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“Gli spettri del Quarto Reich”, Marco Dolcetta – 1

“Gli spettri del Quarto Reich”, Marco Dolcetta – 1
Gennaio 01
02:00 2008

Prima parteMarco Dolcetta, giornalista, scrittore e autore d’importanti serie televisive sul Terzo Reich, torna alla ribalta con un altro consistente lavoro dopo quello sul Nazionalsocialismo esoterico pubblicato per Castelvecchi. Il libro include anche un’interessante postfazione sviluppata da Giorgio Galli, che conclude con una congrua riflessione sul postmoderno. In questo nuovo saggio si percorrono vie molto più tangibili, a partire dalle numerose interviste ed indagini giornalistiche portate avanti dall’autore, ma la leggenda non viene mai meno, incontra la storia e si fa sintesi e spunto per importanti considerazioni. Le strade che si diramano alla volta dell’ipotetico “Quarto Reich”, sembrerebbero più che mai trasversali e pericolosamente concrete nel loro forgiarsi attraverso la “mitostoria”. Apparati economici e servizi segreti sono le principali risorse usate per operare nel “sole nero”, quello dell’attesa, pianificando il tutto prima della fine della guerra nel saldo riferimento dell’archetipo innescato nella leggenda. Simon Wiesenthal, colloquiando, precisa come i nazisti fossero “assassini rapinatori”, tanto da giustificare un’enorme ricchezza sottratta durante la loro espansione. La Rete Gehlen con la Cia, Bormann e Muller con il Patto di Varsavia, Skorzeny che funge da ponte tra USA, Peron e Franco, ma anche figure come Alois Brunner a Damasco e altresì in Egitto con Nasser, lasciano intendere quanto vasto e potente sia l’operato spionistico lasciato sulle orme del Führer. La Maison Rouge è il luogo storico dove industria tedesca e partito nazista posero le basi organizzative del loro dopoguerra. Si parte dalla storia, quella degli ultimissimi giorni, dall’oggettiva incertezza sulla fine del Führer, per arrivare agli indizi di fuga e gli omessi confronti scientifici sulle poche prove certe rimaste. Dönitz, imprevisto successore, e le vicende degli ancora efficienti U-Boot traghettano le fondamenta per quella che sarà meglio nota come organizzazione della “rete di Odessa”. Il continente latinoamericano, da lungo tempo al centro delle attenzioni naziste, ne divenne anche la principale destinazione nella disfatta. Il Paraguy di Stroessner, a lungo considerato il paradiso dei fuggitivi, è già antica patria oltre la patria delle comunità dei mennoniti, dell’embrionale utopia ariana, e vede il passaggio, tra gli altri, di personaggi come Mengele, “l’angelo della morte”. L’Argentina di Evita – inquietante trait d’union tra Peron e i nazisti – manovra capitali in Svizzera e lì affiora il profilo di Genoud, banchiere elvetico, già prodigo di missioni in oriente per conto del Führer. Il faccendiere contatta Ami al-Husseini, muftì di Gerusalemme “che contribuisce a creare due divisioni SS di soli musulmani”, ma anche Bose in India, integralista indù della prima ora. Con le migrazioni dei cervelli del Terzo Reich, non saranno solo Stati Uniti e Unione Sovietica a giovare di accresciute prospettive di ricerca spaziale. Attraverso Richter, infatti, l’Argentina tenterà un’impennata da superpotenza entrando persino in programmi nucleari che falliranno prematuramente per mancanza di un’adeguata struttura industriale. Una ravvicinata replica, in questo senso, sono i tentavi nel campo missilistico operati dagli egiziani negli anni Cinquanta.

(fine prima parte – segue nel prossimo numero)

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