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Idealità ed utopia

Dicembre 30
08:27 2022

Utopia significa “in nessun luogo ed in nessuna maniera”. Infatti un utopico luogo ideale  può essere solo immaginato, è  un sogno avveniristico come  la mitica Shangrilla,  simile a Castalia, quel paese immaginario di Calvino  ove si coltiva il gioco delle perle di vetro e somma di tutti gli insegnamenti passati, fatti regola.  Ma il luogo ove si vive non può essere  una  astruseria, cioè un posto  immateriale, etereo, fantasma… altrimenti il suo “essere altrove” in un tempo non scandito  ed in uno spazio assente, lo renderebbe automaticamente  non  vero…. 

La necessità di inventarsi  una comunità  bioregionale ideale,  è una esigenza  di chi la “utilizza” come valvola di sfogo all’alienazione del mondo moderno o come mezzo di sussistenza alternativa,  avviene  a causa  della frantumazione  sociale che contraddistingue la nostra società.  Viviamo in un contesto sociale alienato,  apparentemente unito da una sembianza di comune appartenenza. Le persone che  abitano in un luogo definito “ideale” comunicano  attraverso l’immaginato,  sono abitanti di un mondo alla Matrix per intenderci,  fantasmi nell’antro Platonico. Ma questo “luogo” non può essere vero, mancando la condivisione reale, il senso di necessità e fatica comune, l’incontro fisico, il contatto… è un mondo in cui tutto si riduce ad una rappresentazione, uno spettacolo mediato, filtrato, manomesso… un teatrino o  castello degli specchi. 

Nella comunità ideale viviamo come   dentro al  “Facebook”  nel quale l’interagire è demandato al pulsante di un terminal.  Allo stesso  tempo siccome capiamo che questo “sogno”  -che definiamo  “realtà”- è fallace,  per sfuggirgli siamo pronti ad inventarci e dare per genuino un luogo ideale in cui rifugiarci, un paese  con suoi propri  valori (basati sulla  speranza)….  Una comunità bella, fulgida,  in cui godere almeno l’illusione  di un incontro con noi stessi e con i nostri simili…

Giustamente i romani antichi usavano due parole per indicare la comunità urbanizzata. Gli insediamenti urbani non erano soltanto  luoghi (urbs) ma anche  interazioni di vita sociale (civitas).  Ecco allora che, ritornando al luogo in cui viviamo,  ci si può chiedere  per noi “esiste l’urbs od esiste  la civitas?”.  In verità entrambe son necessarie e   relazionate inscindibilmente, ma entrambe  debbono essere accettate ed abitate, non solo come spazio ma come  vera presenza,  allora la fuga nell’utopia individuale di una comunità ideale   diventa superflua, allora la ricerca dell’ipotetico “luogo  Ideale bioregionale” diviene futile,  giacché possiamo riconoscere  di essere   “presenti” in ogni luogo in cui viviamo.

Che bel risparmio di tempo e di energie! Infatti la comunità  ideale non è che l’abito mentale del quale ci rivestiamo, l’involucro delle nostre aspirazioni, creatività, produttività e realizzazioni procrastinate all’infinito, ma per attuarle occorre riconoscere l’importanza del possibile e del semplice, capendo di  esser parte dell’organismo globale,  avendo il coraggio di essere noi stessi, veri e sinceri,  nel rapporto con gli altri,  ed improvvisamente siamo tornati a casa…!

 

 

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