I bambini del terremoto: il 94% di loro in Abruzzo e Marche sogna un futuro migliore
Lo rivela una ricerca dell’Istituto di Ortofonologia di Roma
L’équipe supporta 1.230 studenti e 180 insegnanti in 3 regioni terremotate
ROMA – Dopo 7 mesi di lavoro al fianco di insegnanti, genitori e alunni nell’elaborazione del trauma post terremoto che ha sconvolto l’Italia centrale, il 94% dei bambini supportati nelle scuole elementari dell’Abruzzo e delle Marche ha mostrato, sia pur con gradualità diverse, di poter immaginare un futuro riparativo dell’esperienza traumatica. I piccoli studenti dell’Italia centrale riescono quindi a pensare a un futuro migliore e a dirlo è l’equipe dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), accorsa nelle regioni Abruzzo, Marche e Umbria subito dopo le scosse del 24 agosto 2016 per sostenere 1.230 alunni e 180 insegnanti di 8 istituti comprensivi.
INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO PSICOLOGICO DEI MINORI
Nelle scuole di Montorio Crognaleto, Montorio al Vomano, Nerito (Abruzzo), nell’istituto comprensivo del Tronto e Valfluvione, ad Arquata del Tronto e Acquasanta Terme (Marche) è stata infatti condotta un’indagine conoscitiva sullo stato psicologico dei minori dopol’intervento d’aiuto durato tutto l’anno scolastico. I risultati della ricerca sono stati presentati ieri mattina al convegno romano su ‘Narrazione, trauma e salute: dall’individuo alla società’. “Il nostro obiettivo è rimettere in moto il processo immaginativo dei minori che hanno vissuto il terremoto– precisa Magda Di Rienzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO- per consentire loro di recuperare il prima possibile il senso della continuità dell’esistenza, interrotto dall’esperienza traumatica. Attraverso il processo immaginativo i contenuti affettivi, come l’angoscia sperimentata durante il trauma, possono ricongiungersi ai contenuti ideativi, quali il recupero del ricordo traumatico. Questo processo- chiarisce la psicoterapeuta dell’età evolutiva- consente di evitare la strutturazione della sindrome post-traumatica nei bambini”.
Magda Di Rienzo
“PERDERE LA CASA SIGNIFICA PERDERE IL SENSO DI SICUREZZA”
Al centro del modello d’intervento dell’IdO c’è il lavoro sul corpo attraverso attività mirate all’espressione delle emozioni. “Per far ripartire l’immaginazione in base alle differenti età abbiamo utilizzato una varietà di canali: attività grafiche, ludiche, narrazioni, laboratori creativi, di psicodramma, di motricità e i circle time. Con i bambini di 3 anni- spiega Andrea Cossu, psicoterapeuta dell’IdO e coordinatore del progetto Terremoto– partiamo soprattutto dal gioco, ma mano a mano che la fascia di età cresce aggiungiamo altre attività. Ad esempio, ai bambini della scuola primaria proponiamo i disegni, le narrazioni e la scrittura di storie. I ragazzi più grandi, invece, riescono a condividere e ad elaborare i propri vissuti emotivi nei momenti di circle time. Lavoriamo sulle loro emozioni più comuni: la rabbia, la paura, la tristezza e il disorientamento. Hanno perso le loro case, che subito dopo il terremoto erano diventate tende, così come la loro scuola- ricorda lo psicoterapeuta- e perdere la casa significa perdere il senso di sicurezza”.
Andrea Cossu
Da qui l’IdO ha deciso di sondare il livello di stress vissuto da questi minori attraverso la somministrazione di un questionario a 40 insegnanti, relativo alla valutazione dei rischi legati all’esperienza del terremoto in 684 studenti delle elementari e delle medie di Abruzzo e Marche. Dalla lettura delle schede valutative – realizzate in collaborazione con la Società italiana per lo studio dello stress traumatico (Sisst) – è emerso che su 636 bambini delle primarie, 600 (94%) hanno presentato un rischio traumatico basso, 29 (5%) un rischio moderato e solo per 7 bambini (1%) il rischio è risultato alto. Alle Medie, invece, su 48 bambini il 16% ha un rischio basso mentre per il 60% (29 alunni) è moderato”.
I BAMBINI E LA PROVA DEL DISEGNO DELLE TRE CASE
Il lavoro dell’IdO non si limita a monitorare lo stato di stress. L’equipe di psicoterapeuti dell’età evolutiva ha voluto capire soprattutto se questi stessi bambini riescano ancora a pensare al futuro, sebbene tutto intorno ci sia la distruzione. Per comprenderlo hanno utilizzato il test proiettivo di Crocq sul disegno delle tre case (la casa del passato, del presente e del futuro). “Su 600 bambini nessuno ha negato il problema del terremoto– afferma Di Renzo- perché il disegno della seconda casa (quella del presente) è stato realizzato quasi da tutti. Molti hanno anche immaginato la casa del futuro migliore di quella che avevano. Questo vuol dire che il processo immaginativo non si è bloccato e la percentuale è molto alta: un solo bambino su 611 ha disegnato una sola casa- conclude Di Renzo- e solo 48 bambini hanno disegnato la casa del presente senza segni di terremoto”.
L’esperienza decennale dell’IdO ha permesso di supportare i bambini a 360 gradi, proponendo attività di sostegno a misura di scuola e famiglia. “Abbiamo attivato laboratori esperienziali per i docenti, laboratori psicoeducativi per gli studenti nelle classi, sportelli di ascolto per genitori e docenti e, infine, anche uno sportello di ascolto online a cui possano fare riferimento quei minori che sono stati trasferiti in cittadine diverse da quelle d’origine. Lo spazio di ascolto e di confronto, partito a settembre dell’anno scorso nelle zone terremotate dell’Italia centrale, è servito per supportare gli adulti (insegnanti e genitori)– chiarisce Cossu- nel loro ruolo educativo e nel difficile compito di sostenere i bambini nell’elaborazione dell’evento traumatico. Per questo motivo abbiamo proposto, prima della riapertura delle scuole, percorsi in piccoli gruppi di Psicodramma e di Danza Movimento Terapia a orientamento psicodinamico rivolti esclusivamente agli insegnanti. Lo scopo era quello di aiutare i docenti ad elaborare per primi i vissuti emotivi, in modo da mantenere il loro ruolo di figura di riferimento per i bambini una volta ritornati tra i banchi”.
Il lavoro con gli studenti prevede, infine, una regola fondamentale: “Ogni laboratorio parte da quello che portano i ragazzi- conclude Cossu- nessuno psicoterapeuta dell’equipe dell’IdO ha mai chiesto a un ragazzo di raccontare il terremoto o l’esperienza legata al terremoto. Si parte sempre dai racconti spontanei dei minori, qualsiasi essi siano e poi si utilizzano per costruirci sopra delle storie e per lavorare sulle emozioni legate a quelle storie”. L’IdO ha previsto la necessità di accompagnare insegnanti, genitori e ragazzi in previsione della nuova fase di cambiamenti concomitanti alla ripresa delle lezioni, per affrontare il trasferimento nelle casette, il ritorno ai paesi di origine, la ripresa dell’anno scolastico in nuove scuole e, infine, per la formazione dei nuovi gruppi classe con il ritorno di alcuni compagni e altri da cui separarsi.
I BAMBINI E LE EMERGENZE, IL RUOLO DELL’ADULTO
Intervista a Federico Bianchi di Castelbianco, direttore IdO Roma
Il terremoto in Abruzzo, Marche ed Umbria, come tutti gli eventi catastrofici, ci mette di fronte agli interrogativi sul come comportarsi con i bambini. Queste le domande più frequenti che vengono poste:
Fin da che età i bambini possono risentire di un evento traumatico come il terremoto? “Purtroppo non vi è un’età che consenta ai bambini di non subire gli effetti negativi- chiarisce Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma- perché l’evento di morte o un vissuto di perdita portano conseguenze ad ogni età. È solo la capacità nel sostenere il bambino da parte dell’adulto, insegnante, parente, o meglio ancora del genitore, che permette il superamento dei sentimenti negativi associati alla catastrofe. Il bambino ha estrema necessità di un adulto che gli stia accanto, che lo aiuti a ricompattarsi, che lo capisca, che condivida la sua rabbia e la sua angoscia, che possa consolarlo. Direi quindi che le parole chiave sono presenza e condivisione. Molti bambini non mostrano segni o comportamenti indicatori del trauma subito, e può accadere che dopo pochi giorni i sintomi comparsi non siano più presenti e, com e conseguenza, spesso viene attribuita al bambino la capacità di superare le situazioni gravi grazie alle caratteristiche tipiche della giovane età”.
In tal caso il problema si può considerare più o meno superato? “Assolutamente no, sicuramente la capacità di reazione può essere di gran lunga migliore di quella dell’adulto, ma vi sono due aspetti da tener presente- continua il direttore dell’IdO- il primo riguarda gli effetti del trauma che albergano nel bambino senza segni apparenti (e per questo deve essere aiutato nell’affrontarli), il secondo è che la figura dell’adulto presente deve saper controllare la propria angoscia e non trasmetterla al bambino”.
Quali sono i sintomi più frequenti?“Ipersensibilità, fragilità emotiva, angoscia, tristezza, nostalgia, paura, rabbia, solitudine, disturbi dell’alimentazione, del sonno, incubi, difficoltà di concentrazione”, afferma Castelbianco.
Quali i percorsi pratici da proporre? “Sicuramente informare perché negare la realtà è assolutamente negativo. Far acquisire sicurezza tramite esercitazioni, simulando situazioni di emergenza per permettere ai bambini di essere interpreti nelle difficoltà, e di non vivere i posti abituali della vita quotidiana come minacciosi. Far sì- sottolinea lo psicoterapeuta- che abbiano una figura di adulto come riferimento che li sappiano accogliere e al quale possano ritornare nei momenti di sconforto”.
Vi sono tecniche o modalità particolari che vanno usate con i bambini? “L’adulto deve saper ascoltare il bambino, parlare in modo semplice, farsi capire, non stupirsi di cambiamenti d’umore, di modifiche a comportamenti o schemi d’azione abituali. La paura del bambino deve trovare uno spazio di accettazione e comprensione. Far riemergere i vissuti dal mondo interno per elaborare, tramite i racconti e i giochi, gli incubi, le angosce e tutto ciò che di negativo il bambino ha cercato di negare per non essere costretto a sperimentarlo emotivamente. L’esperienza traumatica deve poter essere affrontata, rivissuta e ricatalogata affinché l’immaginazione non rimanga imbrigliata nelle trame della negazione. Anche quando apparentemente la fantasia del bambino appare scollegata alla realtà, si deve utilizzare ogni spunto creativo per poter ricostruire ed elaborare quanto si sia frammentato. Il bambino è grazie al contenimento e alla guida dell’adulto che riconquista sicurezza e fiducia in se stesso e si dispo ne a una nuova progettualità. A questo proposito è importante sottolineare che se i genitori sono le prime figure di riferimento, gli insegnanti sono le seconde, perché è con loro che i bambini passano molto tempo, insieme al gruppo dei coetanei, altrettanto fondamentali per un recupero soddisfacente. In questo momento gli adulti che stanno con i bambini devono essere aiutati, perché un loro cedimento comprometterebbe il recupero effettuato o da effettuare. Non si può sperare che l’adulto superi da solo le proprie angosce, perché, per quanto reattivo, è anche lui un soggetto che è stato sottoposto a un trauma- conclude il direttore dell’IdO- il cui superamento non può essere differito nel tempo”.
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