Guardare al futuro con speranza e fiducia
Guardare al futuro con speranza e fiducia
Come curare le ferite dell’uomo di oggi
Intervista al professor Guido Brunetti
Cercare di capire il presente e individuare coordinate e orientamenti per disegnare un progetto che ci possa allontanare dal drammatico momento in cui viviamo. Lo facciamo con il professor Guido Brunetti, un autore che da anni scava nelle aree più oscure e profonde della mente e quindi dei comportamenti umani, coniugando e armonizzando in un dialogo fecondo neuroscienze e scienze umane.
Le chiedo subito una breve diagnosi su questo nostro tempo.
“Viviamo tempi difficili, ardui, duri, di sofferenza e incertezze. Sono tempi di grandi prove personali e collettive. C’è il crollo dell’autostima, della fiducia e della speranza. Monta la rabbia sociale e aumenta l’insofferenza giovanile con casi di tentato suicidio. Crescono infatti i disturbi psichiatrici soprattutto nei bambini, negli adolescenti e nei soggetti più fragili, le cui conseguenze si faranno sentire nel tempo.
Un Paese angosciato che avverte il bisogno di avere una visione, un progetto, un sogno, un senso di speranza, di certezze.
Da quali figure carismatiche e dalla forte personalità attingere forza interiore, progettualità, programmi, ideali? Il buio, oltre la siepe. C’è una incapacità ormai cronica di un sistema di darsi una strategia, individuando nuovi scenari e nuovi mondi.
C’è un approccio liquido alla progettualità, al pensiero, alla politica, al futuro. La cultura? I dibattiti culturali semplicemente non esistono e se esistono non si vedono”.
Qual è il sentimento più diffuso?
“Il sentimento più diffuso è lo sconforto insieme con un desolato senso di solitudine interiore. In tempi di sconforto, la maniera migliore è immaginare che ci siano altre possibilità, immaginare altro. Non da semplice spettatore, ma da artefice del cambiamento e del divenire. Superando così un tempo congelato nel presente, bloccato dalla paura e incapace di guardare al futuro”.
Manca uno scopo.
“Esattamente. Ogni essere umano ha bisogno di un fine, di una finalità. E’ questo il senso della vita. Se analizziamo bene l’evoluzione, scopriamo che il mondo è organizzato in vista di un fine. Uno dei primi filosofi a muoversi in questa direzione è stato Aristotele, il quale ha teorizzato proprio il concetto di télos, di fine, secondo cui il mondo è organizzato in vista di una meta, di un obiettivo”.
Ci sono altri studiosi che sostengono questi orientamenti?
“L’idea prende corpo a partire dai pensatori dell’ antichità e prosegue nel pensiero moderno e contemporaneo. Si ammette in sostanza l’esistenza di un intelletto divino ordinatore come causa diretta al senso complessivo delle cose e all’ordine.
Questa concezione comporta che nell’attività dell’uomo ci sia un fine. Che per il Cristianesimo si identifica nella Provvidenza che guida i comportamenti umani”.
Professor Brunetti, è un discorso che va al fondo delle questioni. Le domando: c’è un fine ultimo e qual è?
“D’accordo con altri autori, ritengo che il fine ultimo sia Dio, che è il motore del mondo, anche se taluni pensano a un principio immanente nella natura”.
C’è un autore che ha sviluppato con passione questa prospettiva?
“La visione di una dimensione del trascendente e del sacro che tende ad armonizzare il progresso, l’evoluzione e il destino del mondo è diffusa in molti filosofi e scrittori. Confrontarsi con i grandi della letteratura è per noi qualcosa di necessario. Questa visione è particolarmente sviluppata nell’opera di Fedor Dostoevskij ritenuto un ‘gigante’, un pilastro della letteratura mondiale per altezza e profondità di pensiero, come filosofo, per introspezione psicologica, come psicologo e per la drammatica intensità e poesia come scrittore”.
La sua visione della vita ci può aiutare soprattutto in questo momento?
“L’idea di Dio- per Dostoevskij- è un ‘bisogno’ che aiuta l’uomo a superare le sue difficoltà e lenire il suo dolore. L’affrancamento da una condizione di sofferenza è possibile perché nell’essere umano c’è la radice del trascendente, che lo porta a ‘ricevere la visita di Dio’.
Si tratta di un processo di spiritualità e interiorità che, nel solco di una concezione paolina e husserliana, rappresenta l’unico elemento balsamico in grado di curare le ferite e le affezioni dell’uomo di oggi. ‘L’Occidente (l’uomo) ha smarrito il Cristo ed è per questo che muore. Chi nega Dio- aggiunge- nega l’uomo”.
Ma la scienza è d’accodo con questi orientamenti?
“Esperimenti effettuati dalle nuove neuroscienze dimostrano che nel cervello umano c’è una ‘scintilla divina’. Altre ricerche realizzate con le metodiche di brain imaging hanno rivelato che l’idea di Dio modifica il funzionamento del cervello, i circuiti emotivi e i sistemi neurali, si attivano e mutano i legami di attaccamento, resilienza e le dinamiche interpersonali, creando valori etici, culturali e sociali. Aiutandoci ad affrontare le ansie, le difficoltà e il dolore dell’esistenza.
La fede in Dio genera dunque molteplici benefici nel corpo e nella mente, creando in ogni persona umana un forte collante familiare e comunitario.
Dio assume pertanto la figura del terapeuta, di chi cura e protegge, rassicura e incoraggia, gratifica e allevia”.
Fiducia e speranza quindi.
“La fiducia e la speranza sono tra le condizioni della vita più belle e difficili. La speranza è l’unico rimedio alla paura. La speranza è progettualità, orizzonte. Dall’orizzonte non ci sentiamo accerchiati, ma resi più vasti: nell’immaginazione, nei sogni, nello sguardo, nel respiro dei nostri cuori. Occorre dare forma ai sogni per il futuro, in un mondo diverso”.
Concludendo, ci sono altri strumenti in grado di alleggerire le tensioni dovute all’attuale momento?
“Un potente fattore di cambiamento- risponde il professor Guido Brunetti- è certamente rappresentato dall’arte, dalla letteratura, dal libro. Ma è un argomento che esula dal contesto di questo colloquio”.
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