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Il Concilio Ecumenico Vaticano II (parte 1/7)

Febbraio 01
02:00 2007

Il Concilio Ecumenico Vaticano II è uno di quei rari eventi spartiacque della storia, uno dei fatti in relazione ai quali è possibile stabilire un prima ed un dopo. Esiste una Chiesa pre-conciliare ed esiste una Chiesa post-conciliare. O forse è meglio dire: è esistita una chiesa post-conciliare, perché è innegabile che gli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II ed ancora più decisamente l’inizio di quello di Benedetto XVI hanno segnato una brusca inversione di marcia ed un tentativo teologico e politico-ecclesiale di ridimensionare, se non cancellare, molti effetti del Concilio medesimo. Penso quindi che sia bene, oggi più che mai, ricordare, modestamente, lo spirito e la dottrina del Concilio, riflettere su quali siano stati i suoi effetti sulla vita anche di coloro che non si riconoscono nell’appartenenza alla Chiesa cattolica e quali le evidenze teologiche e filosofiche introdotte. Certo, per portare a termine questo compito servirebbero uno spazio ed una competenza che non ho a disposizione. Mi accontento, allora, di pubblicare una sorta di “Bignami” sul Concilio, sperando che questo possa servire come spunto di riflessione a chi voglia approfondire i temi sterminati ai quali faremo cenno.
Il nostro percorso si articolerà quindi in sette tappe: la prima introduttiva, quattro dedicate ciascuna ad una delle quattro Costituzioni del Concilio, la sesta riservata alle dichiarazioni ed ai decreti, mentre l’ultima tornerà sulla Costituzione Sacrosanctum Concilium (del 4 dicembre 1963) che portò alla riforma liturgica, oggi incredibilmente sotto accusa tra la meraviglia e la preoccupazione di molti fedeli.
Il 4 novembre del 1958, Angelo Giuseppe Roncalli venne eletto papa e si impose il nome di Giovanni XXIII. Il prete di Brusicco (Sotto il Monte), figlio di mezzadri, doveva essere un papa di transizione, invece cambiò la Chiesa e forse parte della società, soprattutto convocando, il 15 gennaio 1959, il Concilio della Chiesa Cattolica.
Dopo tre anni di preparazione e di una consultazione che coinvolse tutti i vescovi, ma anche le parrocchie, le comunità di base, i teologi, il Concilio fu aperto l’11 ottobre 1962. Alla morte di Giovanni XXIII (3 giugno 1963), il pontefice più amato del XX secolo, il Concilio fu continuato dal suo successore, Paolo VI, Giovanni Montini, il papa, tra quelli a noi più vicini, più preparato e colto. Il Concilio Ecumenico Vaticano II si concluse il 7 dicembre 1965; i suoi risultati furono raccolti in quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti.
Il Concilio è detto “ecumenico” (la parte abitata della Terra, dal greco oikouméne), perché intende coinvolgere tutti gli uomini che abitano il mondo. In realtà l’avvenimento ha significato un passaggio da una Chiesa cattolica eurocentrica ad una Chiesa universale, ponendo l’accento sulla comunione non solo con le Chiese cattoliche di rito orientale, ma anche con le Chiese latino-americane ed africane, le quali si trovavano in un delicato momento di passaggio dall’iniziale evangelizzazione alla necessità di dotarsi di strumenti culturali più vicini alle popolazioni locali per poter celebrare la propria fede, ma anche per elaborare teologie più rispondenti alle domande delle culture originarie. Ma questo fu solo un aspetto dell’ecumenismo del Vaticano II: al Concilio parteciparono, seppure in qualità di osservatori, anche esponenti delle Chiese cristiane “non in comunione” con la Chiesa di Roma. Il Concilio si poneva quindi anche come ponte con le ancora dolorose fratture provocate dalla Riforma e dalla Controriforma. Non solo, durante gli anni del Concilio, si sviluppò un serrato confronto con il mondo dell’”ateismo” e delle altre religioni (alle quali viene dedicata la dichiarazione Nostra Aetate). Il rapporto tra fede e ragione fu spesso al centro del dibattito, come pure quello tra scienza e teologia. In ambito ecclesiale l’espressione “popolo di Dio” sostituì significatamente l’enfasi sino ad allora posta sulla Chiesa come gerarchia. Insomma: il Concilio trovava la Chiesa non solo con gli occhi rivolti al cielo o alle mura domestiche ma la disegnava impegnata ad esaminare a 360 gradi una realtà storica e sociale in rapida evoluzione.
Il mondo cattolico, tuttavia, non visse con entusiasmo monolitico questo periodo di apertura: prese, anzi, corpo una agguerrita componente “tradizionalista” della Chiesa, la quale, addirittura, metteva in discussione l’opportunità e l’utilità di un Concilio a meno di un secolo dal Vaticano I, che, tra l’altro, aveva consegnato alla storia un “papa infallibile” (1870)! Alla fine si produssero fratture, come lo scisma provocato dalla intransigente vena conservatrice di Marcel Lefèbvre, mentre in generale la Chiesa Cattolica visse un momento di entusiasmo e di rinnovamento con pochi precedenti. Compagnie ed ordini religiosi, come i Gesuiti ed i Salesiani si slanciarono con forza nell’applicazione dello spirito e gli insegnamenti del Concilio. Nacquero associazioni tra laici (ai laici fu dedicato il decreto Apostolicam Actuositatem), si istituirono ministeri specifici a loro destinati, nell’ambito della già ricordata riforma liturgica che, tra l’altro, introdusse un nuovo messale nella lingua locale a sostituzione della messa tridentina in latino, si passò dal celebrante che dava le spalle al popolo spesso silente ad un popolo protagonista di ogni momento della celebrazione. In quegli anni nacquero o si caratterizzarono importanti organizzazioni di base, citiamo per esempio quelle del Centro oratori romani (COR) e la Federazione degli oratori milanesi (FOM), autentiche fucine conciliari che hanno formato migliaia di giovani cristiani, presero vita periodici (il più autorevole: Concilium) che svilupparono acute riflessioni teologiche, pastorali e sociali alla luce del Concilio. Emersero, infine, figure teologiche di primo rilievo (Karl Rahner e Hans Küng, per tutti) e pastorali (Carlo Maria Martini e Albino Luciani, tanto per citare degli esempi celebri) che portarono tra la gente il soffio entrato dalle finestre lasciate aperte dal Concilio e dalla lettura dei “segni dei tempi”.
Renato Vernini (renverni@tin.it)
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I Documenti del CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

Costituzioni
Sacrosanctum Concilium sulla Liturgia (4 dicembre 1963)
Lumen Gentium sulla Chiesa (16 novembre 1964)
Dei verbum sulla Parola di Dio (18 novembre 1965)
Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (7 dicembre 1965)

Decreti
Ad Gentes sull’attività missionaria della Chiesa (7 dicembre 1965)
Presbyterorum Ordinis sul ministero e la vita dei presbiteri (7 dicembre 1965)
Apostolicam Actuositatem sull’apostolato dei laici (18 novembre 1965)
Optatam Totius sulla formazione sacerdotale (28 ottobre 1965)
Perfectae Caritatis sul rinnovamento della vita religiosa (28 ottobre 1965)
Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei vescovi (28 ottobre 1965)
Unitatis Redintegratio sull’ecumenismo (21 novembre 1964)
Orientalium Ecclesiarum sulle chiese orientali (21 novembre 1964)
Inter Mirifica sui mezzi di comunicazione sociale (4 dicembre 1963)

Dichiarazioni
Gravissimum Educationis sull’educazione cristiana (28 ottobre 1965)
Nostra Aetate sulle relazioni con le religioni non cristiane (28 ottobre 1965)
Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa (7 dicembre 1965)

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