I tre secoli e mezzo del Crocifisso di Nemi
Chi guarda per la prima volta il Crocifisso di Nemi, cittadina suggestiva dei Castelli Romani, posto nel santuario custodito dai padri Mercedari, non può non rimanere stupito per la bellezza e la drammaticità dell’opera. Quest’anno sono tre secoli e mezzo che quel capolavoro (autore fra’ Vincenzo da Bassiano) è lì, ammirato dai fedeli e dai cultori dell’arte, ma anche e soprattutto da ben dieci Pontefici: papa Clemente XI, Benedetto XIV, Clemente XIII, Pio VI che si recò più volte a venerare il “sacro legno”, adornando il santuario che lo custodisce, di indulgenza plenaria. Fu venerato anche da Pio VII e Gregorio XVI, più volte da Pio IX che, nel l863, lasciò in dono al Crocifisso i paramenti e il calice col quale celebrò la santa Messa e il 30 giugno 1869 fu presente alla celebrazione solenne del secondo centenario. Pure Paolo VI onorò con la sua presenza i festeggiamenti del terzo centenario. Seguì San Giovanni Paolo II che lo venerò nel 1983 e 1997 nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Infine Benedetto XVI che il 22 agosto 2006 ha pregato di fronte al SS. Crocifisso in Nemi implorando la pace nel mondo.
Ma veniamo alla particolarità dell’opera che fu esposta per la prima volta il 19 maggio 1669. Il volto lo si può guardare da varie angolazioni, ed appare sempre diverso nell’espressione: dalla tragicità dell’agonia in croce, a una sorta di pace profonda, come se il Signore esprimesse la gioia del “tutto è compiuto”, la grandezza di avere redento l’umanità dal peccato. Il legno è particolareggiato nel suo intaglio: dalle profonde sbucciature alle ginocchia alle piaghe da cui fluisce abbondante il sangue della redenzione, alla corona di spine che si fa già aureola del martirio. Nel contemplare tale capolavoro, si rimane stupefatti, e come presi da un sortilegio mistico. Per questo, credo, le celebrazioni articolate che si svolgeranno dal primo maggio di quest’anno al 9 giugno, e che elencherò di seguito, richiameranno numerosi fedeli ma anche ammiratori dell’opera d’arte in sé. Tutta la Diocesi di Albano, guidata dal Vescovo Mons. Marcello Semeraro, sarà chiamata e venerare l’immagine lignea di Cristo. D’altronde, la devozione e la cura continue con cui i frati Mercedari della bella cittadina laziale dimostrano la loro venerazione, è già un invito alla preghiera e alla presenza. Nella festa dei santi Patroni di Nemi Filippo e Giacomo, il primo di maggio, dopo la Messa e la processione dello stendardo dei due protettori e la benedizione dei campi, il Crocifisso verrà portato solennemente nella chiesa parrocchiale. Il 5 dello stesso mese alle 10:30 la santa Messa con l’unzione degli infermi. Il 12, sempre alla stessa ora, conferimento del sacramento della Cresima. Ma il 19 sarà una giornata solenne, perché coincide, dopo tre secoli e mezzo, con la prima esposizione del Crocifisso (19 maggio 1669); poi, alle 10:30, Concelebrazione solenne presieduta dal nostro Vescovo Mons. Semeraro e, alle 17, concerto polifonico in parrocchia. Una commovente iniziativa sarà quella del 26 maggio, quando, alle ore 16, il Crocifisso verrà portato a Villa delle Querce, casa di cura con 500 pazienti. Qui sarà celebrata una Messa per gli ammalati. Quale unione più profonda tra la sofferenza di chi è affetto da malattie e quella di Gesù, che ha offerto a noi la speranza e la salvezza? Poi il 2 giugno l’annuale sagra delle fragole, per cui Nemi è famosa (e andare in questa ridente cittadina senza assaporare le fragoline di bosco, saporitissime, è come andare a Roma senza vedere il Colosseo). Ci sono pure i fiori, di cui Nemi va fiera e che adornano la bella chiesa raccolta e silenziosa dei Mercedari: chiesa come isola di pace e di meditazione: ti accoglie sempre una lontana e pur vicina musica sacra e ti avvolge un profumo di petali freschi come li senti sulle brevi spiagge del lago di Diana. Il 9 giugno ci sono le prime Comunioni e, a sera, il rientro processionale del Crocifisso nel Santuario. Occasioni eccellenti per riflettere, per tornare in se stessi, per esplorare nel sacrario del nostro cuore, lasciando per un poco almeno i rumori e gli svaghi inutili del mondo esterno pur così assetato di un punto fermo in cui credere e in cui riporre le nostre speranze.
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