I militari dei Castelli Romani caduti nella prima guerra mondiale
Il volume pubblicato dal Ministero della Guerra, Militari Caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918. Albo d’Oro, vol. I, Lazio e Sabina, Roma Provveditorato Generale dello Stato, Libreria, 1926[1] elenca in ordine alfabetico per cognome tutti i militari deceduti nella grande guerra, che sono nati, o che comunque risultano essere stati registrati nei distretti militari delle Province di Roma, Frosinone, Viterbo. Da questo abbiamo estratto con cura e pazienza i nominativi e le relative informazioni ufficiali di coloro, che sono nati in ciascuno dei Castelli Romani. Restano esclusi quanti, pur risiedendo nella nostra zona, risultano nati altrove, come ad esempio la medaglia d’argento Arnaldo Cornelio, nato a Roma, ma domiciliato con la sua famiglia in un villino posto tra Castel Gandolfo e Marino, nel cui cimitero riposano i suoi resti mortali. Tuttavia, pur essendo sommario, l’elenco fornisce una base di dati utili per lo sviluppo di ulteriori ricerche da effettuarsi sui rispettivi fogli matricolari e comunque rappresenta già questo un doveroso omaggio alla memoria di una generazione, composta in prevalenza di giovani e giovanissimi, cancellata dalla vita nel corso di quei dissennati 40 mesi dell’inutile strage[2]. Qualsiasi lettore potrà, se vuole, togliersi la curiosità di confrontare i nomi di questo elenco con quelli riportati sulle lapidi, che sottostanno ai relativi monumenti, presenti in ciascuna cittadina dei Castelli Romani per riscontrare eventuali differenze, errori od omissioni.
I militari caduti, nati nei comuni dei Castelli Romani, nell’Albo d’Oro sono tutti registrati nel distretto militare di Roma, tranne Velletri che faceva capo al distretto di Frosinone. Pertanto abbiamo volutamente omesso l’informazione riguardante il distretto di appartenenza di ciascun soldato per non appesantire inutilmente l’elenco, a meno che non si siano riscontrate difformità, che abbiamo di volta in volta segnalato. Per evitare eventuali casi di omonimia circa il luogo di nascita abbiamo accertato l’appartenenza del soldato caduto al distretto militare di Roma e quindi l’impossibilità che possa trattarsi di altro comune italiano con nome simile. Ad esempio il nome del comune di Genzano alcune volte è completato in “Genzano di Roma”, altre volte no. Effettuato detto accertamento abbiamo deciso di semplificare la dicitura in “Genzano”. Altrettanto vale per Albano Laziale in “Albano”. Altresì appaiono variamente scritti i nomi di alcuni comuni, come Monte Compatri e Monte Porzio Catone, proposti spesso nelle forme improprie: “Montecompatri” e “Monteporzio”; o Lanuvio, che in qualche caso appare nella forma più antica “Civita Lavinia”. Nell’elenco abbiamo uniformato e normalizzato tali nomi nell’accezione odierna. Altrettanto abbiamo cercato di fare con i termini geografici e militari oscillanti nella forma, senza apparente ragione (Cave di Seltz / Selz, oppure Kammo / Kamno, già Camina, una frazione del comune di Tolmino, oggi in Slovenia), e ciò vale anche per l’uso delle iniziali maiuscole / minuscole (ad. es. altipiano / altopiano / Altopiano; e Caporale / caporalmaggiore / caporale maggiore; lancieri di Milano / “Lancieri di Milano” e così pure ci siamo comportati con le varianti grafiche di qualche nome (Fiat/FIAT). La sigla “M. T.” nell’esercito significa “Milizia Territoriale”; la sigla “M. M.” significa “Milizia Mobile”; la sigla “V. M.” sta per “Valore (Valor) Militare” e si riferisce all’onorificenza ricevuta; RR. CC. è l’acronimo dei Regi Carabinieri; C.R.I. ovviamente è la sigla della Croce Rossa Italiana. Nel testo, fra parentesi quadra, sono espresse nostre ulteriori informazioni non presenti nell’Albo d’Oro.
A questo articolo è collegato un documento (clicca qui di seguito per visualizzarlo: Elenchi dei caduti) che riporta due elenchi: il primo, in ordine strettamente alfabetico, riporta le generalità dei soldati caduti, luogo e data di nascita, il grado e il corpo di appartenenza (reggimento, battaglione, compagnia), il luogo e la data con le cause della morte, oltre ad eventuali riconoscimenti; mentre nel secondo i medesimi nominativi sono suddivisi per ciascun comune di provenienza, contraddistinti dalle sole generalità, il totale dei morti e delle eventuali onorificenze assegnate. Inizialmente avevamo pensato di stilare un solo elenco suddiviso per località, ma ci è piaciuto redigere prima di tutto una lista, in cui i nomi (in ordine alfabetico) fossero tutti mescolati, affratellati, indipendentemente dal loro campanile di appartenenza, insomma un’epigrafe unica, una gigantesca lapide che comprendesse i militari caduti nella prima guerra mondiale di tutti i Castelli Romani.
In vari casi l’elenco ufficiale stilato dal Ministero della Guerra omette la paternità del deceduto, oppure il giorno e il mese, ma mai l’anno o il luogo di nascita; mentre è ovviamente più preciso con quello di morte, tranne che nei casi dei dispersi, o dei deceduti in campi di prigionia. Tuttavia abbiamo rilevato una notevole imprecisione da parte dei redattori in un caso, quello di tale Giovanni Margani, registrato due volte in successione a p. 335 dell’Albo d’Oro. Entrambi sono nati da Pasquale il 23 ottobre 1894, ma poi il primo soldato, inquadrato nel 42° reggimento fanteria, risulta nato a Genzano e poi disperso il 27 ottobre nel corso di un combattimento sul Monte Santo, mentre il secondo soldato, inquadrato nell’89° reggimento fanteria, risulta nato ad Ariccia e deceduto il 18 ottobre 1918 in un campo di prigionia. Poiché molto difficilmente potrebbe trattarsi di un caso di omonimia e poiché il caduto in questione è riportato ufficialmente nella lapide commemorativa del comune di Ariccia, non abbiamo avuto difficoltà ad iscriverlo nell’elenco di questa città. Una più approfondita ricerca potrebbe fornire una spiegazione dell’equivoco incorso in fase di redazione dell’Albo d’Oro. Un apparente caso di omonimia ci è offerto dal nome di Luigi Grossi, due soldati entrambi nati a Frascati nel medesimo anno, ma da genitori diversi e a cinque mesi di distanza l’uno dall’altro. Molto probabilmente si tratta di cugini carnali, ai quali fu imposto lo stesso nome di battesimo, così come spesso si usava una volta. Resta comunque singolare il fatto che tutti e due fossero caporali e inquadrati nello stesso 208° reggimento fanteria e che, pur essendo morti in circostanze diverse, Luigi di Mariano sia deceduto il 26 ottobre 1917, mentre Luigi di Romolo sia deceduto cinque giorni prima il 26 ottobre 1917! Un’altra incongruenza, questa volta di date, è rappresentata dalla valanga di Buchenstein, alias Livinallongo del Col di Lana, un “ridente” paesino, come si suol dire, del bellunese italiano. Nella zona di questa che oggi è un’apprezzata stazione sciistica si svolsero alcuni degli episodi più cruenti della prima guerra mondiale intorno ai forti di Ruaz e Corte. Qui lo stesso giorno 13 dicembre 1916 trovarono la morte ben quattro soldati dei Castelli Romani: Mariano Felici di Rocca Priora, Magno Magni di Lanuvio, Francesco Sorci di Monte Porzio Catone e Pietro Vannacci di Monte Compatri per una valanga di neve che li seppellì in un bosco. Al riguardo di quest’ultimo nominativo abbiamo notato che nell’Albo d’Oro Vannacci risulta deceduto per la medesima causa il giorno 16, anziché 13 dicembre. Oltre ai quattro citati, questa ingloriosa fine toccò almeno ad altri 9 soldati in diverse altre località del fronte di guerra: Ivo Muzi e Alsugo Pinto di Albano, Domenico Velletrani e Pietro Monaci di Ariccia, Lino Lippi di Frascati, Francesco Cervini e Alessandro Rufo di Velletri, Costantino Corradi e Umberto Gresta di Monte Compatri. Spesso la causa di morte non fu per diretta conseguenza dello scontro armato, o per le gravi ferite riportate, ma piuttosto per le malattie contratte al fronte. Sul totale dei 1260 soldati dei Castelli Romani caduti, abbiamo contato 448 morti per non meglio specificate cause di malattia, dove si devono leggere: congelamento, tifo, colera, setticemia, malaria, tubercolosi, patologie mentali e altre esiziali cause derivate dalla vita di trincea, dalla qualità del vestiario e del nutrimento. La cosa più straziante che noterete, sfogliando l’elenco, è che molti di questi malati spesso furono rispediti dal fronte ai loro paesi d’origine per consentir loro di morire in famiglia, o nell’ospedale più vicino. In molte situazioni la medicina di allora era impossibilitata a porre rimedio, per esempio, alla devastazione del sistema respiratorio dei sopravvissuti ai bombardamenti dei gas tossici (fosgene e yprite). All’esposizione non immediatamente letale si poteva durare anche settimane e mesi in mezzo ad atroci sofferenze, prima di finirla. Tra i nostri caduti ne abbiamo scovati una decina morti immediatamente per questo tipo di esposizione: due velletrani gassati a Monte Cappuccio, un roccapriorese, un frascatano, un albanese, un genzanese, un ariccino e due marinesi, mentre un terzo loro commilitone, tale Ido Armati, muore per le conseguenze – pensate un po’ – il 3 dicembre 1917 in un ospedale di Roma! Infine, non meno allegra è la morte in condizioni di prigionia. Questi caduti nell’Albo sono classificati genericamente morti “in prigionia per malattia”, ma le vere cause furono la fame e il freddo nei terribili campi di concentramento, perché a un certo punto della guerra, sia i tedeschi, che gli austroungarici non disposero più di alimenti e di vestiario per le loro stesse truppe e per la loro stessa popolazione civile. Una fine orribile, alla quale era da preferire quella immediata dello scontro frontale: mitragliatrici, bombe, baionetta. Tra i nostri caduti ne abbiamo contati una novantina circa deceduti in campi di prigionia. Per alcuni di questi e altri al fronte si registra anche l’aggravante della scomparsa, che non è certo sinonimo di diserzione, ma di volatilizzazione. Precipitati in un burrone, o disintegrati da uno scoppio non fa differenza: i resti mortali non troveranno mai una tomba su cui piangere il figlio, il fratello, il marito scomparso. Due velletrani, un albanese, un frascatano, un castellano, un nemese, e due rocchigiani rispettivamente di Rocca Priora e di Rocca di Papa sono scomparsi in mare a seguito dell’affondamento della loro unità di navigazione, mentre Vincenzo Corsi di Monte Compatri muore per lo scoppio di una polveriera. Sarebbe interessante fare una statistica dei gradi militari raggiunti dai nostri soldati caduti. La maggior parte di loro erano contadini e quindi la loro carriera non va molto oltre quella di soldato semplice, o di caporale. Tuttavia, a fronte di un migliaio di soldati, abbiamo contato circa 150 fra caporali e caporali maggiori, 60 fra sergenti e sergenti maggiori, 17 fra sottotenenti e tenenti, 6 aspiranti e un allievo ufficiale. Molto più complesso è stabilire una relazione fra i caduti dei Castelli Romani e la loro arma di assegnazione (fanteria, artiglieria, marina ecc.), oppure i luoghi di destinazione al fronte. Lasciamo volentieri questo compito ad altri più competenti e più pazienti di noi.
Tra le curiosità da noi rilevate nell’Albo d’Oro, si segnala il caporale Francesco Marini figlio di tale Bernardino, nato a Bieda, un villaggio in provincia di Viterbo, il 14 agosto 1887, appartenente al distretto militare di Viterbo, ma, comandato presso l’ospedale militare di riserva di Frascati, ivi morì per malattia il 22 ottobre 1918. Inoltre si evidenzia che fra i militari elencati nell’Albo d’Oro non sono riportati i caduti volontariamente accorsi in guerra, ma non inquadrati nell’esercito italiano, come ad esempio il marinese Cesare Colizza, uno dei sette caduti a Babina Gora, per i quali si rimanda alla specifica nota bibliografica[3]. I mestieri o le professioni dei deceduti non sono mai riportate, ma l’assegnazione alla 13 sezione panettieri di Romeo Quintili di Genzano, classe 1892, ci suggerisce quale attività egli potrebbe aver esercitato nella vita civile.
Dalla lista, che abbiamo ricavato dall’Albo d’Oro, risulta che i caduti nati nei Castelli Romani siano stati 1259. Per il più ampio contributo di vite umane dato alla guerra spicca Velletri con ben 376 nomi e, in proporzione, anche di onorificenze assegnate: 12 medaglie d’argento e 12 di bronzo. Seguono i comuni più popolosi come Frascati al secondo posto con 133 caduti, quattro medaglie d’argento e una di bronzo; Genzano con 129 caduti, due medaglie d’argento e due di bronzo; Albano con 127 caduti, due d’argento e una di bronzo; Marino con 117 caduti, una medaglia d’argento e tre di bronzo. Quindi i comuni più piccoli come Rocca di Papa con 67 caduti, due medaglie d’argento e due di bronzo; Monte Compatri con 55 caduti, due medaglie d’argento; Ariccia con 53 caduti e due medaglie d’argento; Grottaferrata con 45 caduti e una medaglia di bronzo; Rocca Priora con altrettanti 45 caduti e una medaglia di bronzo; Monte Porzio Catone con 41 caduti e una medaglia d’argento; Colonna con 24 caduti e una medaglia di bronzo; Nemi con 17 caduti e Castel Gandolfo con 16 caduti. In questa specie di macabra corsa olimpionica alla morte alcuni si distinguono per aver raccolto più medaglie al valore militare, come ad esempio i due frascatani Consalvo Comerci (1 med. d’argento e 1 di bronzo) e Luigi Mancini (1 med. d’argento e 2 di bronzo), o il genzanese Filippo Pizzicannella (1 med. d’argento e 1 di bronzo), o i due velletrani Giuseppe Marcelli (1 med. d’argento e 1 di bronzo) e Dante Falconi (1 med. d’argento e 2 di bronzo).
Al di là dei numeri e delle statistiche, quando si legge un elenco di caduti come questo che abbiamo compilato il pensiero non può non andare alle persone reali, rappresentate da quei nomi: vite stroncate, cancellate per sempre non solo dalla nostra terra, ma dal destino e dalla storia dei singoli e della collettività.
[1] Cfr. Albo d’Oro (vol. I: Lazio e Sabina – caduti) (> www.cadutigrandeguerra.it)
Museo Centrale del Risorgimento [sito web Europeana 1914-1918][http:semoium.orgtime1917]
[2] In tal modo papa Benedetto xv nella sua lettera indirizzata a tutti i capi delle nazioni belligeranti il 1 agosto del 1917 definì la Grande Guerra, che per l’Italia durò dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918.
[3] Ugo Onorati – Edoardo Scialis, Eroi in camicia rossa, ed. ANPI Sez. A. Del Gobbo”, Marino 2014; II ed. 2017; Antonino ZARCONE, I Precursori. Volontariato democratico italiano nella guerra contro l’Austria: repubblicani, radicali, socialisti riformisti, anarchici e massoni, Roma, Annales, 2014. Infine U. Onorati, Partirono da Roma nel 1914, prima che altrove, i volontari garibaldini, in “Strenna dei Romanisti”, a. LXXVI (2015), pp. 391-402, riedito dall’ANPI Sezione “A. Del Gobbo” con il titolo: Da Marino a Kraguijevac. Sette volontari garibaldini in difesa della Serbia all’inizio della prima guerra mondiale, Marino 2016.
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