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IL DISCORSO DI STEVE JOBS ALL’UNIVERISTA’ DI STANFORD

IL DISCORSO DI STEVE JOBS ALL’UNIVERISTA’ DI STANFORD
Luglio 21
11:17 2024

I  sogni, le aspettative, lo sguardo verso il futuro, ogni occasione della vita solleva spontaneamente degli interrogativi. Alcune di queste domande si trovano alla base piramidale per l’ immediatezza delle risposte. A mano a mano che si procede verso l’alto, cresce la difficoltà di trovare soluzioni condivisibili da tutti e/o risposte certe. Al vertice si trovano le domande sul senso della vita: chi siamo? da dove veniamo? dove andiamo? L’impossibilità di volgere lo sguardo verso cosa c’era prima di noi e cosa ci sarà dopo, le rende estremamente complesse e irraggiungibili. Si tratta di un sapere che va oltre la morte; della comprensione del nostro esserci come prodotto causale dell’evoluzione, oppure come il frutto di una mente superiore che ci ha chiamati alla vita; infine, riuscire a fissare qual è il nostro scopo nell’esistenza. Questi interrogativi rappresentano un sapere così alto, che secondo alcuni, possono essere risolti solo con l’aiuto di Dio. Per questo, le religioni, tentato di dare risposte partendo dalla trascendenza. La ricerca scientifica tace, in quanto la loro elevatezza supera il suo campo di osservazione. Perché porsi simili problemi se non c’è possibilità di una risposta certa, possiamo eluderle o semplicemente ignorarle? Questo è il punto di domanda iniziale. A quanto pare, l’esperienza ci suggerisce che prima o dopo bisognerà affrontare la questione: si tratta di pronunciarsi sulla risuscita o il fallimento della vita. Una fatto tutt’altro che secondario. Il discorso di Steve Jobs all’Università di Stanford del 12 giugno 2005 è una chiaro esempio di questa urgenza. Il CEO dell’Apple era stato invitato ad interloquire con i neo laureati per istruirli su come far emergere quel potenziale embrionale, che spesso, rischia di restare inespresso. Il suo discorso è articolato in tre parti: origini-amore-morte.  Abbiamo già i tre contenitori delle domande sul senso della vita. La  questione dove veniamo riguarda le origini; chi siamo fissa cosa dà forma alla nostra identità; dove andiamo pone il problema del nostro posto nell’esistenza. Steve Jobs, quasi non sembra accorgersi, che sta rispondendo alle domande di senso.  Inizialmente elenca le sue travagliate origini: abbandonato dai genitori biologici; delude le aspettative dei genitori adottivi, non vuole studiare, non si laurea, non sa cosa fare, segue dei corsi di calligrafia privi di utilità immediata. La risposta che trapela alla domanda da dove veniamo sembra essere: siamo stati gettati nell’esistenza, in un mondo dove è difficile orientarsi, la vita è una sfida, una lotta per trovare una giusta  collocazione.

Nel secondo momento le sue parole si orientano sull’amore. Menziona il lavoro, le sue attività innovative, le delusioni per il licenziamento dalla compagnia che ha fondato, la depressione e la tentazione di arrendersi, la lotta per ricominciare, l’amore per la moglie e i figli. Siamo di fronte alla questione chi siamo? La risposta è cristallizzata nel simbolo dell’Apple: siamo esseri affamati della vita perché amiamo. Resta l’ultimo quesito dove andiamo, che trova la sua risposta nella narrazione della malattia che lo ha colpito. L’esperienza del tumore al pancreas lo costringe a ripensare alle priorità della vita e al suo valore. È il pensiero della morte che dovrebbe suggerirci come vivere, anziché gettarci nello sconforto. Capisce l’importanza di utilizzare bene il tempo che abbiamo. Ogni giorno bisogna domandarsi se la vita che stiamo vivendo è ciò che vogliamo oppure dobbiamo cambiare utilizzando quel pizzico di coraggiosa “follia” per eliminare ciò che non ci appartiene e ci rende infelici. Il valore intrinseco della vita è il detonatore per combattere vivendo da protagonisti. La vita ha un termine temporale, questo è il punto certo della sua risposta alla domanda dove andiamo.

Questo discorso è diventato uno dei più famosi della storia, perché in sé contiene il coraggio di provare a dare una risposta onesta su come si è vissuti, per fissare i tre punti più importanti nella linea temporale della storia personale: l’origine della vita, il suo senso e la sua mèta finale.

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