I CASTELLI ROMANI VIVACCHIANO E NON COSTRUISCONO IL PROPRIO FUTURO
Il mondo sta cambiando rapidamente ed in maniera radicale, ma non sembra che nei Castelli Romani vi sia un’intensa attività di elaborazione di scenari per affrontare le sfide immediate e future. Manca una bussola. I Comuni sono sulla difensiva: chiudere la discarica di Albano, evitare che venga eroso altro suolo per costruirvi inutili centri commerciali, porre rimedio al depauperamento del personale dei Comuni mediante assunzioni che non sempre rispondono ad un coerente disegno di sviluppo, insomma tutto al negativo e niente al positivo, al costruttivo. Né l’Area metropolitana, che ha sostituito la provincia di Roma, svolge un lavoro di raccordo e di indirizzo; al contrario l’ente presieduto ed egemonizzato da Roma non ha nulla da dire sulle politiche della capitale volte a scaricare sui Comuni limitrofi i suoi problemi come l’insediamento mostro di 2.500 persone di Santa Palomba e l’interramento della “monnezza” di Roma nella discarica di Albano.
Tale stato di cose è il risultato della combinazione tra il disinteresse dei cittadini per il futuro proprio e dei propri discendenti (prevale l’egoismo e non la solidarietà, si dà priorità alla soddisfazione delle necessità immediate e non all’investimento per il futuro) e la mediocrità, salvo rare eccezioni, della classe dirigente – la talvolta dileggiata élite che nella società svolge l’insostituibile funzione di guida spirituale e civile che elabora il senso delle cose e indica le strade da intraprendere. Il caso di Albano, città fulcro dei Castelli Romani, è paradigmatico: si naviga a vista, si fa una mediocre manutenzione dell’esistente e manca totalmente un progetto di sviluppo della città.
Questo quadro a tinte fosche non è una condanna divina. Vi sono esempi virtuosi. Prendiamo il caso di Rimini. Rimini è una città che, dopo la pandemia, è stata in grado di risorgere con il contributo di cittadini operosi e coinvolti nel proprio tessuto sociale e di una amministrazione comunale intelligente che svolge appieno la sua funzione di leadership. Non a caso a Rimini è in atto un intenso lavoro di programmazione della città su scala ventennale dal 2019 al 2039 a cui tutta la popolazione è chiamata a dare il proprio contributo al Comune che ha istituito un apposito “Ufficio del Piano Strategico” (vedi la foto).
Che sia un fatto genetico che pone i romagnoli un gradino al di sopra dei Castellani? Eppure noi avremmo alcune carte da giocare come l’elevato livello di istruzione della popolazione e la vicinanza e le opportunità offerte da Roma.
Attendiamo fiduciosi un futuro migliore per i Castelli Romani, ma chi lo costruirà?
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