“Il coraggio dell’illusione”: il recente romanzo di Aldo Onorati
Intervista all’autore
La prestigiosa Società Editrice Dante Alighieri ha pubblicato in questi giorni il romanzo sociale di Aldo Onorati “Il coraggio dell’illusione”, con prefazione di Fabio Pierangeli dell’Università di Roma Tor Vergata. È un testo di circa 300 pagine, che afferra il lettore per l’intensità della scrittura e per la trama piena di colpi di scena, oltre che per la storia del Novecento vista nei primi 68 anni del secolo scorso. La narrazione è ambientata nei Castelli Romani e a Roma. È un affresco della società del Lazio Sud (ma con riferimenti all’Italia tutta) nel periodo che precede e segue le due guerre mondiali, con precisione di riferimenti alla vita quotidiana, specialmente nelle campagne che circondano i Colli Albani. Sono notizie preziose, di cui la grande Storia non tratta, ma che, come afferma Manzoni, fanno parte di essa sotto tanti aspetti e dicono le sensazioni, i pensieri, le emozioni, insomma il “particulare” di guicciardiniana memoria che completa la Storia stessa. È descritta con passione la fine della civiltà contadina, e, con equilibrio critico, la parabola dei voltabandiera che trionfano sotto ogni governo, mentre gli idealisti (nel presente caso il protagonista Felice Fortunati) soccombono, ma danno un senso all’assurdo della vita.
Ho voluto rivolgere alcune domande a Onorati, in vista della presentazione (10 maggio ore 18) che avremo di questo libro presso la nostra sede di Controluce a Monte Compatri con la giornalista Laura Frangini che condurrà la serata.
D.- A cosa serve lo studio della Storia, se non riusciamo a far tesoro dell’esperienza negativa nostra e di chi ci ha preceduto negli anni?
R.- Fosse per me, toglierei dai programmi scolastici questa materia “negativa”, la quale non è affatto “magistra vitae”, visto che la macelleria umana si ripete da millenni in modo sempre uguale. Ogni esistenza, ogni epoca, riassumono in breve tempo gli accadimenti delle lunghe stagioni dell’umanità, ripetendo gli identici errori, per cui, in luogo della arida Storia piena di date e di massacri, alleanze e tradimenti, inserirei lo studio della musica, amplierei l’astronomia, le scienze, la storia dell’arte e principalmente l’ecologia.
D.- Dalla lettura del tuo libro emergono interrogativi e considerazioni preziose: ci si può sottrarre al proprio destino?
R.- La parola destino è valida, secondo me, solo se la si considera nel significato della nostra struttura neurologica. Mi spiego. Cornelio Nepote, duemila anni fa, asseriva che ognuno ha il proprio destino scritto nelle cellule. Una sorta di predestinazione data dal carattere. Quello che gli scienziati oggi chiamano il Dna. Una persona furba, senza scrupoli, avrà un destino diverso da un uomo mite, coerente, sincero, scrupoloso. In questo caso nessuno può sottrarsi al proprio destino insito nella struttura caratteriale. Ma nel senso di un destino scritto a priori, io non credo che esista. Ci sono invece le circostanze, il caso, la fortuna o la sfortuna, gli incontri destabilizzanti o quelli costruttivi. Insomma, la cosa è molto complessa ed è assai diverso nascere in tempo di pace e di democrazia piuttosto che in epoche di dittature e di guerre.
D.- Tu affronti i grandi cambiamenti politici del primo Novecento, le contraddizioni, le speranze…
R.- I 68 anni che prendo in considerazione sono stati per l’Europa e il mondo una sorta di riassunto di tutte le epoche. In pochi decenni si è passati dalla preistoria al futuro. Sono state consumate le più crudeli dittature e si sono realizzati i più grandi sogni (l’andata sulla Luna, ad esempio). Nel mio romanzo tutto questo traspare come sottofondo orchestrale di una sinfonia in cui suonano tanti strumenti. Le trame sono molte, i temi altrettanto: poi, tutto si compone in un finale che non posso rivelare.
D.- In questo libro la scrittura trova un filone a te caro: si parla di famiglia, affetti, del passato come punto di ritorno degli accadimenti, del lavoro della terra, la politica, il ruolo della donna, il senso degli ideali, i tradimenti, la lotta…
R.- La famiglia è presentata in duplice realtà: quella tradizionale, patriarcale diciamo, ma in cui la donna era quella che portava avanti tutto, con la sua “sapientia cordis” (è il caso della madre del protagonista); poi c’è anche la variante odierna di famiglia, ed è quella di Felice Fortunati; inoltre si narra anche di un amore maturo fra il contadino e una maestra della scuola serale, che, a quei tempi pieni di pregiudizi e ipocrisie morali, mette in crisi la candidatura di Fortunati a sindaco e mette in crisi anche il loro rapporto. Certo, il lavoro dei campi è una delle trame portanti, perché chi ha fatto l’agricoltore, come il sottoscritto, con amore per la campagna, non può accettare a cuor leggero il passaggio repentino all’industrializzazione: passaggio inevitabile per molti motivi che nel libro sono spiegati. Ma soprattutto nel racconto ci sono le passioni umane, i tradimenti, il tornaconto personale, il sacrificio degli altruisti e delle persone libere e coerenti. Il ruolo della donna è centrale, anche se pare messo a margine. La subordinazione di genere è cosa barbarica e preistorica. Felice, il protagonista, si trova a dover combattere fra l’amore che sente per Loretta, la compagna della maturità, e il tabù sociale contro chi è “bigamo”, anche se egli stesso è stato regolarmente lasciato dalla moglie per un altro uomo.
D.- Abbiamo detto che lo scenario sono i Castelli Romani, però la cornice viva del romanzo è rappresentata dalla Roma dei primi del Novecento, dal Fascismo, dalla lotta per la liberazione, dalla politica nazionale e internazionale, da particolari interessantissimi sullo sfollamento delle famiglie locali verso i rifugi nelle grotte del lago Albano…
R.- Sì, la Storia è come una matassa: se anche trovi il bandolo, devi srotolare tutto il filo che la compone: non puoi dimenticare nulla, neppure i piccoli particolari. E se è difficile orientarsi nella Storia passata da molto tempo, lo è assai di più districarsi nella contemporanea.
D.- Insomma, bisogna leggere il libro e poi, magari, tornare a discuterne…
…lo studio della Storia … fosse per il sig. Aldo Onorati da togliere dai programmi scolastici … stupefacente!! il sig. Aldo Onorati ancor più di ogni sostanza psicotropa.