I CASTELLI ROMANI: LA DISCARICA DEI PROBLEMI SOCIALI E AMBIENTALI DI ROMA
Il millenario rapporto tra Roma e i Castelli Romani non è stato mai semplice. Senza tornare ai tempi degli Orazi e Curiazi, si possono ricordare alcune decisioni della Capitale che sono andate nella direzione di scaricare i propri problemi sui Comuni del quadrante sud.
Iniziamo da dieci anni fa. Si trattava di tenere una funzione religiosa per Erich Priebke, gerarca nazista condannato all’ergastolo per aver partecipato e pianificato alla realizzazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. L’allora sindaco Ignazio Marino si è rifiutato di far fare le esequie a Roma per evitare problemi; anche il sindaco di Albano Nicola Marini aveva firmato un’ordinanza che vietava il passaggio della salma all’interno del territorio cittadino per evitare prevedibili atti di violenza. Ha avuto la “meglio” Roma: la funzione religiosa si è tenuta presso la residenza Pio X dei lefebvriani, enclave di preti tradizionalisti che non hanno alcun legame con il resto della città, Albano è stata posta sotto assedio dalla polizia, e si sono avuti tumulti per varie ore finché il feretro è stato furtivamente trasferito all’aeroporto di Pratica di Mare.
Alcuni anni fa è stata presa la decisione di costruire un nuovo complesso edilizio nell’estremo lembo del territorio di Roma a Santa Palomba che ospiterà 4.000 residenti romani in stato di disagio i quali, inesorabilmente, diventeranno de facto residenti dei Comuni di Albano, Castel Gandolfo, Pomezia (Roma da lì è lontana). Un ghetto senza servizi a ridosso su terreni a vocazione agricola; destino simile a quello adiacente di Borgo Sorano, complesso di 300 appartamenti di case popolari costruito nel 1999. Va ricordato che il Comune di Roma ha acquistato una serie di palazzine nel territorio di Albano – ironia della sorte, in via Roma – per ospitarvi cittadini romani disagiati.
Con la crisi dei rifiuti dei mesi scorsi, la sindaca Raggi, e poi il sindaco Gualtieri, hanno emesso ordinanze che hanno comportato l’interramento dei rifiuti di Roma nella discarica di Roncigliano di Albano, struttura già sull’orlo del collasso.
Più di recente è stata presa dal sindaco di Roma Gualtieri la decisione di costruire a Santa Palomba un inceneritore progettato per bruciare 600 mila tonnellate di rifiuti l’anno che devasterà, con i suoi fumi, il territorio. La contrastata decisione di costruire l’inceneritore è stata presa in base al fatto che a Roma la raccolta differenziata è ai minimi nazionali (e quindi bisogna bruciare tutto), laddove i Comuni dei Castelli Romani sono tra i più virtuosi. I sindaci di venti Comuni dei Castelli Romani hanno chiesto a Gualtieri un incontro per affrontare il tema, ma non sono stati nemmeno ricevuti. Il modo in cui gli amministratori della Capitale si rapportano con le “colonie” è emerso in occasione di un incontro tra il sindaco di Roma ed i rappresentanti di varie organizzazioni del territorio: all’assessore ai rifiuti di Albano non è stato nemmeno consentito di prendere la parola.
Che dire? Roma, che non è in grado di risolvere i propri problemi al proprio interno, ricorre al NIMBY, “non nel mio cortile” (not in my back yard), scaricandoli nei Comuni confinanti. Di fatto, dunque, l’area di Santa Palomba, ben distante dagli insediamenti di Roma, è diventata la discarica dei problemi sociali e ambientali di Roma. Siamo di fronte a un esplicito disegno della Capitale volto a produrre un degrado ambientale, un danno economico alle aziende e ai residenti, un declino della qualità della vita, un dissesto idrogeologico dell’Agro romano. E purtroppo la Città metropolitana di Roma è totalmente nelle mani del sindaco di Roma che la presiede, mentre i sindaci degli altri piccoli-medi 120 Comuni della ex provincia, i nani, devono soltanto subire, come nel caso di Priebke, lo strapotere del gigante.
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