Il 400° della Cattedrale
Alla presenza di Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano e cardinale titolare della diocesi tuscolana, si sono concluse il 26 giugno scorso le celebrazioni del 400° anno dall’apertura al culto della Cattedrale di S. Pietro a Frascati (1610-2010). Per un intero anno la diocesi ha visto coinvolte in riti, processioni e pellegrinaggi, manifestazioni varie religiose o ‘laiche’, le innumerevoli (e talvolta anche reciprocamente sconosciute) componenti ecclesiali della comunità cristiana locale: parrocchie, confraternite, associazioni, gruppi e movimenti, catechisti, ragazzi delle scuole elementari e studenti delle superiori, insegnanti, scout, podisti e quant’altro in una riflessione dalle varie sfaccettature sul ruolo passato, attuale (e futuro) della chiesa nella quale risiede la cattedra del Vescovo, il quale in questo susseguirsi di autentici tour de force pastorali, è apparso non solo come il Pastore diocesano ma anche come una sorta di deus ex machina dell’intera mobilitazione generale. Non possiamo certo cimentarci a misurare né tantomeno valutare le ricadute pastorali e spirituali che sono scaturite da questo sommovimento diocesano, anche perché, come sempre giustamente si dice, sta al Padreterno conoscerle nel dettaglio e con più proprietà, ma molto laicamente si può certamente affermare che almeno alcune informazioni storiche sulla cattedrale hanno avuto una sufficiente divulgazione, anche se non ci è parso (pure dai pochi cenni sui giornali locali) che siano emersi i contenuti fondanti e le motivazioni di tutto l’insieme. Una diocesi tra le più antiche come è quella di Frascati – i cui primi certi documenti della sua esistenza datano al 313, quando un vescovo labicano-(tuscolano), Zoticus ad Quintanas appone la sua firma di presenza al Sinodo indetto in quell’anno dal papa Melchiade (e qualche storico più o meno attendibile fa riferimento ad un altro vescovo tuscolano, tal Marzio, già nel 269) – ha dunque ricominciato un percorso culturale che dovrà ulteriormente scuotere quanti normalmente ignorano o sottovalutano la ‘grandezza’ storica, ambientale e ‘spirituale’ del territorio, cioè la maggioranza della popolazione ormai, che del resto è sempre meno indigena e sempre più di migrazione medio alta borghese. Ma tornando alla proposta pastorale e alla sensibilizzazione della comunità, terminate le manifestazioni ufficiali e collaterali, occorrerà qualche attimo di comunitaria riflessione per interrogarsi sulle prospettive, gli impegni, le ricadute sui credenti e sui ‘lontani’ (o, per dirla in gergo moderno, i ‘diversamente credenti’). Anche perché dopo la ‘presenza’, rituale, corale, massiva, forse anche emozionale, si dovrà passare alla più lenta e pacata meditazione e ‘mediazione’ ecclesiale, culturale, dialogica, che, supportata dall’esperienza della nostra storia passata, aiuti a guardare e capire con obiettività, coraggio e rapidamente i ‘segni dei nostri tempi’, ma nella consapevolezza di dover poi camminare col passo lento e la fatica dei tempi lunghi che non sempre sono gratificanti ma che più sicuramente conducono a mete più chiaramente individuabili e ad un ethos comune dentro quella prospettiva di una società multiculturale che è già tra noi, ma a cui va impedita la deriva elitaria che emargina e impedisce una autentica e solidale popolarità.
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