I comuni dei Castelli Romani non sono in grado di sostenere il rilancio del turismo
In un recente articolo di Openpolis.it si sostiene, a ragione, che i Comuni possono dare un fondamentale contributo al rilancio del turismo in Italia.
Dopo il lungo periodo buio dovuto alla pandemia, l’inizio dell’estate e l’andamento della campagna vaccinale portano grandi speranze nella stagione turistica, per un comparto importante per il paese, fortemente penalizzato dall’emergenza sanitaria nell’ultimo anno e mezzo.
La conferma delle stime di crescita potrà realizzarsi non solo grazie all’iniziativa economica privata – che nel turismo è elemento fondamentale – ma anche con l’aiuto di politiche pubbliche di sostegno al settore turistico. In questo senso i Comuni possono e devono fare la loro parte, investendo risorse a vantaggio dell’attrattività dei territori.
All’interno dei bilanci comunali è compresa una voce di spesa chiamata “Sviluppo e valorizzazione del turismo“. Essa comprende una serie di azioni volte allo sviluppo dei servizi turistici, per la promozione, la programmazione e il coordinamento delle iniziative. Entrando nel dettaglio, in questa voce sono incluse le spese per sussidi, prestiti e contributi a favore di privati che operano nel settore turistico, ma anche il coordinamento per il trasporto pubblico, il servizio alberghiero o la ristorazione, oltre che le uscite di bilancio per la realizzazione di manifestazioni turistiche. Sono inoltre incluse le spese delle amministrazioni locali per gli uffici turistici di competenza, per le campagne pubblicitarie, la produzione e la distribuzione di materiale divulgativo a scopo turistico e volto al miglioramento dell’immagine del territorio. Sono infine considerate anche le spese per gli albi e le professioni turistiche, i contributi per la costruzione o la ristrutturazione di strutture ricettive di proprietà dell’ente (alberghi, villaggi o ostelli per la gioventù), per la promozione del turismo sostenibile, per manifestazioni di vario genere che abbiano come finalità prevalente l’attrazione turistica e per le politiche territoriali in raccordo a finanziamenti provenienti dallo stato o dalle autorità europee.
Di fronte a questo lungo elenco di iniziative da prendere e da finanziare, le risorse messe in campo dai Comuni dei Castelli Romani sono ben poca cosa – va rilevato che spesso i Comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. I dati della tabella, che mostrano la spesa riportata nell’apposita voce di bilancio del 2019, vanno dunque interpretati con cautela anche perché negli anni successivi le ristrettezze finanziarie hanno verosimilmente condotto ad una riduzione della spesa per il turismo che, nell’ambito del bilancio comunale, rappresenta molto meno dell’1 per cento.
Alcune osservazioni sui dati della tabella. Nel complesso i 17 Comuni dei Castelli Romani, con 355.000 abitanti, spendono poco più di un milione di euro, mentre Roma ne spende circa sei volte tanti con una popolazione di 2.873.000 residenti. La spesa dei Comuni dei Castelli Romani per turismo è, in media, di 3 euro per abitante e quella di Roma di 2 euro. In termini assoluti si tratta di bilanci di alcune decine di migliaia di euro nei Comuni più piccoli e di qualche centinaia di migliaia di euro per quelli di più ampie dimensioni.
Trarre conclusioni da alcuni dati che danno una visione parziale di un fenomeno molto complesso come il turismo, che vede come attori anche l’Area metropolitana e la Regione, è difficile. Tuttavia appare evidente che i Comuni dei Castelli Romani, che avrebbero potenzialità straordinarie, non dispongono di una vera politica di settore (per esempio non risulta che i vigili urbani siano fluenti nelle lingue straniere) e mettono in campo cifre sostanzialmente simboliche, pari ed uno o due caffè per cittadino all’anno laddove città che ne hanno una, come Venezia e Bologna, spendono cifre dieci volte superiori. Nei Castelli Romani siamo dunque ben lontani dagli obiettivi del PNRR che affidano la ripresa del turismo nel post Covid alle politiche pubbliche locali.
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