Hammamet, il potere logora chi non ce l’ha….
Per comprendere il film di Gianni Amelio potrebbe essere più opportuno dire ciò che nel film non c’è. Nessun gusto per il colpo di scena, la frase a effetto, l’agiografia, l’intellettualismo, l’atteggiamento di pietà, la cattiveria, il giudizio politico, il cognome Craxi, i nomi Bettino, Stefania, Bobo, Fanfani, Di Pietro. Difficile, si dirà, fare un film dal titolo Hammamet, troppo evocativo anche detto così senza altri accostamenti, partendo da tali presupposti ed effettivamente è così soprattutto se il film è molto dialogato e ha diverse scene madri pur se immerse in una atemporalità apatica.
L’atemporalità apatica è quella in cui vive l’ex leader politico ritiratosi in Tunisia, non troppo vecchio ma già molto malato, il quale trascina le sue giornate in una specie di bipolarismo: momenti d’eccitazione nei quali detta articoli di giornale che sembrano proclami, la figlia seduta ad un tavolo ingombro di carte, libri, ritagli, e momenti nei quali non sa se odiare prima la famiglia che gli sta attorno curandolo amorevolmente, l’inoperosità, l’Italia che da una spiaggia riesce ad intravvedere nei giorni di chiaro, se stesso. Questo a soli dieci anni da un congresso di partito che lo vedeva all’acme del potere, proprio prima di prendere (di questo vuole, avvertirlo, seppure inascoltato, Vincenzo/Giuseppe Cederna compagno di strada e di partito) la via discendente, ovvero quella della caduta. Pubblico di tutto questo è, non tanto la figlia Anita e tantomeno la moglie o il nipote bambino verso il quale esercita la sua dose di umorismo e tenerezza, ma un ragazzo dagli occhi bellissimi, figura inventata, figlio del suicida Vincenzo, occhi bellissimi e impenetrabili paragonabili a quelli d’un indovino che guarda un altrove inesistente per tutti gli altri, e che ha raggiunto il Presidente nell’esilio a scopo di vendetta ma sembra restare ammaliato dal caratteraccio e dalle molte verità che quel brontolone ritiene di trasmettergli.
Nel film la fine d’una parabola di potere, bruciata nel nulla sembrerebbe, perché l’ex leader, traslato per volontà in un suo deserto dei Tartari aspetta che lo salvi qualcosa o qualcuno. Ma qui siamo già ai politici che faranno la Seconda Repubblica i quali possiedono, se le possiedono, fortune più o meno personali e devono fare conto su quelle per ottenere una giustizia a loro favore o appoggi d’ogni tipo, ma non posseggono più, o quasi più, quel tesoro inestimabile che sono le amicizie maturate tra i banchi dell’università, le complicità politiche profonde, le unità d’intenti con compagni di cordata con cui condividere la visione politica e partitica (anche qui: il tesoretto nulla giovò al triste destino dell’onorevole Moro nel momento del rapimento e poi dell’uccisione, se non profondi strappi interpersonali fra i compagni di partito che però nulla poterono su quel destino).
L’eccezionale Craxi di Pierfrancesco Favino (bello il trucco ma ben profonde nella psicologia del personaggio le radici che danno credibilità alle espressioni, agli straniamenti, ai brevi entusiasmi) è fondamentalmente solo, anche come politico e questo sembra per lui il peggior risultato raggiunto dopo anni di attività partitica. È passato il tempo, le amanti, il buon cibo che ancora non disdegna e resta una incapacità palpabile di essere altro da ciò che è: qualcuno capace di ammettere d’aver sbagliato, di pagare per questo, e di tentare la strada della riconciliazione con elettori che gli hanno dato fiducia, che lui ha deluso profondamente ma che sono gli stessi che negli anni, prima o poi, hanno snocciolato un «quando c’era lui» refrain molto italiano di più antica memoria….Il film pare chiudere un portone su quella politica, fine anni ’90 (che il regista Amelio, lo sceneggiatore Alberto Taraglio, chiamano, appunto, ‘secolo scorso’ facendo correre un brivido fra gli spettatori) perché quei pochi riferimenti culturali riportati non sarebbero di nessun aiuto per decrittare o anche solo descrivere la politica odierna, poiché è cambiato un orizzonte ben più ampio tanto che un film così ragionato, ‘lento’ in qualche caso, non s’attaglierebbe a nessun passaggio partitico odierno: oggi qualche ‘politico’ viene dalla ‘ruota della fortuna’ e qualcun altro finita la politica è andato a ‘ballare sotto le stelle’…Craxi, o l’uomo del XIX secolo che rappresenta, è una specie derelitta del partitocene, un molok inamovibile non tanto per dirittura morale e coerenza (per quanto è chiaro che ne segua una sua propria interiore) ma più per continuità, per orgoglio, perché certe strade vanno percorse così o niente (e forse ‘anche’ la lezione di Moro, politicamente tanto lontano – si vedano le posizioni sul compromesso storico – gli rende tanto temibile il ritorno in patria, perché dove non t’aiuterà nessuno tantomeno lo faranno i ‘compagni’ di partito e Craxi, con tutta evidenza, non desidera che la sua storia scontorni nella ‘santità’, sente di non possederne caratteristiche peculiari quali la pazienza, la ragionevolezza?). Nulla da dire sull’intreccio dei sentimenti familiari, sui legami, su tutti quello speciale con sua figlia Anita. Un cast di bravi attori fra cui Renato Carpentieri, Claudia Gerini, Omero Antonutti, che non deve strappare la scena al protagonista; le visioni oniriche alleggeriscono la tensione: in un grasso cabaret molto anni ’90 anche il padre del Presidente/Antonutti mentre lo aspetta per accoglierlo nell’aldilà, nel quale il politico non riesce a credere, trattiene a stento il riso sulle gesta filiali messe alla berlina dagli attori.
Con Amelio (non sappiamo se sia un particolare biografico) Craxi diventa un ragazzino che ‘spaccava’, per esempio i vetri d’un convento immoto con una pietra e la fionda. Alcuni personaggi anche molto noti, si sono fatti suoi eredi politici raccogliendone, o credendo di raccoglierne, il testimone, la pietra scagliata. Per il regista, simbolicamente, la pietra la raccoglie un giovane ‘pazzo’, un irriducibile asociale, senza per altro continuare ad ottenere nulla….Forse un’opera di Amelio meno necessaria de Il ladro di bambini, Lamerica, Le chiavi di casa. (Serena Grizi)
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