Il cardinale Walter Kasper e l’ecumenismo spirituale
“Che siano una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Con queste parole, Gesù, prima di avviarsi al Calvario, invoca il Padre celeste. Eppure, ancor oggi, i cristiani non smettono di dividersi, lacerando ulteriormente l’unità della Chiesa e screditando Cristo agli occhi di chi non crede o di chi vorrebbe credere. Dialoghi di confronto e crescita reciproca e assemblee di preghiera comune, in questi anni, si sono senza dubbio moltiplicati; tuttavia, si è ancora lontanissimi dal gridar vittoria. Tanti, troppi cristiani, tutt’oggi, vivono la propria fede senza aver mai preso piena coscienza del gravissimo scandalo rappresentato dalla divisione dell’unica Chiesa di Cristo.
Il mondo protestante, che sembra mettersi ormai alle spalle la lunga fase delle lacerazioni, ancora stenta a realizzare un dialogo serio tra le Chiese protestanti storiche e l’ambiente “evangelical”; verso quest’ultimo, invece, guarda con estremo interesse il cattolicesimo romano, causa una fortissima coincidenza sulle questioni etiche. A proposito della Chiesa di Roma, c’è da dire che, recentemente, il dibattito ha visto prevalere il cosiddetto “ecumenismo spirituale”. Paladino di questo tipo di ecumenismo è il cardinale Walter Kasper, presidente, dal 2001, del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani.
Recentemente, in una lunga intervista (Il Foglio, 1° maggio 2009), il porporato ha dichiarato: “Principio e motore dell’ecumenismo è la meditazione, la contemplazione. Il suo obiettivo è la comunione, ma una comunione che non è il puro risultato di sforzi umani, un’opera o un’istituzione creata semplicemente da noi. Senza comunione spirituale, tutte le strutture di comunione non sarebbero altro che un apparato senz’anima. La comunione è, prima di tutto, un dono… Per giungere alla riconciliazione, all’unità che – lo ribadisco – è dono di Dio, occorrono preghiera, penitenza e conversione del cuore”.
Tale atteggiamento, comunque, genera forti perplessità.
Ad esempio, Fulvio Ferrario, pastore valdese e noto docente della Facoltà valdese di Teologia di Roma, in un suo recente volume (Tra crisi e speranza. Contributi al dialogo ecumenico, Claudiana, 2008) ha, infatti, affermato: “Il rischio è, evidentemente, di rifugiarsi in un vago territorio “spirituale”, nel momento in cui il dialogo teologico langue nella sostanza (crisi evidentemente, e non contraddetta, dalla concomitante e torrenziale produzione di documenti ufficiali) e il profilo della politica ecumenica delle chiese è deprimente”.
Tuttavia, il cardinale Kasper, riguardo la sua linea ecumenica, può vantare l’appoggio di documenti importanti (nel Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II, ad esempio, si legge: “Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione, perché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di sé stessi e dal pieno esercizio della carità”) e dello stesso Pontefice (il 25 gennaio scorso, Benedetto XVI, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, presiedendo la cerimonia conclusiva della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ha ribadito: “L’unità che Dio dona alla sua Chiesa, e per la quale noi preghiamo, è naturalmente la comunione in senso spirituale, nella fede e nella carità”).
È facile pensare, quindi, che la politica ecumenica della Chiesa di Roma, nei prossimi anni, premerà ancora sul lato spirituale, in attesa di sviluppi più seri e concreti in campo teologico e non solo.
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