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I DE ANGELIS ESPONGONO A VELLETRI PER LA VII EDIZIONE DEL VELLETRI WINE FESTIVAL NICOLA FERRI

I DE ANGELIS ESPONGONO A VELLETRI PER LA VII EDIZIONE DEL VELLETRI WINE FESTIVAL NICOLA FERRI
Settembre 23
06:25 2019

Una famiglia che è un eccellenza italiana

I DE ANGELIS ESPONGONO A VELLETRI PER LA VII EDIZIONE DEL VELLETRI WINE FESTIVAL NICOLA FERRI PROPOSTA ALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE LA CITTADINANZA ONORARIA VELITERNA PER IL MAESTRO ADRIANO DE ANGELIS

Legati a Luigi Magni e Lucia Mirisola da una grande e profonda amicizia hanno concesso in permanenza al Museo inaugurato lo scorso anno alcune sculture di scena utilizzate sui set de “Nell’Anno del Signore” – “In nome del Papa Re” – La Tosca e una Madonna in gesso sulla quale Magni ha girato l’ultima scena della sua carriera cinematografica

I  laboratori della famiglia De Angelis sono i  più grandi e sicuramente  più gloriosi di Cinecittà. Lì viene inventato di tutto, e tutto prende forma. Perché Adriano, 82 anni portati garibaldinamente, è uno scultore, figlio, nipote e padre di scultori: «Lavoriamo con gli scenografi del cinema, e realizziamo ogni tipo di scenografia. Di solito, firmiamo un accordo con la produzione così teniamo una copia in gesso per fare le riproduzioni della nostra opera». Il risultato di decenni di lavori è un incredibile, immenso, cavernoso laboratorio fabbrica-magazzino in cui sono inzeppati migliaia di “pezzi”, letteralmente parlando, che fanno la storia del cinema. (dalla prima di economia) AUN fianco dell’ entrata c’ è una grande statua di Cristo in plexiglass. «La portava un elicottero sui cieli di Roma nella scena iniziale della Dolce vita ». All’ altro lato, statue di Giove, Giunone, Mercurio…«Le abbiamo preparate per La caduta dell’ impero romano del ‘ 64 con Sofia Loren». Varcata la soglia, ecco l’ antro dove sono accatastati i cimeli come in un’ immensa bottega-magazzino di antiquario. Qui ancora si lavora, «ma molto meno», precisa. «Un tempo avevamo tanti apprendisti, ora sembra che non ci sia più né lavoro né gente che vuole farlo». Tutto ha il sapore della nostalgia: Adriano scoperchia polverose scatole di legno, mostra divertito i suoi oggetti che alla fine non si capisce più se sono copie create per il cinema oppure originali messi lì per puro gusto di collezione: la macchina da scrivere Olivetti del 1935, le prime calcolatrici meccanografiche degli anni ‘ 50. «La verità è che mi piace raccogliere oggetti tipici di un’ epoca, che ne perpetuano la memoria. E poi mi servono come base diciamo ideologica per ricostruire atmosfere, ricreare ambienti, inventare arredamenti di scena». La fama di Adriano è arrivata a Hollywood: «Questi sono i giganti che ho fatto per Spartacus con Kirk Douglas». Non solo film:  “Stiamo lavorando per una produzione su Roma antica che ci impegna molto ma il tempo è poco”. Tutto cominciò nel ‘ 34: «Mio padre Renato iniziò a lavorare nel cinema negli studi Titanus,e nel ‘ 42 si trasferì qui nella neonata Cinecittà». Seguirono anni di gloria, che Adriano ha vissuto in pieno. «Fuori di qui si continuano a fare film, diciamo che abbiamo tanti piccoli lavori coni quali ce la caviamo. Ma Cinecittà è l’ ombra di come me la ricordo». Tutt’ intorno alla sua bottega, con l’ insegna sbiadita scultura con i caratteri dell’ architettura del regime, lo spettacolo è desolante: muri sbrecciati, vialetti pieni di buche. «Le grandi produzioni, quelle che davano lavoro a tutti, sono finite. L’ area con il villaggio western è stata venduta al centro commerciale. Qui rimpiangono ancora Gang of New York di Scorsese, ma sono passati dieci anni». Il suo vero rimpianto, gli si legge negli occhi e aleggia nell’ atmosfera, si chiama Fellini. In un angolo c’ è un disegno del maestro, uno di quelli con le bamboline stilizzate e i fili come dei burattini. «Me l’ ha fatto per farmi vedere come voleva una scena di Ginger e Fred. Ma a quanti film ho lavorato con lo scenografo Dante Ferretti, La Dolce vita, Satyricon, Casanova…» Mille sonoi ricordi, un po’ dappertutto: sculture, vetrate decorate, perfino i resti di una mongolfiera a forma di donna fatta in lattice gonfiabile. «Quand’ era aperta nella Città delle donne, era alta più di otto metri». Usciamo di fuori, ed ecco il teatro 5: «Ora ci girano le puntate di Amici», dice Adriano con un sorriso malinconico. «E laggiù c’ è la casa del Grande Fratello, la chiamano casa ma è un set», una conferma in una battuta che il reality di reale ha solo il nome. Come tutto, qui a Cinecittà.

 

«Siamo una famiglia di scultori. Mio nonno Angelo avviò la professione nel 1919 in via Angelo Emo a Prati. Poi mio padre Renato ha proseguito e siccome a Prati nun ce se entrava più è venuto qua a Cinecittà. Era il 42 e all’epoca questo tipo di lavoro andava di moda». L’investitura di Adriano merita di essere ricordata: «Nel ’76 papà mi dice: Ho deciso che da domani tocca a te. Lui s’è ritirato e io so’ subentrato. Tra un po’ come ho fatto con i miei figli Angelo e Alessandro. Sono nato nel 1937 come Cinecittà ma io so’ di novembre e sono più giovane di sei mesi». Di attori, registi e quant’altro ne ha visti passare a bizzeffe nel suo studio dove ci sono anche opere acquistate oppure ricevute in regalo. «Siamo diventati anche collezionisti. Ho pure una copia del Poseidone donata dalla regina Federica di Grecia». Sacro e profano convivono allegramente. Davanti alla porta d’ingresso una deliziosa ballerina decò sembra sfiorare una Madonna con Bambino di michelangiolesca memoria. «La Madonna è stata usata recentemente in “Monuments Men” con George Clooney. La ballerina invece fu fatta per “Salon Kitty” di Tinto Brass. Stava in una casa di tolleranza. Per me la Madonna combatte la ballerina scandalosa». Poco più là un’altra madonnella da edicola a mezzo busto con il manto azzurro. «Quella lì era in una delle scene finali de “La Carbonara” di Luigi Magni» spiega Adriano commosso. «Gigi era amico mio, aveva un grande amore per Roma e per questo posto» dice il Maestro accarezzando una testa calva con gli occhi che sembrano truccati con il kajal. «Se la ricorda? Cleopatra, alias Elizabeth Taylor, le dipingeva gli occhi» A proposito l’ha vista la Liz? «Macché, io stavo sempre là vicino al set ma la diva aveva probito di far avvicinare chicchessia». L’entrata di Cleopatra a Roma è stata girata lì vicino. «L’ha fatte mio padre le due grosse statue di guerrieri al centro della spina». Dove sono ora? «Be’ so state distrutte dopo il film. Nun se potevano trasportà». Restano invece tante statue di dinità egizie sfruttate in tutte le salse. E che c’è rimasto di Ben Hur? «Statue romane, bassorilievi. Ce n’è uno qua fuori. Sta dietro a quello di “Quo vadis”».Tra busti di imperatori romani, eroi del Risorgimento, illustri musicisti, quadri con martiri e santi («so’ quelli di “Storia di una monaca” con Audrey Hepburn) spunta una vasca da bagno («è nel “Il talento di Mr Ripley” ma se vede un attimo») e soprattutto il soffito a cassettoni di legno realizzato per «Il gattopardo» di Visconti. Dal quale pende un lampadario di «Morte a Venezia» e due lampade del «Salò» pasoliniano. Usciamo e un Cristo benedicente ci accoglie: «È quello della scena iniziale della Dolce Vita di Fellini. Dovrebbe stare in un museo invece è alla mercé delle intemperie. Come una gigantesca aquila a ali spiegate. «Questa qui s’è fatta tutti i film dell’antica Roma, pure Ben Hur. Serviva anche per uno show della Rai ma il conduttore non la voleva:”è fascista” ha detto. Che roba!». Vicino ci sono fauni, cavalli imbizzarriti perfino la vergine di Norimberga del film gothic-orror omonimo con Rossana Podestà e il braciere commissionato da il “Gladiatore”.Tutto questo è la storia di quattro generazioni di scultori che vivono per le loro opere e per tramandare la memoria del grande cinema italiano. Adriano legato al maestro Magni e alla signora Mirisola da una profonda amicizia ha accettato di collaborare fin dai primi passi del progetto museale dedicato al grande autore romano lasciando a Velletri alcuni pezzi della sua collezione di questo lo ringraziamo di vero cuore. Ed ora i figli Alessandro e Angelo hanno preso a cuore questa amicizia con la nostra città rispondendo positivamente ad ogni stimolo di collaborazione. Per questo visto che il vigente regolamento comunale sulla concessione della CITTADINANZA ONORARIA VELITERNA prevede il conferimento della stessa a personalità con provate benemerenze a favore della comunità locale o nazionale, il CIRCOLO ARTISTICO LA PALLADE VELITERNA con una nota rimessa al protocollo comunale in data 23 Settembre indirizzata al Sindaco Orlando Pocci – al Presidente del Consiglio Comunale Sergio Andreozzi e ai capigruppo consiliari ha proposto il conferimento della CITTADINANZA ONORARIA veliterna al maestro De Angelis per il suo alto contributo dato al cinema italiano.

 

 

 

 

 

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