I libri e le furie
Pasquale Di Palmo, poeta e traduttore di Corbière, si è già occupato di surrealisti e delle ossessioni messianiche di Artaud per conto dei tipi di Stampa Alternativa. La Collana I libri dell’Arca, nella sezione dei saggi critici curata da Marco Ercolani, pubblica questo titolo (Edizioni Joker, 2007) paradigmatico dei rispettivi contenuti attraverso un viaggio nel corso novecentesco più visionario e sregolato, sul fil rouge di una follia che prevede, come punto di partenza, la furia di un gioiello della portata di Une saison en enfer. Jacques Guérin, l’inguaribile bibliofilo, pressoché centenario e personaggio d’altri tempi, ritrova e detiene nel silenzio del suo studio il manoscritto per oltre cinquant’anni, finché non evolverà nella condizione di disfarsene mettendolo all’asta. Attraverso rarità librarie, Di Palmo scandaglia fatti e circostanze tracciando le vicende relative alla biografia dei rispettivi autori trattati. “Libro pagano, o libro negro” è quello che lascia le sue tracce tra Roche, Londra e Bruxelles. Sullo sfondo il controverso rapporto culminato col ferimento dello “Sposo Infernale” e l’arresto della “Vergine Folle”, epiteti usati da Rimbaud per sé e l’amico Verlaine. Cinquecento copie mai saldate e perlopiù lasciate in giacenza presso il tipografo sono quanto resta in Europa prima che l’autore si dedichi a tempo pieno al contrabbando in Africa. Con Alfred Jarry, l’eccentrico e stravagante nella Parigi dei primi del Novecento, ripercorriamo le vicende della commedia Ubu Roi e le sue paternità multiple. Alcolismo ed ogni altra sorta di eccessi caratterizzano l’artista in una forma di riduzionismo degli spazi abitativi come pure esistenziali, fintanto da intraprendere un “suicidio programmato” con sconcertanti premesse. Gedichte è l’unico libro in vita dell’austriaco Georg Trakl, una silloge dove prevale l’allegoria del colore; preminente su tutti l’azzurro, insieme ad un “controverso rapporto con la sorella”. Volontario nel ’14, tra sensi di colpa e manie suicide, ricorre alla cocaina morendo in seguito ad una overdose. Tre anni dopo, sua sorella Grete, si sparerà un colpo al cuore. Artaud, dopo il suo soggiorno in Messico, vive in un labirinto di magie e allucinazioni fino all’epilogo del viaggio iniziatico irlandese sulle orme di S. Patrizio ed i conseguenti ricoveri con numerosi elettrochoc. Ridotto a una larva umana ma dotato ancora di “vis polemica”, persino più cruenta di Céline, ci lascia la stampa di quello che è anche un “piccolo capolavoro di arte grafica” in odore di be-bop, oltre che resoconto di un voyage au pays des Tarahumaras. Gilbert-Lecomte, autore del saggio Après Rimbaud la mort des Arts, condivide le vicissitudini della rivista Le Grand Jeu con René Daumal e provocatoriamente considera “l’uso regolare e progressivo delle droghe” il “solo suicidio moralmente lecito” aprendo all’esoterismo per scardinare le porte della percezione. Altro “eretico” del surrealismo, prodigo di “lirismo violento” e precursore di neoavanguardie. Il belga Henri Michaux vive in un proprio mondo parallelo ed immaginario, fintanto da riuscire a percepirlo nella sua consistenza geofisica. Resta di monito quanto lui stesso afferma: “un visionario non può durare a lungo”. Si conclude con Tancredi Parmeggiani, pittore maledetto, e le suetredici facezie stampate a Milano nel ’61. Tra gli outsider forse privi di stampe editoriali appetibili, viene da pensare – tra gli altri – a Otto Dix, pittore tedesco degli anni Venti, ossessivo e seriale coi suoi macabri soggetti, delitti incompiuti o piuttosto espressi nell’arte. Del resto la storia ci ha lasciato anche qualche pittore fallito, come Adolf Hitler, che aveva sì il temperamento dell’artista ma che, purtroppo, si è poi dedicato anche alla politica.
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