Gli studi sulla fusione nucleare nel mondo. Risultati e speranze
Già alla fine degli anni Cinquanta, nel Centro ENEA di Frascati, furono avviate attività scientifiche orientate allo studio e sperimentazione sui plasmi. Tali attività condussero l’enea ad assumere il ruolo di coordinamento del programma nazionale sulla fusione nucleare.
La fusione è una reazione nucleare in cui due nuclei leggeri si fondono in un nucleo più pesante con conseguente rilascio di energia. È la reazione che alimenta il Sole e tutte le stelle. Il programma nazionale impegna circa 600 ricercatori e tecnologi di enea, cnr, Consorzio rfx e molte Università e Consorzi Universitari.
Le macchine sperimentali toroidali (Tokamak), che nel tempo sono state costruite e usate a Frascati, mirano allo studio fisico del confinamento magnetico del plasma (condizionamento del moto delle particelle cariche del plasma) necessario per impedire la fusione delle pareti della camera, visto che le temperature in gioco sono quelle del Sole, cioè circa 200 milioni di gradi centigradi. L’attuale macchina per la fusione ftu (Frascati Tokamak Upgrade) opera a un elevatissimo campo magnetico (8 T) e permette lo studio di plasmi in condizioni che non sono realizzabili in altre macchine. L’enea, inoltre, grazie alle conoscenze sviluppate, partecipa attivamente alla realizzazione europea del reattore a fusione sperimentale iter, assumendo un ruolo fondamentale nella sua costruzione.
Queste ricerche rappresentano un vero e proprio asse portante per lo sviluppo sostenibile del nostro pianeta, poiché la fusione nucleare è un’energia sicura e compatibile con l’ambiente, e garantirà una fonte energetica di larga scala, priva di pericoli, riguardosa dell’ecosistema e praticamente inesauribile. La reazione di fusione, infatti, non dà luogo a emissioni di gas a effetto serra (il prodotto finale è elio) e non produce scorie radioattive. Le centrali sono intrinsecamente sicure. Infine, con un’opportuna scelta dei materiali, la radioattività dei componenti del reattore, al termine della sua vita produttiva, può decadere nell’arco di circa un secolo, evitando quindi la necessità di depositi permanenti in sito profondo e permettendo il riciclo dei materiali.
La ricerca sulla fusione vede impegnati tutti i Paesi tecnologicamente più avanzati (Europa, Giappone, Usa, Russia, Cina, Corea e India) e, recentemente, la rivista Nature ha pubblicato che alla National Ignition Facility (nif) negli Usa, presso il Lawrence Livermore National Laboratory, si è riusciti per la prima volta a produrre una quantità di energia superiore a quella necessaria a innescare la reazione. Questi risultati sono un passo importante verso la dimostrazione della fattibilità scientifica della fusione tramite confinamento inerziale, ma sono inferiori a quelli già ottenuti in Europa con la fusione a confinamento magnetico. In particolare, se si considera tutta l’energia in gioco, il rapporto tra quanto ottenuto e quanto speso nell’esperimento di fusione inerziale è dell’ordine dell’1%, mentre con il confinamento magnetico, nell’esperimento europeo jet (il Tokamak europeo Joint European Torus), si è ottenuto un rapporto significativamente più elevato. L’itinerario del confinamento magnetico resta, quindi, per l’Italia e per l’Europa, la strada maestra per ottenere l’energia da fusione.
Anche se il traguardo per ottenere l’energia da fusione non può dirsi ancora vicino, questo risultato sperimentale dimostra come le ricerche in questo campo progrediscano costantemente nel tempo e come abbiano permesso la comprensione della maggior parte dei problemi scientifici del confinamento magnetico e del riscaldamento del plasma.
Allo stato attuale, l’obiettivo dello sfruttamento dell’energia da fusione è ancora relativamente lontano, ma si spera che i fondamentali traguardi intermedi raggiunti potranno fornire elementi utili per lo sviluppo, entro 30 anni, di un impianto prototipo (demo) capace di produrre con continuità energia elettrica.
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