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Il corpo e l’anima – 4

Dicembre 07
15:56 2009

Scissione e unificazione, estraniazione e partecipazione: movimenti contraddittori garanti dell’unica possibile armonia. La fenomenologia husserliana e l’autoanalisi junghiana. Psicologia quantica e antimateria: il pensiero che ci pensa (irrazionale) diverso dal pensiero che noi pensiamo (razionalità).

Non può esserci dubbio, ovviamente, sul fatto che la capacità di distinguere sia indispensabile allo sviluppo della coscienza. Ogni separazione, tuttavia, dovrebbe restare nei limiti della cooperazione e dell’umanesimo, nel cui ambito dovrebbe trovare giusta dimora, senza strafare.

Va da sé che anche la spinta all’unione debba essere sorvegliata, pena il soffocamento delle diversità e del pluralismo, non meno indispensabili alla cooperazione di cui andiamo parlando. La struttura del vivente è unitaria (sia in senso complessivo, sia singolare e analitico), ma è in questa unità che trova dimora il molteplice in una varietà pressoché infinita di sfaccettature. È nell’identità che trova fondamento la diversità, è nell’assoluto che trova accoglienza il relativo. E viceversa, secondo il principio dell’armonia dei contrari.
L’animismo di cui sto parlando, ovvero la coappartenenza dell’anima e del corpo, dell’infinito e del finito, dell’assoluto e del relativo, può venire utilmente confrontata con i risultati della fenomenologia husserliana, laddove parla dell’intenzionalità della coscienza verso il mondo oggettivo, realizzabile dopo aver de-soggettivato e de-oggettivato l’io, ovvero dopo averlo liberato dai suoi legami superficiali con le cose, per fare emergere la reale portata della coscienza come coscienza del mondo. Il mondo deve però intendersi non soltanto come il proprio mondo (questo è già stato chiarito da Heidegger), ma, in maniera più concreta, come il mondo che l’individuo stesso è, nella sua struttura vivente, fisica. E non solo: l’intenzionalità della coscienza verso il mondo oggettivo deve anche intendersi come intenzionalità della coscienza di sé verso il proprio mondo oggettivo. Senza questa correzione, che comporta di dover scindere e unificare contemporaneamente i due poli tra di loro, in una sorta di paradossale e complementare estraniazione/partecipazione dell’essere al mondo, la sospensione del giudizio (epoché) non si può attuare e la coscienza rimane intrappolata nella sua adesione ingenua alle cose. Quando si parla di esser-ci, non si dovrebbe mai elidere, come si fa troppo allegramente, il trait d’union che lega, tenendoli separati, l’essere e il mondo. Si è due in uno (o uno in due).
La fenomenologia di Husserl prescrive prioritariamente di prendere le distanze dal mondo, per poi potervi rientrare con maggiore armonia e distacco, e dunque con maggiore chiarezza operativa. Tutto questo presuppone di porre in atto quel grande lavorìo autoanalitico di cui parla la psicoanalisi junghiana e su cui i fenomenologi sorvolano facilmente, o non insistono in maniera adeguata. La purezza mentale cui Husserl ambisce non può essere raggiunta con l’adeguamento della coscienza al mondo oggettivo, giacché è in se stessa che la coscienza si deve depurare, affidandosi a quel , universale e individuale nello stesso tempo, che unicamente può affrancare dalle gabbie illusorie dell’Io.
C’è un capitolo nuovo di studi che proviene dal mondo scientifico ed apre, a mio avviso, scenari inconsueti nella relazione intima che intercorre tra materia e spirito, tra anima e corpo. Mi riferisco alle indagini stupefacenti nel campo della fisica quantistica, che affondano lo sguardo nei meandri più intimi della realtà. Già la struttura dell’atomo, d’altro canto, lascia spiazzati di fronte alla duplicità particellare e ondulatoria della sua natura. La materia è anche energia. Ed è nel mondo delle misteriose energie subatomiche che qualcuno inizia a intravedere la chiave molto concreta della spiritualità. Ne sta nascendo una sorta di ultrafisica, capace di superare le passate metafisiche e le superate visioni meccanicistiche della realtà.
Ho recentemente letto e commentato, presentandolo in pubblico, un libro intitolato Psicologia quantica, edito da Armando e scritto da uno psicologo controcorrente, il Professor Francesco Facchini. Il libro è stimolante perché coniuga i risultati della metafisica classica con quelli della fisica quantistica e della psicologia, tentando di individuare i legami del trascendente con l’immanente all’interno della struttura cerebrale umana. È uno studio che naviga nelle profondità della materia per studiarne le implicazioni con il cervello umano che, pur con i suoi limiti, è da sempre orientato verso l’infinito.
Una ricerca, dunque, che individua un ordine metapsichico ed extrarazionale dell’intelligenza, partendo dagli orizzonti della materia grigia umana. “La psicologia quantica, scrive Facchini, postula la presenza nella persona di una struttura sovramentale identificata con il Sé-ontologico (Onto-Sé), che relaziona con la mente ed il corpo secondo una sequenza gerarchica. E postula altresì che l’individuo sia compreso all’interno di una matrice sovraspaziale e sovratemporale denominata Essere: sostanza infinitesimale di natura eterna ed immutabile chiamata da Bohm coscienza-informazione“. David Bohm, ricordiamolo, è un fisico tra i più autorevoli e accreditati su scala mondiale, mentre altri riferimenti – fra i tanti – il Facchini fa alle teorie del Nobel W. Pauli e del non meno eminente E. Laszlo.
Ovviamente tutto è discutibile, ma di certo la tesi è degna di particolari attenzioni. Noi siamo abituati a credere che il pensiero stia tutto nella scatola cranica. Il che, ritengo, è vero solo in minima parte, perché la macchina pensante è molto più complessa ed include la scatola cranica nel suo interno, anziché esserne inclusa. Questo non sono io a dirlo (o meglio, lo dico anch’io dalla mia angolazione filosofica), ma lo sostengono studiosi e neurobiologi quali Eccles e Pribram, ad esempio. C’è una vasta letteratura sull’argomento, diffusa soprattutto all’estero, che non è più possibile ignorare e che pone sostanzialmente l’accento sul pensiero che ci pensa, dal quale siamo pensati e che è, in fondo, il nostro stesso pensiero extracorporeo (irrazionalità). Un pensiero diverso dal pensiero che noi pensiamo e che scaturisce da noi, dalla nostra scatola cranica per l’appunto (razionalità).
Un mio amico medium, Mario Silvestrini, ha scritto: “Ciò che l’antimateria può insegnare è la possibilità di rinnovarsi continuamente in energia, imparando a rinascere a nuova vita ogni momento. Una grande lezione morale che mira a far sì che la nostra esperienza di vita sia soltanto sfiorata dalla forma della realtà che ci circonda, penetrando bruscamente o con dolcezza nell’io più profondo, per capire che tutto è fatto di energia. Scavando sempre più in profondità, si può raggiungere il livello subatomico della realtà, comprendendo che l’antimateria è la forza che crea e che sostiene ogni forma di vita. È la forma-pensiero dataci per la nostra programmazione terrena, atta a conservare la salute psicofisica e l’armonia con il cosmo, stimolando e incrementando l’accettazione di se stessi, la capacità di amare, la visione positiva della vita”.
È la dimensione sovramentale dell’essere, colta da questi studiosi al di là dello spazio e del tempo, che è inafferrabile ma non chimerica e che sorveglia, indirizzandola dall’alto, la danza della vita, pur non mettendosi in gioco direttamente. È in definitiva lo spirito, il potente alleato della psiche, l’amico celeste dell’uomo, l’individuale sorgente eterica che chiede alleanza e dedizione al proprio uomo incarnato per viaggiare in simbiosi e in armonia. L’uomo è niente senza questa sua potenza intima che chiede ascolto e comprensione. Quest’io invisibile abita nel mare quantico ed è una particella cosmica che alimenta l’io psicofisico, per poi richiamarlo a sé, al termine dell’avventura esistenziale, arricchendosi di importanti informazioni.

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