dimensione materiale della realtà con quella spirituale.
Uomo, ambiente e universo farebbero dunque parte di un sistema totale e ne sarebbero strettamente collegati: qualunque pensiero e desiderio, proprio in virtù di questa corrispondenza, avrà influenza sul proprio ambiente o su un altro individuo.
La scienza ha ormai trovato una spiegazione per quasi tutti i fenomeni un tempo considerati soprannaturali, eppure molti di noi, in determinate circostanze, mostrano di farsi suggestionare dal fascino della magia.
Quando una condotta può essere considerata ‘magica’? Quando, tramite essa, si vorrebbe affrontare un problema semplicemente desiderandone la soluzione, oppure compiendo delle azioni molto semplificate rispetto a quelle che si prenderebbero in considerazione normalmente.
La sensazione che, nelle nostre vicende quotidiane, intervenga una qualche forza magica nasce infatti da un’evidente sproporzione tra i mezzi che abbiamo impiegato e il risultato ottenuto: una situazione abbastanza frequente è, ad esempio, pensare di aver superato un esame solo grazie al fatto di aver indossato un particolare gioiello o indumento.
Inoltre possiamo percepire un senso di magia quando riusciamo a ottenere qualcosa ritenuto fuori dalla nostra portata o, al contrario, quando un desiderio molto banale ci sembra improvvisamente diventato impossibile da realizzare, come se qualcosa o qualcuno tramasse contro di noi.
Si possono inserire in quest’ambito anche tutte quelle esperienze che derivano da intuizioni improvvise o presentimenti.
Dunque il potere magico, o l’atto di magia, sembra spiegare sia i cambiamenti ottenuti in modo troppo semplice, sia le resistenze apparentemente non spiegabili in altro modo; lo stato d’animo legato alla percezione del magico non segue i consueti schemi di conoscenza razionale.
A differenza del pensiero logico, il pensiero magico non ha una legge comune che spiega diversi fenomeni, ma tenta di spiegare ogni evento nella sua particolarità; le azioni compiute in un determinato ambito sono legate esclusivamente a quel contesto: in un altro contesto non avrebbero alcun significato.
L’approccio alla realtà cambia: non sottostà più alle leggi di causa – effetto, ma si basa su regole scollegate da ogni relazione naturale, utilizzate ad hoc, e su nessi di causa-effetto diversi dal solito; si attribuiscono poteri a oggetti e situazioni e si pensa che il mondo che ci circonda possa percepire ciò che pensiamo.
Alcune caratteristiche del pensiero magico facilmente riconoscibili nella nostra quotidianità sono:
1 – una momentanea incapacità di distinguere tra realtà soggettiva e realtà oggettiva:
a seconda dello stato emotivo o della situazione, un oggetto può assumere un significato diverso. Ecco quindi che, se un giorno indossiamo per la prima volta un indumento e ci accade qualcosa di spiacevole, potremmo considerare quell’indumento come un oggetto portasfortuna!
2 – può anche succedere di credere che le proprietà di un oggetto possano essere trasferite, per vicinanza, ad altri oggetti: se pensiamo che un particolare oggetto ci porti fortuna, allora basterà metterlo a contatto con un altro oggetto per trasferirvi le sue proprietà benefiche e caricarlo di valenza magica.
3 – il pensiero magico è basato anche su una sorta di scambio: oggetti o fenomeni, anche quando non c’è niente che li accomuni, possono essere intercambiabili tra loro, e agire sull’uno sarà come agire sull’altro: l’esempio più conosciuto è quello delle bambole voodoo, che vengono arbitrariamente collegate alla persona a cui si intende nuocere, con la semplice aggiunta di caratteristiche che possano ricordare la potenziale “vittima”!
4 – non dimentichiamo poi la ripetizione, elemento molto importante nell’operare magico: un’azione o una frase ripetute più volte vengono caricate di potere magico e diventano così una formula da usare all’occorrenza.
Il pensiero magico è funzionale durante l’infanzia: il neonato, attraverso il pianto, suo unico mezzo di comunicazione, esprime i suoi bisogni in modo immediato e li vede esauditi, poiché al minimo segnale la mamma accorre subito.
Ritroviamo processi magici anche in età adulta, sia in situazioni critiche (lutti, malattie gravi, prigionia) sia in contesti che, benché li si incontri spesso nella vita quotidiana, possono essere fonte d’ansia (esami, colloqui di lavoro); fare ricorso a una condotta magica può servire, in questi casi, a tranquillizzarsi e a pensare di avere la situazione sotto controllo.
Ovviamente è possibile rintracciare la presenza di un pensiero di tipo magico anche nell’ambito della psicopatologia (dal disturbo ossessivo compulsivo alla schizofrenia).
Non è poi da trascurare il ruolo giocato dalla suggestione: determinate condizioni soggettive o stati d’animo favoriscono la comparsa di queste illusioni.
Diversi studi hanno accertato che le persone sono spesso ben consapevoli dell’irrazionalità di una condotta magica ma questo non impedisce loro di ricorrervi, soprattutto in quelle situazioni già citate in cui si vorrebbe poter modificare la realtà nota o almeno avere l’illusione di poter esercitare un controllo su eventi ansiogeni.
La magia è in effetti la tecnica più facile per credere di poter ottenere ciò che si vuole: lo sforzo è pressoché nullo ma, in compenso, regala l’illusione che tutto (o quasi) sia attuabile solo con la forza del desiderio o poco più.
Può essere interessante notare come magia e superstizione vadano di pari passo: anche la persona superstiziosa è convinta del fatto che assumere o meno un determinato comportamento possa, in positivo o in negativo, influenzare gli eventi futuri.
Sia nel caso della magia che in quello della superstizione agisce un conflitto tra razionalità ed emotività; a volte alcuni eventi contrastano con i nostri desideri o aspettative , in questi casi, può essere più semplice negare la realtà pur di assecondare le proprie emozioni o il proprio sistema di valori.
Simili credenze sono molto tranquillizzanti perché liberano dalla responsabilità personale; credere nell’efficacia della magia o, più semplicemente, essere superstiziosi, implica la convinzione che esistano entità superiori pronte a controllare le azioni umane, a punire o ricompensare in base ad esse; in questo modo si fa dipendere il proprio destino da queste misteriose entità e/o da persone ritenute beneficiarie di poteri oscuri (i cosiddetti jettatori, portasfortuna viventi!).
Si tratta di ciò che, in psicologia sociale, viene chiamato attribuzione di responsabilità all’esterno: la nostra capacità di autocontrollo e critica può vacillare poiché la consideriamo non sufficiente per aiutarci a prendere coscienza della situazione che stiamo affrontando.
Sicuramente è più facile e meno doloroso pensare che malattie, insuccessi, disagi, possano dipendere dal capriccio degli astri o da qualche influenza nefasta piuttosto che da una casualità che non possiamo controllare o da uno scarso impegno da parte nostra.
Risulta infine evidente la staticità dell’azione magica; nelle sue ripetizioni continue e sempre rigorosamente uguali, essa non accetta innovazioni che potrebbero precludere la validità del rituale.
Mentre la scienza basa i suoi progressi sulla ricerca e la sperimentazione continua, la magia, al contrario, trae sicurezza dall’invariabilità delle sue pratiche.
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