I LIMITI DELLO SVILUPPO 50 ANNI DOPO
Ricorre nel 2022 il cinquantesimo anniversario della pubblicazione del celebre Rapporto commissionato dal Club di Roma al MIT di Boston dal titolo “The Limits to Growth“, tradotto in italiano con “I Limiti dello Sviluppo” e pubblicato nel 1972 dalla Mondadori. Come noto il “Club di Roma”, fondato nel 1968, è una associazione non governativa, non-profit, di scienziati, economisti, uomini e donne d’affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici internazionali e capi di Stato di tutti e cinque i continenti, e si chiama così perchè i suoi fondatori si sono riuniti la prima volta a Roma nella sede dell’Accademia dei Lincei. Mentre MIT è l’acronimo comunemente usato per indicare il Massachusetts Institute of Technology, prestigiosa università dell’area di Boston.
La pubblicazione ebbe un gran riscontro, ma con un consenso notevolmente contrastato perché fu diversamente considerato e accettato il ricorso al concetto di limiti alla crescita e, tanto meno, allo sviluppo. ll Club di Roma ne risentì positivamente in termini di riconoscimenti a livello internazionale. Tra i primi a riconoscere la validità delle tesi del Rapporto furono i movimenti ambientalisti, figli abbastanza diretti del 1968.
Lo studio, basato sulla simulazione al computer World3, predice le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana, e si può dividere in due grandi capitoli: diagnosi e terapia dei limiti dello sviluppo. Diagnosi e terapia proposte dal Rapporto sono sufficientemente note, ma col passare dei decenni è verosimile che i più giovani sostenitori di questi argomenti non le conoscano perfettamente, e tendano a riproporle come attuali. Perciò ci sembra utile ricordarle.
La diagnosi: nell’ipotesi che la linea di crescita riscontrata fosse continuata inalterata nei cinque settori fondamentali -popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di alimenti, consumo delle risorse naturali – l’umanità avrebbe raggiunto i limiti naturali dello sviluppo entro i successivi cento anni a causa della eccessiva crescita demografica mondiale in rapporto alle risorse alimentari e alle dinamiche ambientali.
La terapia: è possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare una condizione di stabilità ecologica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di equilibrio globale potrebbe essere definita in modo tale che ne risultino soddisfatti i bisogni materiali degli abitanti della Terra e che ognuno abbia le stesse opportunità di realizzare compiutamente il proprio potenziale umano; se l’umanità opterà per questa via le probabilità di successo saranno tanto maggiori quanto più presto essa comincerà a operare in tale direzione.
I ricercatori del MIT, dunque, in modo autorevole cominciarono a porre il problema dei “limiti” allo sviluppo ipotizzando una società sostanzialmente stazionaria che riduca al minimo i consumi di risorse e il suo tasso di sviluppo realizzando quella che venne definita “crescita zero”.
Oggi, 50 anni dopo il Rapporto del MIT i problemi alla base dei “dilemmi dell’umanità” rimangono abbastanza inalterati nella sostanza. Ma, con crescente consapevolezza, a questi se ne aggiunge un altro che non guarda in faccia a nessuno, e trasversalmente riguarda tutti: il problema dei mutamenti climatici che induce a paventare lo stesso rischio della estinzione della specie umana.
In occasione del cinquantesimo anniversario della pubblicazione del celebre rapporto del MIT, la Rivista scientifica “Culture della S ostenibilità” ha pianificato l’uscita di un numero speciale e invita tutti a proporre dei lavori sul tema “I limiti dello sviluppo italiano“, entro 31 Maggio, 2022.
Come prospettato dal famoso Rapporto del 1972, anche per il numero speciale sono previsti due filoni di contributi. Il primo filone raccoglie contributi ad un approccio per così dire “diagnostico”, ovvero:
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- discussione sui fattori da prendere in considerazione al fine da avere un quadro del Paese dal punto di vista ambientale e delle possibilità di cambiamento;
- se o come i temi del limite e della sostenibilità sono entrati in Italia e quali fortuna (o sfortuna) hanno avuto e sul dibattito a proposito di transizione ecologica, progresso e modernità;
- come questo ambiente si è andato formando nel corso degli ultimi decenni per l’intreccio tra processi di globalizzazione, politiche nazionali, politiche locali, dinamiche del sistema economico e della società civile e – last but not least – da come vi hanno influito lobby, think tank, media main stream, fondazioni private, ecc..
Il secondo filone raccoglie contributi ad un approccio per così dire “terapeutico”, ovvero quali potrebbero essere le terapie da adottare per contrastare le diverse cause di degrado. La Rivista ne suggerisce almeno dieci. Tra esse ne riprendiamo soltanto una, perchè se ne parla tanto in questi giorni, ossia:
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- limiti del modello energetico – dipendenza da fonti fossili, impatto di oleodotti, gasdotti, rigassificatori, impatto sull’ambiente marino da parte del traffico di petroliere, problematiche dell’eventuale ritorno al nucleare, problematiche di altre fonti come l’idroelettrico, l’eolico, il solare, il geotermico.
Non ultimo, il tema del modello energetico per l’Italia è stato affrontato anche dal Presidente del Consiglio Mario Draghi durante l’informativa urgente alla Camera dei Deputati del 25 Febbraio, dal 18esimo minuto alla fine: https://www.youtube.com/watch?v=-5RY_qkDjzE
Ci sono spunti e idee anche per un ciclo di Dibattiti a livello locale, che vadano oltre le tesi preconfezionate per affrontare il tema dello Sviluppo Sostenibile con una visione sistemica.
Per finire, una frase attribuita a Margaret Chase Smith, una delle prime donne della politica statunitense: “Una delle cause principali di tutti i problemi nel mondo d’oggi è che la gente parla troppo e riflette troppo poco. Agisce impulsivamente senza riflettere”
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