I paradossi della spesa locale
«C’è troppa burocrazia nella gestione degli enti di assistenza sanitaria. Negli ultimi dieci anni il costo della macchina amministrativa locale è aumentato del 34,5% rispetto alla spesa effettiva per la protezione sociale degli stessi enti». Il dato rilevato dalle analisi del dottor Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato, è stato commentato il 24 giugno 2008 da Fabio Menicacci, segretario nazionale di Anap Confartigianato Persone, intervenuto nella Sala Protomoteca del Campidoglio al III Congresso Nazionale promosso dalla Federazione italiana medicina geriatrica con una relazione dal titolo “Come indirizzare la gestione delle risorse pubbliche in una società in cui quelli che producono si avviano a diventare meno di quelli che consumano?”.
La “burocrazia mangiasoldi” è solo una delle disfunzioni emerse dallo studio di Confartigianato che, nella spesa per il sistema del welfare, si propone proprio di individuare le possibili voci di risparmio e di indicare quelle verso cui deviare i fondi risparmiati, anche a fronte del cambiamento demografico della società italiana che – dopo quella giapponese – ha il tasso più elevato di “over 65” (il 19,5% della popolazione totale, per una spesa sanitaria pubblica pari al 44,2%). «Nel nostro sistema assistenziale c’è qualcosa che non va – ha proseguito Menicacci – se l’Italia possiede il triplo delle apparecchiature diagnostiche che ci sono in Francia, il doppio di quelle in Germania e Spagna e, paradossalmente, le lunghe liste d’attesa per una Tac costringono poi 4 anziani su 10 a rivolgersi a strutture private!».
Le proporzioni di un sistema che spreca risorse sono ben esemplificate dai dati sulla diffusione del parto cesareo in Italia. «Nel 2004 i bambini nati in Italia sono stati 562.599 – ha detto Menicacci -, il 37,8% è nato con il parto cesareo, laddove l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda una percentuale del 15%! Il parto cesareo costa il 60,1% in più rispetto ad un parto naturale. Se riuscissimo ad avvicinarci al dato del Friuli Venezia Giulia, dove solo il 23,1% dei bambini nasce con il cesareo, il sistema sanitario pubblico risparmierebbe 73,7 milioni di euro che potrebbero essere dirottati altrove».
Sono gli stessi “assistiti anziani” ad aver indicato, in diverse ricerche tra cui l’Osservatorio nazionale Anap Confartigianato sulla terza età, la direzione verso cui dirigere gli sforzi per rendere più efficiente il sistema. «Circa la metà degli anziani intervistati – ha sottolineato Menicacci – ritiene prioritario favorire l’assistenza domiciliare integrata. Un terzo chiede di incentivare case di riposo, case albergo e comunità alloggio, mentre un quinto si è dichiarato a favore della creazione e diffusione degli ospedali a domicilio». Anche la distribuzione diretta dei farmaci, dicono le statistiche, permetterebbe un notevole risparmio di risorse. «Se le Aziende Sanitarie e ospedaliere avessero adottato il metodo previsto dalla legge ed applicato dalla Asl 1 di Imperia – ha commentato Menicacci -, solo nel 2006 avremmo avuto un risparmio di ben 456 milioni di euro».
La via da percorrere è stata indicata anche dal Procuratore Generale presso la Corte dei Conti (Memoria pp. 235-236 diffusa nel 2007), dal cui intervento può essere ricavato un vero e proprio Vademecum: «Strutture sanitarie incompiute oppure completate ma mai entrate in funzione; attrezzature, spesso di alta e sofisticata tecnologia, rimaste inutilizzate; farmaci sospettati di essere assolutamente inutili e tuttavia posti in commercio, prestazioni diagnostiche inutili ma particolarmente costose, ecc. A tutto questo – ha concluso Menicacci – si aggiunge la disfunzione di un paese in cui il 30% dei pensionati di vecchiaia ha meno di 65 anni. Per riequilibrare il sistema dovremmo coscientemente ragionare sull’età di accesso alla pensione tenendo presente i lavori realmente usuranti sia nel settore privato che in quello autonomo».
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