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“Il Canto di Natale” di Charles Dickens

“Il Canto di Natale” di Charles Dickens
Dicembre 24
09:45 2020

Il 24 dicembre, la vigilia di Natale, è un vero giorno di attesa e di gioia. Parlando di libri, in questo giorno di vigilia, non si può non pensare al libro “per eccellenza” delle feste natalizie: “Il Canto di Natale” di Charles Dickens.

 

Il suo titolo originale inglese è A Christmas Carol, conosciuto in italiano come Il Canto di Natale, uscì per la prima volta il 17 dicembre nel 1843 e fa parte della raccolta di racconti The Christmas Book (“Libri di Natale”), opera di Charles Dickens (1812-1870).

Il famoso testo natalizio fu pubblicato in un’edizione di lusso, con rilegatura rigida di velluto rosso a bordi dorati, e con all’interno delle illustrazioni. Il 24 dicembre 1843, nonostante fosse in libreria da pochi giorni e avesse un costo elevato, il racconto aveva venduto 6.000 copie, un vero primato per l’epoca.

 

A Christmas Carol è la storia fantastica, suddivisa in cinque parti, di Ebenezer Scrooge, un ricco e avaro uomo d’affari (nome che in inglese significa tirchio, appunto) che disdegna tutto ciò che non sia legato al guadagno e al denaro. La vigilia di Natale Scrooge, irritato dalle festività, che secondo lui rappresentano solo ozio e un inutile dispendio di soldi, rifiuta in malo modo di fare un’offerta per i poveri; fa lavorare fino a tardi il suo impiegato, al quale concede una paga misera; caccia il nipote che era venuto per invitarlo al pranzo di Natale, dal suo ufficio e per la strada risponde sgarbatamente agli auguri che gli vengono rivolti.

Quando arriva davanti alla porta della sua casa deserta, sul battente della porta gli appare lo spettro del suo defunto socio, Jacob Marley. Lo spettro lo ammonisce sulla sua condotta di vita, e lo invita a rendersi conto di come vive per non essere costretto poi a vagare come lui per l’eternità: questa dannazione lo costringe a portare il peso delle catene che si era guadagnato con la sua aridità e brama di denaro. Per aiutare Scrooge a redimersi, quella stessa notte gli faranno visita tre Spiriti, nell’ordine: lo Spirito del Passato, lo Spirito del Presente e lo Spirito del Futuro.

 

Lo Spirito del Passato lo riporta indietro nel tempo, quando Scrooge, da bambino, era stato mandato dal padre in collegio. In seguito l’anziano protagonista della storia rivedrà la premura di sua sorella, il lavoro presso il bonario Fezziwig e l’amore per Bella. Scrooge aveva rinunciato a tutti gli affetti della vita per dedicarsi solo a farsi una posizione guadagnando denaro, portandolo a diventare l’uomo avido del presente. Proprio lo Spirito del Presente, durante la sua apparizione, gli mostra come le persone intorno a lui si stiano preparando al Natale: l’atmosfera di festa, di gioia, di amore invade le loro case. Quella che era stata la sua fidanzata ora è sposata e felice; il suo impiegato invece è povero ma ha una famiglia unita; suo nipote pranza insieme a parenti e amici, e proprio argomento del convivio è l’avidità del vecchio Scrooge, motivo per cui viene deriso dai commensali.

A questo punto appare lo Spirito del Futuro, gli mostra cosa accadrà alla morte di un signore ricco, di cui non si sa il nome. Alla camera ardente nessuno lo visita e nessuno vuole andare al funerale: addirittura i servi si dividono le sue poche cose, l’azienda e la sua casa sono vendute. Alla fine lo Spirito gli mostra la lapide al cimitero con il nome “Ebenezer Scrooge”.

 

A questo punto Scrooge capisce che ha davvero condotto una vita sbagliata e si ravvede. Spaventato dall’ultima visione e dalla visita dei tre spiriti Scrooge si ritrova nel suo letto: è la mattina del 25 dicembre, il giorno di Natale. L’incontro avvenuto nella notte cambierà il suo modo di approcciarsi alle persone: il “nuovo” Scrooge amplificherà il modo di “sentire” l’animo delle persone, il loro silenzio e le loro paure, cercando di comprenderle e non di allontanarle. Sarebbe stato suo interesse percepire le speranze delle altre persone meno fortunate di lui, spesso perse nella grigia atmosfera della Londra dell‘800.
Il romanzo di Dickens è l’incontro tra la tradizione del romanzo gotico e il genere fiabesco: una storia allegorica che scava dentro l’anima del lettore trasmettendo la virtù della speranza, in contrapposizione di chi vive nell’aridità e nell’avidità d’animo. Scrooge insegna che, dopo una vita poco altruista, si può avere la possibilità di liberarsi delle catene che ci legano ai beni materiali e ci allontanano dagli affetti. Dickens rivela al lettore che tutti possono migliorare, modificare il loro atteggiamento e alimentare il proprio spirito con valori nuovi e sani.

Come ha mostrato lo Spirito del Passato, Scrooge ha ricevuto poche attenzioni durante la sua infanzia, e da adulto non è in grado di custodire e far crescere i nuovi sentimenti che gli altri gli rivelano, ponendo la sua attenzione sul denaro, il potere e l’avidità.

 

Alla fine però, anche lui riesce a cambiare, raggiungendo con gli occhi dell’innocenza la bellezza e la magia delle piccole cose, di quei gesti che arricchiscono l’anima per sentirsi ricchi dentro. Il protagonista del “Canto di Natale” riconoscerà i propri errori: rimediando a quell’egoismo che lo portò all’isolamento e alla perdita degli affetti giovanili, Scrooge riesce alla conclusione del romanzo a dare un senso più profondo alla propria vita.

Charles Dickens scrisse il “Canto di Natale” col desiderio di coinvolgere sia i grandi che i bambini, per risvegliare sentimenti puri che non si possono non avere nella vita: l’amore e la tolleranza, il rispetto per gli altri e la capacità di apprezzare le piccole cose, però non solo a Natale.
L’amore verso la propria famiglia, verso coloro che ci circondano, riconoscendolo anche nei piccoli gesti d’affetto: proprio come Scrooge, dovremmo imparare a guardare i nostri gesti compiuti nel corso della nostra vita (come hanno fatto gli Spiriti con lui) e vedere in cosa abbiamo realmente fallito, emotivamente e umanamente, per poter poi migliorare per noi e per gli altri. Per comprendere l’insegnamento che questo libro da 177 anni ci insegnare: realizzare che la vera ricchezza da custodire è saper donare.

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