“Calabiani” di Francesco Permunian
Calabiani – Antologia privata dei miei demoni infantili di Francesco Permunian, Oligo Editore. Con una nota di Rolando Damiani e di Licia Maione
L’autore – Premio Dessì 2019 – firma un nuovo e intimo testo dedicato alla sua terra delle origini. Un Polesine di ossessioni e demoni infantili raccontato in un prosimetro accompagnato da fotografie e locandine storiche. La terra delle origini, Ca’ Labia, sita nella punta più a sud della provincia veneziana, osservata a distanza di tempo (e di chilometri) attraverso un fiume di ricordi e restituita, con una narrativa a tratti satirica altre volte fin quasi scandalosa, come una realtà universale: una location da film western, ma anche un universo epico e spiazzante, abitata dai Calabiani, “persone normali” in un mondo in via di estinzione.
«C’è una lunga tradizione di romanzi con immagini che accompagna i Calabiani. A partire dal classico Bruges-la-morte di Georges Rodenbach del 1892, il fototesto ha avuto successi carsici e oggi sembra una possibilità molto apprezzata dai lettori e dagli scrittori più perspicaci. Basta leggere Francesco Permunian per entrare nel cosiddetto Life narrative. L’immagine si integra con la scrittura e dialogano assieme. Se non fosse per le rappresentazioni fotografiche vengono in mente le ossessioni di Permunian da Il libro mio di Jacopo Pontormo dentro al quale si muovono progetti, impressioni, annotazioni, umori. All’autore è caro anche Giovanni Macchia che in Trompeo e i preti scrive: «Nello scritto forse più impegnativo del volume, Ritratto di cardinale, dedicato al Bentivoglio, storico della guerra di Fiandra, Trompeo comincia anzitutto con la topografia: i luoghi dove uno ha abitato, ha vissuto, dove ci si illude che le cose abbiano trattenuto un po’ del segreto, della noia, della malinconia di una esistenza».
Coi Calabiani ci spostiamo nella regione della scrittura finzionale, o autofinzionale, ovvero in quel territorio della mappa in cui le fotografie sono funzionali al disegno dei personaggi e alle loro storie. Ci sono strutture paratestuali da rispettare attraverso la prosa, ci sono versi che hanno uno statuto da onorare secondo le modalità che l’autore impartisce. Con Permunian siamo nell’ambito della little ghost town che possiamo definire emblematico. Ambito nel quale è in buona compagnia tra grandi: i memoir fotografici di Sciascia, il Brecht di Abici della guerra, una certa Sontag. Per questo l’integrazione tra i diversi codici è un elemento complesso in cui Permunian è a suo agio in modo fantasmatico. I Calabiani è un testo significativo, un dispositivo verbovisivo in cui contaminazioni di forme, generi e registri puntellano la narrazione e si dipanano, abbracciandosi, in equilibrio su una fune nel vuoto.» (Davide Bregola)
Quando ripenso agli amici e ai compagni del Polesine
– sia quelli morti che quelli ancora in vita –
io me li immagino avvolti tutti dentro una nebbia umida e grigia che,
a distanza di anni, si ostina a salire dai campi della mia infanzia
FRANCESCO PERMUNIAN (Cavarzere, 1951) vive a Desenzano sul lago di Garda. Tra i suoi libri ricordiamo almeno Cronaca di un servo felice (Meridiano Zero 1999), Nel paese delle ceneri (Rizzoli 2003), Ultima favola (Il Saggiatore 2015), Costellazioni del crepuscolo (Il Saggiatore 2017), Sillabario dell’amor crudele (Chiarelettere 2019, Premio Dessì), Il rapido lembo del ridicolo (Italo Svevo 2021) e Giorni di collera e di annientamento (Ponte alle grazie 2021). Delle sue opere hanno scritto, tra gli altri, Andrea Cortellessa, Andrea Caterini Giulio Ferroni, Salvatore Silvano Nigro. Compare tra i Solitari di Davide Bregola (Oligo 2021). (1A Comunicazione)
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