I pontefici nella storia dei Castelli Romani: Gregorio XIII e il Duomo di Monteporzio
Una figura di rilievo è necessario menzionare per Monte Porzio Catone, quella di Ugo Buoncompagni il futuro pontefice che assunse il nome di Gregorio XIII e a cui gli abitanti del luogo furono particolarmente legati. Territorio contraddistinto da frequenti tensioni e conflitti con la città di Roma e culminati nell’XI secolo con la distruzione del 1191 della città di Tuscolo da parte dei Romani. Nella citazione della cronaca di Sicardo, un vescovo cattolico vissuto tra il XII e il XIII secolo non si disdegna di ricordare la battaglia di Prataporci o di Monte Porzio Catone avventa circa venticinque anni prima – che aveva anticipato di fatto il sentimento di livore che i romani coltivarono da quel momento in poi -, nei dintorni di una piccola collina fuori dalla cinta murarie che proteggevano Tuscolo, denominata “apud Montem Portium”, tra le truppe tedesche di Federico Barbarossa alleate della cittadina e i soldati romani uniti alle milizie papaline. I soldati imperiali numericamente inferiori rispetto ai romani riuscirono a contenere la furia della fanteria con un’azione a sorpresa che gettò lo scompiglio tra la cavalleria pontifica che ruppe le fila e si ritirò lasciando al proprio destino i combattenti romani sul campo. La vendetta romana fu di quelle devastanti e l’imperativo evocato nelle guerre puniche “Carthago delenda est = Cartagine sia distrutta” riecheggiò anche per Tuscolo che fu rasa al suolo e punita per la scellerata unione con l’impero. I territori tuscolani furono offerti in omaggio al Papa. Una lunga e articolata traslazione nell’arco storico cronologico conducono il lettore alla seconda metà del XIV secolo, quando numerosi abitanti dell’Urbe cittadina romana abbandonarono le loro abitazioni per le sopraggiunte difficoltà economiche e politiche derivanti dal trasferimento della coorte pontificia presso la città di Avignone per riparare nelle fortificazioni presenti sui feudi di proprietà delle famiglie aristocratiche romane tra le quali i Savelli, gli Annibaldi, gli Orsini e i Colonna. Dalla seconda metà del XVI secolo e per i successivi non vi furono battaglie armate nella cintola dell’area castellana, cosicché i grandi proprietari terrieri si dedicarono costantemente all’arricchimento ornamentale dei loro feudi e al miglioramento delle condizioni di vita dei vassalli. Nello specifico il territorio di Monte Porzio così come in quel tempo apparve a Ugo Boncompagni, salito al soglio petrino con il nome di Gregorio XIII nella sua visita pastorale avvenuta presso Frascati ed estesa nei territori limitrofi era costellato di campi coltivati e abitazioni dei coloni disperse sul territorio e non uniformemente distribuite nel tessuto cittadino. Questo impediva una costante e omogenea assistenza spirituale che potesse compattare e unificare la popolazione di Monte Porzio. Cosicché rientrato nella sede pontificia non esitò a dispiegare disposizioni ai cardinali affinché si valutasse effettivamente e materialmente la situazione riscontrata e si procedesse all’edificazione di una chiesa da dedicare a S. Gregorio Magno, attraverso l’emissione di una bolla con data 1 giugno 1580. La lettera papale era comprensiva delle indicazioni sulla costruzione del Duomo che doveva elevarsi rispetto alle costruzioni circostanti ed ergersi alla vista della popolazione e dei pellegrini viandanti. Nella Bolla erano indicate le dimensioni e la capacità interna della chiesa, la posizione della fonte battesimale e l’attiguo cimitero che in epoca rinascimentale generalmente era disposto nei dintorni della Parrocchia stessa. Inoltre non si poteva esimere dall’assegnazione di una rendita che consentisse l’effettivo esercizio dell’assistenza spirituale e che fu assegnata ai componenti della famiglia del Papa i Boncompagni a cui fu riservato anche il titolo cardinalizio del Duomo per non sottostare all’influenza della vicina chiesa di Frascati. Al fervore manifesto per la costruzione del Duomo non si accompagnò la tenuta dello stesso che nel secondo decennio del XVII secolo appariva in completo disuso ed abbandono. In questa condizione di instabilità l’istituto canonico fu trasferito alla Famiglia Borghese e Scipione Borghese, cardinale e nipote del papa Pio V predecessore di Gregorio XIII si dedicò personalmente tra il 1616 e il 1623 alla restaurazione del Duomo e alla restituzione a culto divino. Certamente la magnificenza degli arredi e dell’abbellimento che si manifestò nella volontà del cardinale è ricordata nelle numerose visite apostoliche che dal 1630 al 1660 indicarono le forme “spaziose e superlative” del Duomo dispiegate in un’unica navata centrale e tre altari, le pale e gli architravi. Intorno al 1666 il nobile Giovanni Battista Borghese signore delle terre monte porziane si dedicò alla completa riedificazione del Duomo con una costruzione ex novo sul preesistente progetto con l’estensione avvenuta attraverso l’aggiunta di un terreno circostante. Gregorio XIII, che precedette sul trono il famoso Sisto V, definito successivamente (e non a torto) l’Urbanista di Roma, è ricordato dalla popolazione di Monte Porzio per l’attenzione e l’impegno riversato nelle terre castellane. Con buona lena dagli storici non viene ricordato solamente come uno dei pontefici più rilevanti dell’epopea moderna, ma un vero e proprio un uomo di mondo, già professore di diritto, con la giusta dose di mondanità e acutezza. Si occupò di trasmettere i canoni che riguardassero l’applicazione della riforma cattolica uscita dai meandri del Concilio di Trento. Si servì senza mezzi termini di agenti diplomatici, i nunzi, come i principali strumenti della politica papale in uno stato cattolico. Rielaborò il calendario giuliano rettificando gli errori che si erano creati lungo i secoli introducendo un nuovo metodo di calcolo degli anni bisestili ed inaugurò l’osservatorio vaticano contro le teorie eliocentriche che erano in aperto contrasto con il racconto biblico della creazione. L’interesse per la politica estera lo portò ad accogliere con solerzia i primi cristiani giapponesi pochi giorni prima del suo trapasso, sviluppando con energia ed interesse le sue attività.
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