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I santi Sebastiano e Rocco tra storia, fede e folclore – 5

Novembre 11
02:00 2006

1906-2: Le ultime grandi feste per Sebastiano e Rocco.
Così riportati i ‘Santi’ in Episcopio il lavoro procedette sotto la direzione del Gagliardi, rifacendosi anche la ‘macchina’ e i ‘cassettoni’ per il trasporto da parte ‘dell’esperto falegname Costantino Pardi, che la corredò di piastre di ferro e altri accessori sostegni’. Il ‘benefattore’ per fornire i cristalli di protezione fu trovato nel ‘sig. Achille Del Vecchio ‘proprietario del negozio di cristalli e stagnaro’ che vi provvide spontaneamente e gratuitamente’. Roberto Spalletta, romano, coniò 40 medaglie d’argento e 100 di bronzo con un’appropriata incisione. A Pancrazio De Felici fu assegnato il compito di stampare un libretto (‘Memorie Storiche..’) col programma delle feste e l’antica storia dello scoprimento, e diffuse molte immagini dei compatroni ‘fatte stampare a proprie spese da Enrico Filiziani’ (di cui un giorno scriveremo) che ‘donò insieme un bel quadro con cornice dorata ed entro un cuore d’argento contornato da stelle affisso nella parete esterna della cappella dei santi’, mentre altro quadro con cuore d’argento fu offerto ‘dalla pia associazione femminile della parrocchia di S. Rocco’, e il mons. Rocco Micara fece fare un’incisione stampando centinaia di immagini. In cattedrale, l’impresa per gli addobbi, l’illuminazione elettrica con quei grandi lampadari (che si vedevano ancora fino al Concilio scendere dalla volta della Chiesa) e altro, ‘fu assunta da Amedeo Cruciani di Roma’ che fece, mediante un’innumerevole serie di lampadine fissate su travicelle di legno l’intera illuminazione della facciata (era la prima volta!).
Il 16 settembre dalla Cattedrale si mosse una lunga processione per andare a ‘prendere’ le immagini dei due santi che, collocati sopra la ‘macchina’ con i suoi ’24 ingollatori’ diretti da Vincenzo Piccirilli e dal capo Giulio Molari attendeva di essere trasportata fino in Cattedrale. La processione in partenza si componeva ‘dell’intero capitolo e Clero, delle Fraterie Cappuccini e Riformati, da tutto il Seminario, dal Collegio di Mondragone, dal Collegio Americano del Sud numerosissimo, dal Collegio inglese, dalla rappresentanza dei salesiani, dei Fatebenefratelli, dei Padri Teatini e Scolopi, delle Confraternite locali cioè Ssmo Sagramento, Gonfalone, Scuole Pie e Morte, con tutti i loro attrezzi, alle quali si univano le rappresentanze’ di quelle dei paesi vicini e da Roma’ da tutte le associazioni cattoliche di ambo i sessi e dalle ‘Figlie di Maria tutte biancovestite’. Ma ulteriore grosso intoppo, perché, ‘nel punto in cui la processione prendeva il suo avviamento’, intervennero i ‘Delegati appositamente mandati dalla questura di Roma uniti a quello di Frascati’, che ‘assolutamente proibirono contro ogni giustizia e provisione che le bandiere delle singole rappresentanze venute da Roma, dalla Città e paesi vicini, fossero inalberate (sebbene nessuna delle medesime fosse sovversiva o antigovernativa, ma tutte puramente religiose)[‘] misura dragoniana che fu dal buon senso e da tutti acremente stimmatizzata, meno che da quelli cui scottava, anzi bruciava la solenne processione e che senza meno ebbero parte all’ingiusto e prepotente divieto’.
Pur menomata dei labari, la processione seguì via Principe Umberto, via Paola, piazza del Mercato, via Regina Margherita; da qui il clero tagliò per via della Vardesca e a piazza S. Rocco accompagnò la ‘macchina’ coi Santi che, scendendo per la piazza, ‘prese le vie di Frascati antico, uscendo sulla Via R. Margherita e ricongiungendosi col resto della processione, fino al Civico ospedale, Via Ludovico Micara, Via Senni e piazza Romana, quindi via Vittorio Emanuele fino in cattedrale Chiesa del Gesù e Seminario’. La ‘macchina’, con ai lati la rappresentanza dei 24 Cittadini col Priore, il Vescovo e i Prelati, il Comitato, ‘tra il giulivo suono delle campane’ entrò in cattedrale ‘con uno splendore inusitato tutto nuovo e non più veduto nella nostra Città perché era la prima volta che la Chiesa tutta veniva sfarzosamente illuminata a luce elettrica’.
La festa era grande, il palazzo Aldobrandini ‘fatto illuminare mercè la generosità d’animo del Principe don Giuseppe’, ed anche ‘il modesto convento dei cappuccini era tutto radiante di luce’, così ‘il palazzo della Villa Rufinella tutto brillantemente illuminato’ e perfino ‘da lungi il colossale palazzo Mondragone tenuto a Convitto dai PP. Gesuiti mandava vivissima luce’ e a tanto splendore rispondevano le luminarie di Villa Lancellotti, Torlonia, Muti, Pallavicini e molte case coloniche e piccolissime abitazioni che popolano la vicina circostante Campagna. Eppure ‘tanta luce, tanto splendore [‘] malauguratamente faceva spiccato contrasto con il palazzo Municipale il quale avvolto nella più fitta oscurità non dava segno alcuno di sua esistenza, neppure con un cencio al di fuori. Miserabile aberrazione delle menti fuorviate!!!’.
Nonostante questi contrasti le feste andarono avanti e l’ultimo giorno, il primo di ottobre, si svolse la ‘processione di ritorno’ con mons. Tommaso Brennan vescovo titolare di Cesarea Mauritania, con diverso itinerario: ‘dalla cattedrale si avviò per la via Volfango Goethe, via Cavour, volgendo per la via del Risorgimento, piazza Garibaldi, via Principe Umberto, deviando per via Paola e transitando la piazza del Mercato si pose sulla via Regina Margherita e da questa risalendo la via di Frascati Antico, giunse alla piazza S. Rocco fermandosi davanti la Chiesa’. Il Te Deum concluse le manifestazioni.
Il Cicinelli, nel relazionare diligentemente sullo svolgimento degli avvenimenti, non tralascia di elencare dettagliatamente, non solo le ‘funzioni sagre’, ma anche i ‘Divertimenti pubblici’, la ‘solenne accademia musico letteraria’, i concerti e i cantanti (come il tenore Tanlongo), i maestri quali Costantino Acquasanta, giovane agli inizi della sua carriera. Tra gli ecclesiastici che declamarono versi c’era anche don Paolo Rosignoli che poco dopo partirà missionario con la spedizione di padre Comboni nel Sudan, dove, catturato, restò imprigionato per dodici anni, una terribile esperienza che, una volta liberato in maniera rocambolesca, descriverà in un suo libro che forse è il primo dettagliato rapporto sulla realtà dei luoghi e delle trasformazioni politiche. E, per finire, ‘solamente il divertimento del Cinematografo, a cui la popolazione tanto teneva’ e che doveva svolgersi sulla piazza del Mercato, non si ebbe a causa di un principio d’incendio doloso, perché, ‘appositamente e malignamente tagliato un filo intorno al trasformatore’ del ‘proiettore’. Per fortuna il fuoco fu domato in tempo – c’era o non c’era l’intercessione dei compatroni? – e prima che producesse danni e conseguenze inimmaginabili. Le feste per i due santi comprotettori con la metà del secolo erano già praticamente un ricordo. Scriveva infatti don Razza: ‘Purtroppo la devozione ai SS. Sebastiano e Rocco è andata diminuendo in questo nostro secolo; la Pia Unione dei 24 Cittadini non esiste più e le feste dei Compatroni di Frascati passano inosservate. C’è stata la guerra, si dice, quasi a giustificazione di questo raffreddamento. Ed è vero. Anche se le bombe hanno risparmiato la bella cappella [con gli affreschi dei santi], la guerra tuttavia ha modificato molte tradizioni’.1 Ed inoltre anche gli ultimi soci della ‘Pia Unione dei XXIV Cittadini’, scomparvero con la fine degli anni ’50. (fine)
1 L. Razza, S. Maria in Vivario. Vicende storiche dell’antica Cattedrale di Frascati, 1975, p.65

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