Il drago e la farfalla
Nell’ambito del seminario di Letterature Comparate sulla Cina, svoltosi il 20 marzo u.s., presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, è stato presentato il libro Il drago e la farfalla (Roma, Universitalia, 2010, pp. 200, 76 illustrazioni, € 15,00) a cura di Luca Nicotra e Rosalma Salina Borello, entrambi direttori della collana Scienza & Cultura cui appartiene il libro. Il testo sviluppa in maniera approfondita i temi esaminati durante la Giornata di Studi su Cina: una superpotenza di fronte alle sfide del terzo millennio, tenutasi il 23 maggio 2009 nella medesima Facoltà. Tra i relatori invitati il professor Giordano Bruno, tuttavia assente per motivi di salute, l’avvocato Pierluigi Pirandello, nipote del grande drammaturgo, che ha suggerito spunti estremamente interessanti sul rapporto fra il relativismo pirandelliano e il pensiero taoista, e la dottoressa Ilaria Fatta, giunta a Roma da Palermo appositamente per l’evento. Era presente anche Serena Onorati in rappresentanza della casa editrice Universitalia. «In questa sede – chiosa Salina Borello – parliamo di argomenti inerenti il nostro corso di studi, nell’ambito del quale da vari anni mi occupo del rapporto con la Cina». La docente ha, infatti, pubblicato i saggi: Se una notte una farfalla sogna di essere Zhuang-zi, La maschera e il vuoto, Effetto Cina. Le fiabe di Carlo Gozzi tra Occidente e Oriente, Tra esotismo e esoterismo, che consentono una lettura inedita non solo della cultura dell’Estremo Oriente ma anche di alcuni baluardi della nostra letteratura. «La materia del mio corso, Letterature Comparate – continua Salina Borello – collega varie discipline ed è insegnata in tutti i paesi europei; quest’anno l’apertura del corso è con l’ingegner Luca Nicotra, che ormai da molti anni apporta il suo contributo scientifico alla cultura umanistica e siamo lieti anche della presenza di Ilaria Fatta, nella cui tesi, Cina: una piccola parola che vuole raccogliere l’intero mondo del dragone, ha inteso offrire una seppur lieve infarinatura della civiltà cinese, per una conoscenza iniziale, al fine di incuriosire tutti coloro che vorrebbero saperne di più nella maniera più semplice e rapida». Fatta ha dato una rapida ma efficace panoramica della storia e della cultura cinese, soffermandosi in particolare sulla figura della donna in Cina, partendo dal V millennio a.C., in cui vigeva una discendenza matriarcale che dominava negli affari interni e tramandava l’attività del clan. L’ingegner Nicotra, ben noto ai lettori della rivista Controluce, di cui da anni è redattore e curatore della rubrica Cultura, ha quindi illustrato la struttura del libro, che è composto di quattro capitoli. Nel primo, L’impresa scientifica nella nuova Cina, scritto da Nicotra stesso, si analizzano e illustrano vari aspetti della scienza e della tecnologia in Cina. L’autore, con la sua consueta chiarezza, offre una sintetica ma esaustiva panoramica storica dei contributi cinesi allo sviluppo scientifico e tecnologico, ponendone in evidenza i caratteri salienti, il pragmatismo e il positivismo scientifico, in virtù dei quali la ricerca scientifica è vista in Cina soprattutto come generatrice di applicazioni pratiche, in grado di promuovere lo sviluppo socio-economico della società. Una dettagliata “fotografia” dell’impresa scientifica nella Cina d’oggi, ottenuta sulla base di dati statistici “ufficiali” rilasciati dal governo, consente, inoltre, di averne un’idea abbastanza precisa in termini di istituzioni, fondi, risorse umane, programmi di ricerca e principali risultati scientifico-tecnologici recentemente ottenuti. I matematici Raffaele Mascella e Franco Eugeni, dell’Università degli Studi di Teramo, nel secondo capitolo del libro, Memoria e lingua artificiali: gli scambi tra Europa e Cina, prendendo spunto dall’antica arte della memoria, largamente praticata dall’Antichità fino al Seicento, affrontano in un’analisi accurata e multidisciplinare vari aspetti legati agli scambi culturali fra Europa e Cina. Tra il Seicento e il Settecento, infatti, Europa e Cina furono interessate da uno scambio culturale – che anticipò alcuni caratteri delle due civiltà – per opera principalmente dei padri gesuiti, fra cui spiccano i nomi di Joachim Bouvet e Matteo Ricci. Quest’ultimo, matematico, astronomo e uomo di grandissima cultura, riuscì a penetrare e farsi accettare nel mondo cinese grazie a regole ispirate alla comprensione e all’integrazione dei saperi. Da ciò trasse beneficio tutta l’Europa e in particolare Gottfried Wilhelm Leibniz che, dall’antica sapienza cinese, seppe trarre spunti illuminanti per la sua attività scientifica e filosofica. «Il grande matematico e filosofo Leibniz – continua Nicotra illustrando il capitolo di Mascella ed Eugeni – nel 1703 aveva proposto per primo un’aritmetica binaria, ovvero un’aritmetica basata sul sistema numerico binario che, come è noto, fa uso di due sole cifre: 0 (zero) e 1 (uno). Il padre gesuita Joachim Bouvet, intuendo che tale aritmetica potesse avere una qualche relazione con gli esagrammi contenuti nel libro I Ching (il testo fondamentale della filosofia cinese), inviò per lettera a Leibniz un disegno degli esagrammi in forma di successioni di linee spezzate e intere disposte su più righe. Ebbene, Leibniz scoprì che sostituendo la cifra dello zero a ogni linea spezzata e quella di uno ad ogni linea intera, in luogo degli esagrammi si ottenevano i numeri da 0 a 63 in forma binaria». Nel terzo capitolo, di Rosalma Salina Borello, vengono affrontati aspetti letterari e filosofici della cultura cinese, con acuti e dotti paralleli all’opera di poeti occidentali come Eugenio Montale, in un’ampia dissertazione sui Riflessi del Tao tra Oriente e Occidente. «Nella tradizione cinese – dice Salina Borello – è consolidato il connubio di calligrafia, poesia, pittura, nella realizzazione di un’opera d’arte, cosa che pare quasi inconcepibile per il mondo occidentale. In Cina il testo poetico, sovrastante o scritto in margine, era considerato un indispensabile complemento dell’opera attraverso lo straordinario, multiforme codice del linguaggio calligrafico. Usando un pennello, al posto della penna d’oca occidentale, il calligrafo cinese è in grado di esprimere i suoi stati d’animo attraverso innumerevoli sfumature. Un solo tocco basta a un occhio esperto per individuare l’impronta personale del singolo artista, il suo inconfondibile stile nel cogliere il riflesso del Tao. Secondo il pensiero taoista, ogni singolo frammento dell’universo ci prepara ad accogliere l’idea di mondi infinitamente più grandi e in continuo movimento, nell’alternanza di pieni e di vuoti. Di qui l’attenzione al particolare, al dettaglio, in cui si può cogliere l’universale, di qui il concetto stesso di vuoto, come spazio allusivo, vitale per l’incontro tra lo sguardo dell’artista e quello complementare dello spettatore: momento di sospensione che prelude a un’attuazione solo virtuale. Si spiega così la ricorrenza, nella pittura cinese, delle nuvole e delle nebbie che interrompono il racconto visivo, stimolando lo spettatore a creare un legame tra le varie scene e a portare a compimento quanto di latente e di inespresso c’è nell’opera che rimane quindi sempre, essenzialmente, “aperta”, secondo canoni che il pensiero europeo farà propri solo verso la fine del Novecento». Nell’ultimo capitolo del libro, infine, Mauro Rosati, avvocato e docente universitario all’Università degli studi di Teramo, specializzato in Diritto tributario e societario internazionale, fornisce un’approfondita analisi dettagliata del sistema fiscale in Cina, ponendone in evidenza i mutamenti conseguenti all’apertura della Cina verso il mondo esterno e al fenomeno della globalizzazione. Afferma Rosati: «Sebbene l’attuale sistema fiscale cinese sia il prodotto del susseguirsi di riforme attuate a partire dai primi anni Ottanta, non appare esagerato affermare che la tassazione in Cina è vecchia quasi quanto la Cina stessa: tracce di un’imposta sulla terra risalgono, infatti, al XVI sec. a. C.».
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