I Melrose
I Melrose
Leonard St Aubyn
Traduttori: Luca Briasco e Maurizio Bartocci per Latte materno
9788854506589
Neri Pozza
€ 19,00 e-book disponibile € 10,99
Copertina:
I Melrose: disincanto, caduta, pensieri, salvezza. Né un’immensa saga familiare, troppo circoscritta la famiglia, siamo negli anni ’90 del novecento e neppure uno scrittore inglese che, come J. Coe, abbia voglia di raccontare la sua adolescenza sbarbatella mixando la storia e le storie personali per chiudere un cerchio. L’infanzia e la gioventù di Patrick sono quelle d’un bimbo costretto a sopportare le intemperanze d’un genitore a metà tra l’ultimo dandy e il primo scettico della terra, in classifica s’intende, ed una madre alcolista incapace di difenderlo dalla violenze fisiche e mentali che dal genitore riceverà. Quante giovani vite si sono prese gli anni ’80/’90, tutte a caccia disperata di eroina e cocaina da iniettare e sniffare, e pasticche assortite, quante?
Come hanno vissuto il rapporto stretto fra vene e strumenti di stordimento lo racconta St Aubyn, almeno a rappresentare quelle vite fra le pieghe d’un mondo di ricchi e, all’apparenza, perbene, a volte senza nulla ‘per male’ ma incapaci di essere qualche cosa. I quattro libri, usciti separatamente fra il 1993 e il 2005 sono apparsi in volume nel 2013 sotto un unico titolo, molto amati da lettori forti, giornalisti e scrittori. Ciò che cattura, nostro malgrado, fra lo schifo e il cinismo d’una scrittura che non cede al rigoroso controllo delle immagini che evoca, è la genuina lucidità di Patrick che immagina di potercela fare perché sa cosa ha subito; allo stesso tempo l’impotenza d’un pensiero che, seppure forte, resta indeterminato prima di schiudersi in parola, a cui non segue l’azione, risucchiato nel gorgo di quello che succede. Qui, per continuare un confronto che torna alla mente, sono lontane anni luce una certa passione per la propria giovinezza, la leggerezza pacificata di alcuni brani dei romanzi di Coe e la sua amara poesia, eppure si resta incatenati al racconto perché si riconosce che è l’altra faccia d’una stessa medaglia: quegli anni, decisivi, nei quali il mondo pareva avere ancora orizzonti ma c’era già chi viveva, senza saperlo fino in fondo, con i piedi infilati nel cemento. Nel libro più affollato, il terzo, Speranza (dopo Non importa e Cattive notizie), durante una lussuosa festa Patrick comincia a pensare di poter perdonare la perversione di suo padre grazie ad una analisi attenta e profonda, non scevra dall’ottimo ricordo che il perfettamente perfido, all’apparenza, e, sicuramente, morto David ha lasciato in alcuni amici di famiglia. Patrick capisce, trova una strada e s’avvia verso Latte materno, altro capitolo nel quale l’autore scrive alcune fra le più belle pagine sull’infanzia grazie ai due piccoli Robert e Thomas: un cinquenne alle prese con la perdita della libera ‘barbarie’ primigenia in virtù della parola e del pensiero astratto che in essa si può concretizzare, e il fratello neonato, un piccolo intelligente uomo che pare considerare con meraviglia ogni secondo della sua straordinaria esperienza. Patrick continuerà, anche qui, ad incassare ingiustizie, ancora dalla debole, malata madre. In ultima analisi viene da pensare che Patrick sia l’antitesi dell’eroina di Stieg Larsson, la vendicativa Lisbeth Salander protagonista della trilogia Millennium e qualche volta la si invoca. Ultimo capitolo in libreria dal 2013 Lieto fine…Bello sapere che gli anni 2000 hanno prodotto questo immane pezzo di letteratura (oltre 700 pagine che continuano a raccontare questi giorni mentre le leggiamo: anche la famiglia, la filantropia, la mitezza, la genitorialità sono nevrotiche se un adulto non ha chiari i motivi per cui le ha scelte/le sceglie ogni giorno, fino al motivo peggiore, inconfessabile, in fondo a quello spazio chiamato coscienza?). Un affresco filosofico e feroce dell’esperienza del sentimento senza abbandonare la razionalità. Già un classico da non perdere, non solo per l’estate… (Serena Grizi)
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