I Giubilei nella diocesi tuscolana
In un mondo dilaniato da una ‘guerra mondiale a pezzi’ come l’ha definita il papa e in un tempo in cui si assiste ad un vero cambiamento d’epoca, Francesco ha indetto il Giubileo del 2025 e, come avviene ormai da alcuni anni giubilari, l’Anno Santo si apre non solo a Roma con la porta santa della Basilica di San Pietro (e delle altre chiese basilicali), ma anche – quasi contemporaneamente – in tutte le diocesi del mondo cristiano e – particolare significativo con papa Francesco – quest’anno anche in un carcere della Capitale. Con la bolla Spes non confundit, ad un mondo frammentato, confuso e sfiduciato, che quasi non confida più nel futuro, Francesco offre la prospettiva di una Speranza “che non delude’, anzi invita a “guardare al futuro con speranza equivalente anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. E’ lo sguardo con cui portare ‘carità’ – non certo solo elemosina – in tutte le situazioni e circostanze della vita soprattutto cercando di rendere afoni quanti ancora oggi sono ‘profeti di sventura’ come li avrebbe definiti papa Giovanni XXIII.
Oggi, chiunque può informarsi sulla storia dei giubilei anche mediante le numerose pubblicazioni diffuse in questi particolari avvenimenti, o su qualsiasi Wikipedia in Internet (andandoci però con cautela in quanto spesso molte notizie vanno verificate in merito all’autenticità storica).
E’ nota l’origine nell’Antico Testamento di questa celebrazione nel popolo d’Israele. Giubilei della Chiesa cattolica – secondo quanto affermano gli storici della Chiesa – sono stati 26 più 5 straordinari, a partire da quel primo giubileo indetto da Bonifacio VIII nel 1300. AI numerosi giubilei ‘ordinari’, (dapprima ogni cinquanta anni, poi ogni 25), vanno aggiunti quelli straordinari per particolari circostante o scadenze. Tra gli ultimi giubilei ‘straordinari’ va ricordato quello di papa Francesco del 2015 che, con la bolla Misericordiae Vultus, indiceva il Giubileo per il 50° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, dedicandolo al tema della misericordia, e lo ‘anticipava’ nel novembre 2015, aprendo la porta santa della Cattedrale di Notre-Dame di Bangui, come segno di vicinanza alla Repubblica Centrafricana, che usciva da una sanguinosa guerra civile. La porta santa della Basilica vaticana invece veniva aperta l’8 dicembre 2015, nella festa dell’Immacolata. Mentre data all’inizio del 1500 la cerimonia dell’apertura della prima ‘porta santa’ (e delle altre tre basilicali) con papa Alessandro VI (Borgia).
Se sono note in genere le vicende storiche e sociali dei tempi in cui sono stati celebrati i giubilei, una ‘ricognizione’ sulle modalità con le quali venivano vissuti dal popolo di Dio nelle diverse diocesi è tutta da studiare e verificare. E in questo caso la documentazione in merito è per lo più molto carente come avvenuto per la nostra diocesi tuscolana che, nel suo ordinamento territoriale quasi ‘definitivo’, si può far risalire al principio del 1500. Ora nei nostri archivi diocesani non resta molto sulla partecipazione popolare ai diversi giubilei nel corso dei secoli, ma qualche notizia la si può comunque recuperare. Per prima cosa tuttavia occorre non dimenticare che il Giubileo, pur coinvolgendo tutte le diocesi del mondo cristiano, si teneva ‘materialmente’ e liturgicamente in Roma, in cui dovevano affluire i pellegrini dalle varie chiese locali. Era allora tutto un accorrere, sia individualmente che comunitariamente, ed in forma penitenziale, onde lucrare le indulgenze apposite, varcando la porta santa della Basilica di San Pietro e visitando successivamente le altre basiliche e anche altre chiese che poi, nel gergo popolare, si venne a definite come il ‘giro delle sette chiese’. I pellegrinaggi, specialmente dalle diocesi suburbicarie (ma non solo) avvenivano a piedi, attraverso percorsi non sempre agevoli perché non c’erano certo le odierne strade asfaltate, e anzi, a volte non esistevano nemmeno strade degne di questo nome, ma solo sentieri, alcuni dei quali abbastanza impervi se consideriamo solo i Paesi della nostra diocesi inerpicati su colline e monti raggiungibili solo a piedi o a dorso d’asino. Nei pellegrinaggi giubilari, alla testa di tanti di questi cortei oranti e salmodianti, precedute da croci e stendardi, si ponevano le varie confraternite religiose che – almeno a Frascati – vengono costituite solo agli inizi del 1500.
Pur nella limitata documentazione archivistica su tali pellegrinaggi, tuttavia, qualche rara testimonianza, ma molto importante, la possiamo ‘ripescare’ almeno per alcuni periodi. Una delle prime ‘testimonianze’ (del 1834 ma riferita ai primi del ‘500) la ricaviamo dalla visita pastorale del card. De Gregorio in cui viene annotato che il quadro (l’icona) del SS.mo Salvatore (risalente al XIV-XV secolo e conservato in cattedrale), per “la prima volta fu portato in processione il 14 agosto del 1525, anno del giubileo, ma per il concorso di numeroso popolo che vi era non si poteva gittare un grano di miglio per la strada e, dai gridi della moltitudine che dimandava le grazie, non faceva sentire le preci dei Sacerdoti e Capitolari! La folla che implorava grazie era certamente molto numerosa e non facilmente …’inquadrabile’(cf. Stato della Ven. Conf.ta del Confalone di Frascati, 1834, p. 682). Quanto riportava il cad. De Gregorio non è che la conferma di una tradizione secolare che accompagnava i pellegrini tuscolani in tutti i giubilei.
E, sempre a proposito di confraternite – un secolo dopo – quanti a Frascati affiancavano San Giuseppe Calasanzio per le iniziative di culto e le opere di carità, si aggregarono chiedendo “di poter erigere una Confraternita tanto di uomini che di donne”. Il che fu fattibile solo il 21 aprile del 1625 (anno del giubileo) sotto la denominazione di ‘Madre di Dio delle Scuole pie di Frascati’, con l’approvazione da parte di Urbano VIII. E quell’anno, 1625, anche la Confraternita della Madonna delle Scuole pie, fornita di crocifisso, lanternoni e sacchi (abiti religiosi) con priori e prioresse in testa, partecipava al Giubileo.
Altra notizia ‘giubilare’ la si trova nel maggio 1650, quando si radunarono insieme gli ‘officiali’ delle Confraternite del Ss.mo Sacramento e del Gonfalone per decidere di partecipare all’Anno Santo, per cui, onde affrontare le spese organizzative, si accentuarono le iniziative per chiedere contributi, anche con “far la cerca per la città con entrambe le confraternite per poi dividere il ricavato per le spese”, onde “provvedere agli alloggi et hospizi” per le confraternite, e dare ordine per “li nuovi stendardi con trattare con pittori diversi”. Ma poiché, il tempo passava, si decise di andare a Roma per il primo di ottobre (1650), e tuttavia, “considerando che a differir tanto era d’incommodo per li cittadini per la vendembia e sementi epperò si procurasse d’andar prima”. Se, e che tipo di partecipazione poi vi sia stata e come abbiano risolto i problemi non è dato sapere perché purtroppo, dal settembre del 1650, parte dei verbali è andata perduta.
Grande partecipazione invece, minutamente descritta nei suoi particolari, è quella del Giubileo del 1675 (durante il pontificato di Clemente X) allorché le due “compagnie del Gonfalone e del SS.mo Sacramento” si recarono a Roma nelle basiliche di S. Pietro, S. Paolo e S. Giovanni e, “in un giardino vicino San Gregorio hebbe la nostra Compagnia il rinfresco”, quindi “in cammino per S. Maria Maggiore e poi a Monte Cavallo” (Quirinale), dove ebbero la benedizione del papa. Nonostante alcuni problemi soprattutto sulla disposizione dei cortei e durante il tragitto, “la processione per grazia di Dio andò modestissimamente e in particolare le donne quali edificorno con la loro modestia chiunque le vidde e diedero esempio et insegnorno il modo come si deve andare quando si serve a Dio”!
Erano, pertanto, soprattutto le confraternite che organizzavano e si mettevano alla testa dei pellegrinaggi popolari diocesani e così per i pellegrinaggi dei singoli paesi. Sui successivi giubilei si avrà modo di soffermarci in seguito.
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1900 . Medaglia per l’Anno Santo indetto da Leone XIII
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