Guido Guidi. Altre storie
Guido Guidi. Altre storie.
A cura di Marco De Michelis e Paola Nicolin
Da martedì 2 aprile a venerdì 24 maggio 2019
Inaugurazione: lunedì 1 aprile 2019, dalle ore 18.00 alle 21.00
Apertura: dal lunedì al venerdì, dalle ore 12 alle 19. Mattine e sabato su appuntamento. Chiusa: 22, 25 aprile e 1 maggio
Dove: VIASATERNA, Via Giacomo Leopardi 32, Milano, +39.02.36725378
www.viasaterna.com
Viasaterna è lieta di presentare la mostra personale di Guido Guidi (Cesena, 1941). “Guido Guidi. Altre storie” è il titolo del progetto espositivo curato da Marco De Michelis e Paola Nicolin che, attraverso una selezione di circa sessanta fotografie perlopiù inedite, offre un nuovo punto di vista sul lavoro e sulla ricerca di uno dei maestri della fotografia italiana.
L’esposizione si sviluppa su più registri narrativi: al primo piano una selezione di opere dedicate all’architettura e al paesaggio, mentre al piano inferiore il percorso continua con una selezione mai esposta prima d’ora di ritratti dedicati ad Anna Guidi, figlia dell’artista. Autonomi sul piano del soggetto – l’architettura, il paesaggio ed il ritratto, ovvero gli edifici e le persone – costruiscono due percorsi intrecciati e indissolubili per i temi trattati e le metodologie. Ciò che appare distinto è profondamente unito, ciò che si avverte come frammentario è, a ben guardare, perfettamente speculare. Si vengono così a costituire due facce della luna che testimoniano la coerenza, la solidità e la struttura concettuale del suo lavoro.
Sono ormai anni –decenni – che Guido Guidi d’altra parte occupa autorevolmente il panorama della fotografia italiana. Il suo percorso di ricerca, iniziato già alla metà degli anni sessanta accompagnandosi a una generazione di fotografi italiani, è continuato fino ad oggi, con un movimento continuamente oscillante tra i paesaggi casalinghi delle campagne dietro casa, e quelli ben più vasti dell’Italia e dell’Europa. In questo viaggio, Guidi è stato costantemente accompagnato dalla conoscenza e dalla complicità con i grandi fotografi, soprattutto americani, del suo tempo, da Robert Adams a Lewis Baltz, da Walker Evans a Stephen Shore.
Guidi ha imparato a conoscere il mondo attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica: periferie urbane, campagne, ma anche “altre storie” di frammenti incompiuti come paesaggi prodotti da drammatici sconvolgimenti tellurici, il terremoto di Gibellina nella Sicilia del Belice; storie di grandi architetture, non quelle anonime e spontanee delle provincie italiane, ma i capolavori straordinari di Le Corbusier o di Mies van der Rohe: sublimi e, pur tuttavia, esposti anch’essi al trascorrere della luce e allo scorrere del tempo che in qualche modo ne consuma i lineamenti.
D’altro canto, la raccolta di ritratti di Anna, la figlia di Guido Guidi, appare del tutto eccezionale per l’attenzione che lo sguardo del fotografo le riserva. La sequenza possiede il carattere straordinario di cimentarsi per anni con un unico soggetto. Anna, l’unica figlia dell’artista, è insieme oggetto e soggetto dell’occhio fotografico: il corpo di lavori appare in primo luogo come una dichiarazione d’amore alla fotografia, come attività del guardare e insieme come lo strumento attraverso il quale Guidi costruisce negli anni un vocabolario personale. Qui vediamo nascere, crescere e maturare temi, interessi e intenzioni che nel corso della sua intera carriera troveranno una definizione sempre più sofisticata, solida e strutturata. Anna è la camera oscura di Guido Guidi: è quello spazio di possibilità che si esplora ogni qualvolta il nostro sguardo si posa sulla realtà come attesa. C’è una frase scritta a mano sull’anta di un armadio dello studio dell’artista a Cesena dove si legge “Nessuna metafora, solo attese”.
Il corpo di lavori dedicati a Anna sono attese che si avverano negli anni; e seguire le diverse fasi dell’età di Anna aiuta a capire il percorso di ricerca coerente di Guidi: la sequenza, la luce e l’ombra, il tempo e l’istante, la variazione, il moto sospeso, l’interno e esterno, la figura umana e lo sfondo, il frammento e l’intero, l’oggetto e il soggetto.
Guidi mantiene un attaccamento genuino verso la realtà e procede anno dopo anno, soggetto dopo soggetto, a raggiungere sempre maggiori livelli di astrazione dalla figura, pur rimanendo saldamente ancorato alla nitidezza e all’esattezza che aiuta a Guidi a vedere il mondo. Guidi pare dirci con queste opere, come d’altra parte molti artisti legati alle poetiche del Concettuale – come lo stesso Giulio Paolini o Sol LeWitt per esempio –, che tutto ciò che accade, accade nell’intersoggettività, nella relazione ibrida tra chi guarda e chi è guardato, in quell’insieme di fremiti e attese che costruiscono la nostra individualità. Non mostrare le cose. Ma mostrare il guardare. Il guardare del fotografo, ma anche quello del soggetto che guarda nell’obbiettivo. Il guardare dei curatori di questa mostra che sono, appunto, due per moltiplicare le aspettative, le emozioni, i punti di vista, gli errori e le attese.
L’ARTISTA
GUIDO GUIDI (Cesena, 1941) Nasce nel 1941 a Cesena, dove vive e lavora. Dal 1956 è a Venezia dove studia prima Architettura allo IUAV e successivamente Disegno industriale, seguendo tra gli altri i corsi di Luigi Veronesi, Carlo Scarpa e Italo Zannier. È nel clima vivace del periodo veneziano che decide di dedicarsi con continuità alla fotografia, indirizzando il proprio sguardo verso gli spazi marginali e anti-spettacolari del paesaggio italiano. Le sue ricerche sull’edilizia spontanea della Romagna orientale, o sulla Strada Romea che collega Cesena a Venezia, o quelle successive sulle aree industriali di Porto Marghera e Ravenna si concentrano su luoghi liminari, familiari al fotografo, e condividono un carattere aperto e interrogativo. Dalla fine degli anni sessanta realizza importanti ricerche personali, indagando il paesaggio e le sue trasformazioni e sperimentando al contempo il linguaggio fotografico attraverso progetti di ricerca legati alle trasformazioni delle città e del territorio, fra cui Archivio dello Spazio (1991 Provincia di Milano), le indagini sull’edilizia pubblica dell’Ina-Casa (1999) e quelle per Atlante Italiano (a cura della Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea). Alla professione di fotografo affianca da anni attività di didattica e promozione della fotografia: nel 1989 avvia a Rubiera, con Paolo Costantini e William Guerrieri, Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea. Dallo stesso anno è docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e dal 2001 insegna presso lo IUAV di Venezia. Tra le altre mostre ha esposto in prestigiose Istituzioni museali italiane e internazionali quali Fotomuseum Winthertur, Biennale d’Arte e di Architettura di Venezia, Canadian Centre for Architecture di Montreal, Guggenheim Museum di New York e Centre Georges Pompidou di Parigi.
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