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I paesaggi fuori dal tempo di Giuseppe Colognesi

I paesaggi fuori dal tempo di Giuseppe Colognesi
Agosto 19
17:22 2023

Ieri ci sono stati i funerali di Giuseppe Colognesi, straordinario artista che tanto ha dato alla ricostruzione iconografica del nostro territorio, a seguire un articolo che ben lo descrive, condivido con voi per un caro ricordo 

(Luca Ceccarelli)  Giuseppe Colognesi nato nel 1932 a Campagnano Romano, ma vissuti nei Castelli Romani durante l’infanzia e la prima giovinezza, e ritornatovi in anni recenti, stabilendosi nel circondario di Monteporzio, due anni fa è stata pubblicata una raccolta di cinquanta disegni, in edizione elegante a tiratura limitata, ciascuno accompagnato da brevi e raffinati commenti di Luigi Devoti. Devoti e Colognesi, oltre ad essere quasi coetanei (il primo è del 1931), hanno in comune il fatto di aver fatto studi scientifici e di essere “scienziati” (il primo medico, il secondo ingegnere elettronico) con una spiccata predilezione per gli studi antiquari e per l’arte.

Recentemente l’assessorato alla Valorizzazione dei Beni Ambientali e Culturali del Comune di Genzano, nel corso di una serie di iniziative messe in atto nel mese di aprile, volte alla promozione della cultura locale dei Castelli Romani, ha promosso anche una mostra, tenutasi dal 13 al 20 aprile su I luoghi della Campagna Romana nell’opera di Giuseppe Colognesi, con il patrocinio della rivista Castelli Romani. In questa nutrita e malauguratamente breve mostra, sono stati esposti innumerevoli acquerelli e disegni a matita dell’artista, che sono le due modalità espressive in cui Colognesi si è cimentato (con una netta prevalenza numerica della seconda sulla prima). Si tratta sia di opere che risalgono agli anni Ottanta, come l’acquerello Tuscolo, l’eremo di Camaldoli, del 1981, o Frascati, Villa Aldobrandini, del 1983, sia opere (la maggior parte) eseguite nel corso degli anni Novanta.

Palombara – (Colognesi)Gli acquerelli di Giuseppe Colognesi, alcuni dei quali sono già conservati in collezioni private, hanno tonalità cromatiche tenui, e un tono disteso, come vediamo nelle due opere sopra citate, ma anche ne La certosa, del 1999, e in un acquerello senza titolo del 1998 in cui spiccano, sullo sfondo di un casolare e di un torrione due alberi, di cui uno è di un verde intenso e un altro è un pesco in fiore, di un rosa insolitamente caldo. Ma in questi acquerelli si avverte l’importanza centrale del paesaggio architettonico, un paesaggio che, quand’anche non sia vero e proprio rudere, ha comunque un carattere dimesso e solitario. Della Villa Aldobrandini di Frascati, ad esempio, che è un capolavoro architettonico del tardo Cinquecento, l’artista mette in evidenza un cancello, in un paesaggio desolato, quasi a voler evidenziare la verità del noto detto latino Sic transit gloria mundi.

Ma il meglio di sé Colognesi lo dà, ad avviso di chi scrive, nei disegni a matita. Disegni che non sono dedicati al solo paesaggio dei Castelli Romani, ma a tutta la campagna romana. Certamente il numero di opere ambientate nei Castelli è nutrito (Frascati, Castelgandolfo, Ariccia, Albano, Monteporzio, Lanuvio, Grottaferrata) ma più ancora sono le opere provenienti da altre zone della Campagna Romana, sia nell’area prenestina che a Nord.

I disegni a matita di Colognesi fanno pensare alla tradizione delle stampe, senza avere tuttavia il carattere mosso e a volte vagamente allucinato di un Piranesi. Si prenda la fontanella in piazza Centuripe a Lanuvio, del 1996: Centuripe è una città della Sicilia gemellata con Lanuvio dal II secolo a. C. Qui l’antica fontana con il suo lieve getto d’acqua, le fronde che la sovrastano e le botti di vino locale posate dietro alla fontana stessa, dànno al disegno il carattere di una meditazione sulla gloria mondana che passa. Il disegno del Parco Chigi di Ariccia evidenzia invece il carattere favoloso del luogo, con i cervi che corrono nella natura incontaminata, in cui ci si aspetta di poter incontrare da un momento all’altro ninfe e semidei. Nei casi in cui invece il paesaggio è prettamente urbano, come nella piazzetta di Palombara Sabina con uno scorcio di campanile romantico e un rampicante che scende da una finestrella, entrambi in evidenza in un cono di luce (del 1992) o nella piazzetta di Vicovaro, in cui spiccano un palazzotto signorile e una scalinata, oltre ad una poesia malinconica derivante dalla percezione di quanto sia effimera la bellezza opera del genio umano, abbiamo la sensazione di un tempo che si ferma. La linea leggera impressa su cartoncino giallo chiaro, dà alla visione pittorica una collocazione di meriggio velato dalle nuvole (e il meriggio, si sa, fin dall’antichità era il tempo propizio per le apparizioni numinose), e i paesaggi, privati di ogni presenza umana, pur essendo stati ritratti pochi anni fa possono essere identici a come erano qualche secolo fa, e a come, forse, saranno tra un secolo

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