Il caso Said Stati
Il caso Said Stati: appello urgente del Gruppo EveryOne all’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani
Milano e Firenze, 16 aprile 2010
All’attenzione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, signora Navanethem Pillay
Urgente: il caso di Said Stati, marocchino innocente, con due figli piccoli, da 5 mesi in un Centro di identificazione ed espulsione: torturato, umiliato, in isolamento e in attesa di deportazione Illustrissimo Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, signora Navanethem Pillay, Le segnaliamo un caso davvero tragico di violazione dei Diritti Umani fondamentali, che riguarda Said Stati, cittadino di origine marocchina che vive in Italia, a Gavardo (Brescia) da oltre 19 anni, ha una moglie e due figli piccoli, due fratelli (di cui uno con cittadinanza italiana) che vivono in Italia e ha sempre lavorato per provvedere alla sua famiglia. Nel 2005 in seguito al terremoto che colpì in modo disastroso la città di Salò, perse la casa, e la stessa azienda per cui lavorava si ritrovò costretta a chiudere; Said è dunque rimasto senza lavoro. Nonostante un’assidua ricerca di un impiego retribuito e regolare, ha trovato solo attività saltuarie. Purtroppo, per questi motivi, non gli è stato rinnovato il permesso di soggiorno. Durante un controllo, l’11 novembre 2009, la polizia di Stato lo ha arrestato in quanto immigrato irregolare non provvisto di permesso di soggiorno, in base all’art. 14 del Testo Unico sull’Immigrazione 286/1998 e alla legge 94/2009, recentemente emanata dal Parlamento italiano – che introduce il reato di immigrazione clandestina – e oggetto di una nostra denuncia alle Autorità internazionali, tra cui le Nazioni Unite stesse.
Proprio in quei giorni Said aveva ricevuto un’offerta di lavoro regolare. Nonostante la moglie e i figli piccoli, nonostante avesse familiari in Italia in grado di aiutarlo, nonostante la permanenza da quasi vent’anni in Italia, è stato disposto il suo trasferimento nel Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), un vero e proprio carcere per “clandestini”, tristemente noto – anche al Comitato contro la Tortura del Consiglio d’Europa – per le pessime condizioni igienico-sanitarie di detenzione e per i pesanti abusi sui prigionieri perpetrati da guardie e poliziotti coperti dalle Istituzioni. Arrivato al Cie, Said era disperato. La direzione gli ha negato anche l’assunzione dei farmaci antidepressivi prescritti dal suo medico. Così un giorno, in preda alla disperazione, si è sfogato colpendo alcuni lavandini di una cella. Di fronte ad altri detenuti, alcuni agenti l’hanno brutalmente picchiato. Si vedano anche i link:
http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/12/31_CIE_Gorizia,_marocchino_pestato_da_guardia.html
http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2010/1/30_Marocchino_pestato_nel_CIE_di_Gorizia%2C_depositate_due_interrogazioni_parlamentari.html
Le videocamere riprendevano il pestaggio, ma il filmato, richiesto dal legale, spariva misteriosamente, mentre Said veniva denunciato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale e il nostro Gruppo minacciato di denuncia per calunnia per aver divulgato la notizia. La deputata italiana di origine marocchina Souad Sbai e tutti i deputati radicali in Parlamento cercavano di ottenere la scarcerazione di Said e il suo ritorno a casa, dai suoi bambini, che sono distrutti dal dolore per la mancanza del padre, interpellando il Governo su quanto accaduto, ma senza ottenere risconto alcuno. Il carcere, invece, attuava nuove misure punitive: cibo immangiabile, negazione dell’ora d’aria quotidiana, isolamento. I nostri interventi, quello dell’onorevole Sbai e del legale di Said Stati non servivano a nulla, mentre il Ministero dell’Interno, sollecitato a rispondere a ben due interrogazioni parlamentari alla Camera dei Deputati, non agiva in alcun modo. Said è annientato da cinque mesi di detenzione durissima, dalle condizioni terribili di prigionia, dal cibo immangiabile, dall’isolamento e dalle continue umiliazioni. Parla di suicidio e noi dobbiamo continuamente rassicurarlo sul suo futuro. Dopo i sei mesi di prigionia, si prevede che sia portato in un carcere, condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale o che sia deportato in Marocco, lontano dalla moglie, dai figli minori e dai familiari. In Marocco non ha ormai più alcun riferimento.
Le chiediamo, Alto Commissario, di intervenire, perché il caso è drammatico e le Istituzioni italiane hanno deciso di punire Said per il suo coraggio a denunciare gli abusi subiti, mentre il nostro Paese xenofobo (il Ministro dell’Interno è membro del partito anti-stranieri Lega Nord) conduce politiche di espulsione e carcerazione ignorando ogni diritto fondamentale della persona. E’ molto urgente un’azione a favore di Said, proprio perché si trova al limite delle sue forze e della sua sopravvivenza, e la sua famiglia vive nell’angoscia quotidianamente.
Certi di una Sua tempestiva azione umanitaria, Le porgiamo i nostri migliori e più cordiali saluti.
Per il Gruppo EveryOne
I Co-Presidenti Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau
+39 3934010237 :: +39 3313585406 :: +39 3343449180
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