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Guerra senza pace

Guerra senza pace
Dicembre 28
17:11 2014

Una scena dal film Apocalipse NowLa guerra, il flagello che più segna la Storia. Che si tratti delle guerre in atto o di quelle passate o di quelle in fase di preparazione. Una ‘morte nera’ per cui non si cercano rimedi, quasi fosse il destino ineluttabile dei popoli programmare sistematicamente la reciproca distruzione. Dalla guerra santa alla guerra preventiva, si è dato al maledetto morbo sempre una giustificazione, tanto aleatoria quanto assurda. E i simboli di quello che si riduce alla fine a un atroce sterminio collettivo rivestono ancora e sempre una parvenza di ‘eroismo’, che ne consacra la legittimità.

 

Uscire vivi da una guerra non significa uscirne indenni. Ritrovare in piedi la propria casa non significa tornare a casa. Poiché la casa è il luogo degli affetti, e chi torna dall’inferno deve prima ritrovare la sua umanità, rivoltolarsi nella terra e nelle lacrime, per risentire il fremito di un sentimento che non sia d’orrore.
Chi la guerra l’ha vissuta – o la vive, o la vivrà – sul fronte del quotidiano, cercando un pezzo di pane sotto le schegge delle bombe, provvedendo ai vecchi e ai bambini, ai più fragili e incapaci di competere con le mostruosità della vecchia peste mai debellata, dovrà trovare la forza di tendere le braccia al reduce, il più misero tra i sopravvissuti, portatore di delitti esecrabili commessi in nome della patria. Ringraziando il cielo che alla famiglia lo rende apparentemente sano e salvo.
Strana genia, la razza umana: capace di risollevarsi ogni volta dall’aberrazione che ne stravolge i tratti, che ne fortifica l’attaccamento alla vita, pur conservando nella memoria indelebile l’odore mefitico delle trincee imbevute di sangue. Dovunque nel mondo si svolga un conflitto, vortica la follia più becera e raccapricciante, che fa volgere altrove lo sguardo per non esserne risucchiati. Ma ciò non è lecito, ciò non salva. Per sfuggire alla follia bellica non basta voltarle le spalle: annida nella natura stessa dell’uomo, ed è lì che va cercato il bubbone, la profonda radice da estirpare e da stendere finalmente al sole.

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