Higher Self, what it is – Sé Superiore, che cos’è
Quando dico che “non esiste altro Dio all’infuori di Sé” non significa che oggettivamente io non riconosca l’esistenza di Dio e neppure che per me Dio sia una soggettiva presenza interiore. Nella mia definizione di Dio c’è sia il soggetto che l’oggetto. Ma la definizione elude l’Essenza, la vera sostanza.
Riconoscere la presenza di Dio non è conseguente ad un credere in quella presenza. La mia fede in Dio è la capacità di aver fede in me stesso. La coscienza e la consapevolezza di essere cosciente nutrono quella fede.
Dio esiste perché io esisto ed io esisto perché Dio esiste. La separazione è solo nelle parole, nella descrizione. Perciò -a questo punto- non serve rinunciare alla Fede, poiché la fede non è rivolta ad un qualcosa di separato da sé.
La fede è volontà, la fede è capacità di riconoscersi, la fede è verità intrinseca che spontaneamente sorge dall’interno. Senza fede non sarei in grado di sperimentare la fiducia in me stesso. Il mio Maestro è questa fede. Essere “se stesso” è come essere “quel che sono”. Non potendo mai essere altro, come Dio lo è in se stesso. Questa fede sempre mi accompagna, è la mia natura.
Questa conoscenza è una grande “liberazione” poiché mi affranca dal dover credere in un dio, nel senso di un creatore diverso da me, una sorta di padre situato al vertice di una burocrazia “celeste”.
Questo il sentire della Spiritualità Laica, il sentire del Tao e dell’Advaita. Se crediamo nel divino capofamiglia, restiamo bloccati in uno stato adolescenziale. Se il divino è un supremo governatore del mondo noi restiamo vittime e succubi di una autorità insondabile. Sia essa definita indifferentemente dio o demonio, destino o libera scelta, bene o male.
L’abbandono del credere non esclude però il mantenimento della fede. La fede è necessaria non perché ci siano forze a cui dobbiamo appellarci per ricevere favori od evitare castighi. La fede è coscienza di appartenere indissolubilmente a ciò che è.
Possiamo definirla Tao, Shakti, Sé… tutti aspetti meravigliosi del nostro Essere, sono i modi espressivi dell’Energia Vitale che consentono alle cose di manifestarsi, sono le metafore indispensabili per l’esperienza spirituale.
Se questa fede non viene scossa od esaltata perché accadono cose piacevoli o spiacevoli, se la fede non ha più bisogno di essere confermata, se non siamo più noi con i nostri sforzi a sostenere la fede, allora la maturità è raggiunta. Avviene spontaneamente che il senso di manchevolezza o di inadempienza scompaiano e restiamo in pace. Shanti.
Ma fino a quel punto, coltiviamo la nostra fede come dei bambini che coltivano il proprio crescere accettandolo.
Paolo D’Arpini
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Testo inglese
When I say that “there is no other God other than Self” it does not mean that objectively I do not recognize the existence of God or even that for me God is a subjective inner presence. In my definition of God there is both the subject and the object. But the definition eludes Essence, the true substance.
Recognizing the presence of God is not a consequence of a belief in that presence. My faith in God is the ability to have faith in myself. Consciousness and awareness of being conscious nourish that faith.
God exists because I exist and I exist because God exists. Separation is only in words, in description. Therefore – at this point – there is no need to renounce the Faith, since faith is not directed towards something separate from itself.
Faith is will, faith is the ability to recognize oneself, faith is intrinsic truth that spontaneously arises from within. Without faith I would not be able to experience self-confidence. My Master is this faith. Being “himself” is like being “what I am”. Being never able to be anything else, as God is in himself.
This faith always accompanies me, it is my nature.
This knowledge is a great “liberation” because it frees me from having to believe in a god, in the sense of a creator different from me, a sort of father located at the top of a “heavenly” bureaucracy.
This is the feeling of secular spirituality, the feeling of Tao and Advaita. If we believe in the divine head of the family, we get stuck in a teenage state. If the divine is a supreme ruler of the world we remain victims and succubus of an unfathomable authority. Be it indifferently defined god or demon, destiny or free choice, good or bad.
However, abandoning belief does not exclude the maintenance of faith. Faith is necessary not because there are forces to which we must appeal to receive favors or avoid punishment. Faith is awareness of belonging inextricably to what it is.
We can call it Tao, Shakti, Self … all wonderful aspects of our Being, they are the expressive ways of Vital Energy that allow things to manifest themselves, they are the indispensable metaphors for spiritual experience.
If this faith is not shaken or exalted because pleasant or unpleasant things happen, if the faith no longer needs to be confirmed, if we are no longer with our efforts to uphold the faith, then maturity is reached. It happens spontaneously that the sense of shortcomings or non-compliance disappear and we remain at peace. Shanti.
But up to that point, we cultivate our faith like children who cultivate their own growth by accepting it.
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