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“I demoni beati…”, zibaldone di frammenti, il nuovo Permunian…

“I demoni beati…”, zibaldone di frammenti, il nuovo Permunian…
Gennaio 29
18:18 2024

Leggere Francesco Permunian è per prima cosa divertente, e forse in questi termini se n’è già scritto. Divertente da quel devertere che conduce per cammini più o meno impervi, primaverili strade sterrate, sentieri nel bosco accanto alle felci seguendo, perfettamente accomodati in poltrona, un pensiero ludico e mortale perché, certe volte, felici lo restiamo per poco chiedendoci, proprio mentre lo siamo, quando finirà.

Il presente I demoni beati. Bracconaggi e scorribande in distretti di caccia riservata, Oligo editore,  potrebbe apparire anche un cofanetto di piccoli gioielli ben fatti, e rari, estremamente gradevole da esplorare pur se l’intenzione del suo curatore/autore, magari non era proprio quella del boîtes à bijoux. Mistero non del tutto svelato, nemmeno dalla stampa specializzata: nel caso Permunian, di mistero, se ne conserva sempre un po’. Dentro lo scritto c’è il meglio di alcuni ritagli che occupano una soffitta intera, ci racconta, e chiama a testimone Piergiorgio Bellocchio, altro conservatore seriale di notizie e curiosità: un lavoro di cesello (per forbici e cartelle) gradito ad altri che conosciamo che può produrre diversi effetti muovendo da curiosità, necessità di vedere rappresentato il proprio mondo/pensiero per mezzo d’un puzzle di cogitati altrui. Puro divertimento mentre lo si pratica, puntaspilli per ricordare meglio le cose lette di sfuggita che altrimenti sparirebbero.

Il divertimento prosegue piluccando fra i temi cari al nostro (potete leggerlo in fretta e poi tornare su quanto scritto e starci anche qualche giorno): l’invecchiare, i demoni prodotti dalla mente, le pubblicazioni spazzatura dell’editoria consumista; la perdita (e non è detto che una ‘categoria’ non finisca nell’altra)… Per non perdere si colleziona, si giustappongono, ad occhio, le cose per noi importanti in un’apparente, finissima, rinfusa, così da ricostruire atmosfere che crediamo perdute ma nelle quali, invece, il lettore rintraccia sue fisime già perpetrate; stesse abitudini rintracciate in altri ma con mezzi diversi (chi l’ha detto che non esiste/esisterà una letteratura del ritaglio per e-mail; del commento arguto da social...è vero, sembra tutto molto confuso eppure gli autori persistenti, anche in quest’ambito tanto intasato, sono pochissimi…).

Lo scorrere del tempo ne I demoni beati è chiaro e questi demoni, nell’accezione di ispiratori di passioni inesauribili, si intendono meglio quando si legge degli scrittori raccolti, dei loro amati pregi e difetti: come l’ironia caustica di Comisso che scrive a Mondadori, in un coacervo di ragionamenti che poco hanno d’industria e molto di laboratorio; Calvino che fa il giornalista di ritorno da una mostra londinese sul crimine; l’attacco d’un passaggio di Primo Levi che non può essere che il suo, per l’onestà incrollabile dell’uomo e dello scrittore. Poi, c’è poca (o nulla) presenza femminile (se ne dice così male da far male: donne che leggono libri che gli cambierebbero ogni volta la vita, sono donne con quante vite? perciò poco credibili…come scrittrici valide? Come donne?): insomma, questa traccia d’una letteratura e d’una critica letteraria ‘coi pantaloni’ è una fra le cose che ci colpiscono per irragionevolezza, è chiaro, proprio in questa precisa opera dello scrittore: poiché in altre letture dello stesso, senza scandalizzarci, non abbiamo capito altre soluzioni. Ma questo non è che un buon segnale. Leggendo un autore come Permunian, infatti, non è necessario capire tutto. Subito. Il frammento, il ritaglio, il dialogo breve, la citazione da epistolario, lavorano creando, quando meno li si aspetta, cortocircuiti, luccicanze déjà vu capaci di incollare assieme coriandoli o riverberi di realtà diverse, che a nostra volta possiamo decidere di appiccicare sul nostro ‘quaderno delle scoperte’ o riscoperte personali, trascinandoci dietro, assieme alle nostre, granelle, nebbie, ubbie, del nostro autore. Non è necessario neppure conoscere tutti i letterati e artisti di cui scrive (ubriachi, falliti, soli, eleganti, che scrivono di altri), perché verranno a cercarci o li troveremo sulla nostra strada assieme ad altri (e se non li troveremo capiremo improvvisamente com’è che non è successo), nell’eterno girotondo del mondo. Della letteratura. Riconoscendocene un po’ figli.

«(…) Il qual ciarpame cartaceo, ci tengo a precisarlo, rappresenta tuttavia soltanto la punta estrema – quella più visibile – di un singolare iceberg: stipati alla rinfusa su in soffitta, tra polvere e ragnatele, giacciono infatti svariati metri cubi di carta straccia che occupano pressoché l’intera superficie di quel locale col rischio, nient’affatto remoto, che prima o poi tutta quella paccottiglia mi crolli in testa.

Orbene, tale ingombrante ammasso (lo si sarà ormai intuito, spero) è il frutto bacato e perverso delle mie letture. Letture di una vita intera. Una vita interamente passata sui libri, ripeto, che alla fin fine ha prodotto una montagna di carta lungo i cui tornanti io stesso non riesco più a raccapezzarmi.»

Scrive così, di se stesso, l’autore, ma scoprirete, giocando a vostra volta, che proprio così non è: e ogni volta ci dona qualche pezzetto del suo atlante umano, stavolta con la Prefazione di Luigi Mascheroni e i Disegni di Roberto Abbiati. (Serena Grizi)

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