Gli artisti ex insegnanti che saranno ricordati nella 9 edizione della Mostra Triennale d’Arte
Gli artisti ex insegnanti che saranno ricordati nella 9 edizione della Mostra Triennale d’Arte e Artigianato “Marcello De Rossi” parte prima
GLI ANNI D’ORO
Iniziamo a parlare degli ex insegnanti che saranno ricordati attraverso le loro opere nella 9 edizione della Mostra Triennale d’Arte e Artigianato “Marcello De Rossi”, questa edizione raccoglie tre importanti ricorrenze il 140°anniversario della fondazione della Scuola,il 150 della nascita di Juana Romani e il 70 della prima mostra del dopoguerra. Per questo abbiamo voluto dedicare un settore della rassegna alle opere degli ex insegnanti della Juana Romani che hanno dato lustro alla scuola, ringraziamo per la collaborazione la famiglia De Rossi, Giuseppe De Rossi, la famiglia Maffettone ed Elena Corsetti, Massimo e Alberto Guidi, Giancarlo Zampini. Roberto Guidi,nasce a Velletri il 28 Maggio del 1922, aveva solo otto anni, quando suo padre Alberto, che faceva il tipografo lo manda come apprendista in una bottega di marmi a Velletri. Qui il Prof. Edgardo Zauli Sajani, all’epoca direttore della Scuola Serale di Disegno Applicata alle Arti e Mestieri Juana Romani lo trova a modellare l’Adamo di Michelangelo.Capita la sua abilità lo convince a frequentare la scuola, qui Roberto si afferma tra gli altri ragazzi, tra i tanti ricordiamo Italo Ciocchetti – Marcello De Rossi stesso – Livio Rondoni. Era innata in lui l’arte del modellato, tanto che venne scelto pochi anni prima della guerra per compiere un’opera importante il busto del Duce da porre nella sala delle lapidi del Palazzo Comunale. Nel 1938 realizza l’opera con la promessa di un contribuito da parte del Comune di Velletri di 150 lire Ma questa somma è protagonista di un curioso aneddoto che vi racconterò più avanti. Era bravo Roberto,tanto che il direttore Orlandini lo invia a rappresentare la scuola ai Littoriali del lavoro a Torino. Nonostante fosse arrivato in ritardo il giovane Guidi porta a casa la vittoria. Una vittoria di cui andava orgoglioso e che raccontava ogni volta ne aveva occasione. La prima affermazione di Guidi, preludio di una grande carriera sia come insegnante che come artista Intanto i venti di guerra soffiavano in Italia e Guidi viene richiamato alle armi, doveva partire e chiese al direttore della scuola Bignozzi la liquidazione della somma di 150 lire che puntualmente arrivò, ma non sappiamo se il Comune di Velletri abbia mai effettivamente pagato quel busto, avendo trovato tra le carte del maestro una richiesta del direttore della scuola al podestà per aver essere rimborsato. Nel 1944, venne nominato Direttore della Scuola Serale di Disegno Applicato alle Arti e Mestieri “Juana Romani” un giovane architetto, neolaureato Marcello De Rossi già allievo e docente della stessa scuola. Il lavoro da fare era enorme per riprendere appieno le attività didattiche la storica sede di Via Luigi Novelli era completamente in rovina. Non c’erano neanche più gli assi del pavimento divelte per fare le bare. Marcello De Rossi, forte del suo entusiasmo giovanile e della passione per la scuola, con la collaborazione dell’amico di sempre Livio Rondoni iniziarono subito a lavorare per riportare la scuola da Roma. Nessuno tranne il direttore aveva un incarico ufficiale, ma lavorarono lo stesso, fu Livio Rondoni a contattare Roberto per offrirgli l’incarico di insegnare discipline plastiche. Guidi, non ebbe problemi ad accettare ed inizia in questo modo il suo lungo rapporto con la scuola terminato nel 1992. Per lui la Juana Romani, era una seconda casa, viveva la sua esperienza di insegnante con grande entusiasmo e preparazione, era tenero come un padre con i suoi ragazzi che ne servono un grato ricordo Per lui tutto era facile, non c’era difficoltà alcuna, come ricordava il maestro d’arte Elisabetta Giraldi sua allieva spiegava il tornio come spiegasse il modo di bere un bicchiere d’acqua. Il suo modo di intendere l’arte del modellato prima e della ceramica poi era in piena sintonia con le vedute e le aspirazioni dell’Architetto De Rossi che mirava a portare la scuola ad essere una vera eccellenza creando quel qualcosa in più che gli altri non avevano. Questo lo si vede nella ceramica prodotta sotto la sua guida che ha reso la celebre mostra triennale della scuola un vero evento di portata nazionale. Arrivarono in quel periodo insegnanti validi e capaci come Luigi Gheno, Paolo Tibaldi, Salvatore Passeretta che insieme a Roberto hanno portato la sezione di Ceramica della Juana Romani ad essere una delle prime nel Lazio. Sono stati formati da Guidi artisti come Maurizio Orsolini anche lui insegnante a Velletri e poi ad Anzio Enzo Maone, Rossana Tubani. Si trattava di una vera expo d’arte e artigianato che ogni tre anni faceva riflettere sul valore delle scuole d’arte e di cosa si produceva in esse. Grazie alla passione dei grandi maestri della Juana Romani sono venuti ad inaugurare le mostre noti personaggi del mondo politico e culturale del momento. Tra i tanti ricordiamo il Prof. Giulio Carlo Argan all’epoca Sindaco di Roma noto critico d’arte che scrisse sul registro della mostra quella frase che il Preside De Rossi fece diventare il motto della scuola …e se un prodotto esteticamente bello esercita una funzione educativa quale ne sia il grado e il carattere è chiaro che esso non può essere a sua volta il frutto di una educazione estetica … Gli ultimi anni della sua carriera di insegnante Guidi li trascorre lavorando con i suoi ragazzi, producendo un tesoro di oggetti in ceramica che oggi è il nucleo più importante del patrimonio della scuola. Lui stesso curava l’esposizione degli oggetti nelle stesse vetrine dove ancora oggi si trovano, era ed orgoglioso del lavoro svolto. Tanto da illustrarlo con entusiasmo a quanti entravano nel suo laboratorio. Gli ultimi anni della sua carriera di insegnante Guidi li trascorre lavorando con i suoi ragazzi, producendo un tesoro di oggetti in ceramica che oggi è il nucleo più importante del patrimonio della scuola. Lui stesso curava l’esposizione degli oggetti nelle stesse vetrine dove ancora oggi si trovano, era ed orgoglioso del lavoro svolto. Tanto da illustrarlo con entusiasmo a quanti entravano nel suo laboratorio. Il suo regno per quasi mezzo secolo. Dopo la pensione scopre la passione per la pittura e il disegno aprendosi uno studiolo sotto casa. Qui ricrea il suo laboratorio lasciato con sofferenza nel 1992 anno del suo addio alla scuola ed inizia a produrre una serie di sculture e di quadri di rara bellezza e di straordinaria capacità tecnica. Nel 2000 realizza per la chiesa di S. Martino la copia della bella immagine della Madonna della Portella trafugata nel 1975 e mai ritrovata, lavorando per intuito in base ad una sola descrizione a colori della tavola. Per riprodurla Guidi aveva a disposizione solo un immagine in bianco e nero. Importante è anche il suo crocefisso realizzato per la Chiesa di S. Lorenzo. LUIGI GHENO Nasce nel 1930 a Nove di Vicenza. Vive e lavora a Roma. Frequenta l’Istituto d’Arte, i corsi di Magistero a Venezia, l’Accademia delle Belle Arti a Roma. Insegna nel 1956 e nel 1957 all’Istituto d’Arte di Comiso, nel 1957, 1969, 1970 all’Istituto d’Arte di Velletri e dal 1970 al Terzo Liceo Artistico Statale di Roma; nel 1979 è incaricato presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera. Partecipa alla Biennale di Venezia (1956), alle Biennali di Gubbio (1956, 1958, 1960), alle Quadriennali di Roma (1960, 1964), ai Premi Termoli (1963, 1964, 1965, 1966, 1969, 1970), alla Biennale Nazionale di Arti Figurative di Verona (1967), alla Biennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni (1968), a Dokumenta di Kassel (2002). Presenta numerose mostre personali tra cui quella alla Galleria Il Prisma di Milano (1959), alla Galleria Schneider di Roma (1968), alla Kunstverein di Colonia (1969), alla Galerie de Sfinxs di Amsterdam (1969), alla Galerie d’Art l’Angle Aigu di Bruxelles (1970), alla Galleria Il Canale di Venezia (1970), a Piazza Margana a Roma (1971), al Giardino della Guastalla a Milano (1972), al Place du Louvre a Parigi (1979). Tra i numerosi progetti per opere permanenti in spazi pubblici realizza un intervento urbanistico sulla Cristoforo Colombo con tre sculture monumentali (1990) e un’opera scultorea in Piazza dei Navigatori a Roma (2000). A conferma della critica del suo percorso artistico riceve diversi riconoscimenti ufficiali tra cui: il Premio alla Biennale di Gubbio (1956, 1958), il Premio Termoli per la Scultura (1964), il Premio del Ministero della Pubblica Istruzione (1964), la Medaglia d’Oro alla Biennale Nazionale di Verona (1967), il Premio Tiber-Rhein e Medaglia d’Oro a Colonia (1969), il Premio al concorso per le sedi INPS di Arezzo, Siracusa e Como. E membro dell’Accademia Nazionale di San Luca dal 1989. La collaborazione dell’artista con l’architetto Marcello De Rossi, ha portato alla nascita di due bellissimi monumenti ai caduti civili della seconda guerra mondiale. Il primo realizzato ad Aprilia e il secondo a Velletri, con elementi ceramici progettati e realizzati da Gheno stesso mentre le parti architettoniche in cemento ideate da Marcello De Rossi per quello di Aprilia, per quello di Velletri sempre da De Rossi, ma in collaborazione con Livio Rondoni. VALERIO DE ANGELIS Scrivere in una pubblicazione sulla storia dell’Istituto Statale d’Arte Juana Romani del Prof. Valerio De Angelis per noi semplicemente Valerio è particolarmente difficile. La sua scomparsa avvenuta prematuramente il 31 Maggio del 2000 ha sconvolto tutta la famiglia della scuola e ancora oggi è difficile da accettare. Si tratta di un uomo che come ho avuto modo più volte di scrivere visse d’arte. L’arte per lui era una vera ragione di vita, con l’arte Valerio ha trascorso gran parte della sua esistenza vissuta tra la frequenza e l’insegnamento presso l’Istituto d’Arte e la sconfinata produzione pittorica e scultorea realizzata mel suo studio prima in Via del Corso e poi sotto casa in Viale Roma. L’arte di De Angelis nasce in primo luogo come grafico in Rai,ma per lui gli schemi rigidi del lavoro da tavolo iniziarono molto presto ad essere stretti. Appena ottenuto l’insegnamento d’arte muraria presso la Juana Romani lascia la Rai e da sfogo a quella che è la sua prima passione la fotografia. Nel contempo però inizia a produrre lavori a china, acquerello per arrivare poi agli ultimi ad olio, tempera, sculture in legno ed in vetro fuso. Ma prima di parlare della sua arte, mi sia consentito parlare del de Angelis insegnante, prendo a pretesto una frase scritta dalla figlia Cristina sul catalogo della sua antologica un professore fuori dai canoni.. Questo era Valerio. Mi ritornano in mente fotogrammi di vita scolastica. Quando timidi ragazzini di terza media entravano per la prima volta a Via Novelli era il suo sorriso e la sua bontà a farci superare il timore del crescere. Non era facile fare il salto dalle medie alle superiori. Non ci faceva sentire la distanza tra la cattedra e i banchi, anzi l’annullava totalmente sostituendola con un rapporto di stima e amicizia che ci permetteva di essere liberi ma nello stesso tempo controllati. E’difficile scrivere su di un foglio di carta cos’era Valerio per noi. Un amico? Un secondo genitore? Un fratello maggiore? Ma potrei dire tutte e tre le cose. Se eravamo in difficoltà ci aiutava anche rischiando del suo. Ormai lo posso dire. Durante un esame di riparazione si fece dare il compito da un insegnante di matematica per aiutare un ragazzo che aveva consegnato in bianco,facendolo copiare in bianco dopo averci fatto montare di guardia a me ed un altro allievo sul portone d’ingresso per controllare l’arrivo del preside. Quante volte ci pagava la pizza che sui scaldava categoricamente a ceramica dopo esserci ben accertati che il Prof. Guidi non era nei paragi. Molto spesso ci coinvolgeva nell’organizzare le sue mostre portandoci con lui a montare e smontare quanti quadri, quante sculture avremmo caricato, come contarle. Ma lo facevamo con gioia, non potevamo dirgli di no, lui c’era per noi e noi non potevamo non esserci per lui Ci ha educati al rispetto della scuola e ci ha trasmesso l’amore per questa antica e nobile istituzione di cui andava fiero e di cui oggi siamo noi ad andare fieri. Valerio De Angelis artista? Bella domanda alla quale non è facile dare una risposta, perché le risposte potrebbero essere tante e molteplici. Posso tranquillamente affermare che si tratta di un arte quella di De Angelis basata sulla continua ricerca un cammino mai interrotto, se non il giorno della sua morte. Appassionato di fotografia, autore di pregevoli lavori a china, acquerello per concludere anche se mai avesse pensato di farlo così presto con tempere, oli scultura in legno e vetro. Lui sosteneva che anche da un segno poteva nascere un lavoro un pezzo che sviluppato dava delle creazioni veri e propri calendoscopio di colori. Giocava con il colore,come un bambino attratto dalla bellezza e dalle diverse cromature. De Angelis aveva ricevuto la sua formazione presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma con docenti come Renato Guttuso, qui ebbe modo di seguire con particolare profitto il corso di scenografia. Valerio si tenne aggiornato sulle avanguardie del settore nel suo studio pieno di quadri e di cartelle di grafica si trovavano riviste palesamente segnate dalla consultazione. Era schivo alla mondanità come già detto egli divideva la sua giornata tra al scuola e lo studio che non chiudeva mai ad amici,colleghi,allievi ed ex allievi. Non lo vedevi mai ad inaugurazioni di mostre, di gallerie amava invece lavorare e produrre sempre cose nuove. Le opere risalenti agli anni sessanta ci dimostrano una bella padronanza del disegno che testimoniano la sua attività di grafico. La serie di disegni a china con disgiunte valenze propriamente pittoriche con interventi ad acquerello e/o pastello testimoniano la passione per l’espressionismo tedesco non meno della grande incisione sette – ottocentesca giapponese. Tra il 1963 e il 1964 Valerio realizza due piccoli oli dove si vede la sua ricerca di una strada che in questo primo momento si avvicina alle suggestioni picassiane. Una tela del 1975 tutta gremita di volti di una folla metropolitana rivela l’interesse di Valerio per i temi sociali e di sfondo veristico che da li a poco la transavanguardia avrebbe teorizzato e fatte proprie. Negli anni ottanta Valerio privilegia i registri figurali con speciale riguardo alla figura umana ma di chiara ispirazione surrealista .L’ultimo decennio quello dal 1990 al 2000 anno della sua morte vede Valerio impegnato nell’astratto connotato dalla presenza di elementi quadrettati che divengono una costante nella sua pittura. MARCELLO ZAMPINI Purtroppo la sua vita e la sua carriera scolastica, sono state molto brevi, ma hanno lasciato una traccia indelebile nella storia che vi stiamo raccontando. Zampini architetto è stato anche un uomo impegnato attivamente nella storia politica cittadina. Militante dell’allora P.C.I ha ricoperto più volte la carica di consigliere e assessore. Purtroppo un drammatico incidente stradale nel 1976 lo ha tolto all’affetto della famiglia della città e della scuola. Di recente grazie alla disponibilità del figlio Giancarlo abbiamo potuto apprezzare le sue opere pittoriche in gran parte inedite. Come abbiamo detto le opere di Zampini sono state una sorpresa, mentre il Prof. Giuseppe De Rossi, suo compagno di scuola ha raccontato numerosi aneddoti, che hanno contribuito alla riscoperta del suo lavoro e della sua personalità Fu uno degli animatori dell’arte veliterna degli anni settanta e settanta, diede vita con gli amici compagni di scuola a mostre e gare di pittura, come quella in una festa dell’Uva del 1964 che gli costò la vittoria. Il premio era una mostra a Roma, peccato che i quadri non arrivarono mai perché caddero dal porta pacchi della macchina rovinando a terra. GIUSEPPE VITTORIO PARISI Si tratta di uno dei maggiori artisti contemporanei, amico di Alberto Burri e di Capogrossi, ha avuto un percorso artistico come tanti suoi contemporanei, che dopo aver conosciuto la fame arrivati a Roma sono riusciti ad affermarsi. Parisi era nato a Maccagno, nel 1915, seguendo i trasferimenti del padre maresciallo dell’arma, passa alcuni anni ad Udine. Nel 1924, arriva a Milano dove da inizio ai suoi studi artistici. Frequenta da prima la scuola umanitaria, poi l’Istituto Superiore d’Arte del Castello Sforzesco. Nel 1936 espone per la prima volta a Milano presso la Galleria “La Rotonda” l’anno dopo con il fratello fonda a Milano il Circolo Artistico Internazionale. Nel 1938 esegue un grande pannello per la mostra istituzionale al Palazzo della permanente a Milano. Inizia in questo periodo a frequentare i grandi del suo tempo, come abbiamo detto in apertura Burri e Caporossi, Fontana, Carrà, Sironi e il grande Arturo Toscanini. Nel 1939 arriva a Roma e studia al centro sperimentale di cinematografia conseguendo il diploma in regia. Nel 1943 partecipa alla Quadriennale d’Arte di Roma e poi ad una lunga serie di mostre collettive, espone numerose volte anche in personali che furono apprezzate dalla critica e dal pubblico. Dal 1950 inizia ad insegnare negli istituti d’arte, sviluppando tra i ragazzi la passione per il bello, tra gli anni 60 e 70 organizza corsi liberi di educazione visiva presso il suo studio sull’Appia Antica. Agli inizi degli anni settanta dona una cospicua parte delle sue opere al costituendo museo parisi di Maccagno dove torna a vivere nel 1984, Muore a Roma nel Gennaio del 2009. GIOVANNI PENNACCHIETTI nasce a Jesi, nelle Marche, il 22 settembre del 1931. Nella città natale segue studi ad indirizzo tecnico, ha avuto la prima educazione di carattere grafico pittorico nello studio del pittore Giuseppe Coletta, suo insegnante di disegno nella scuola media, che aveva a sua volta frequentato a Napoli lo studio del pittore Antonio Mancini. Nel 1949 si trasferisce a Roma per continuare gli studi nel campo artistico, lavorando dal 1951 al 1954 nello studio dello scultore Teofilo Raggio.Dal 1955 al 1956 ha prestato il servizio militare come ufficiale di complemento. Ed è qui, a Roma, che avviene il suo incontro con i maestri del passato e con le più recenti manifestazioni artistiche culturali, conosce Enea Lanari originario della sua terra e nasce una grande amicizia. Terminati gli studi, inizia un’intensa attività pubblicistica con scritti su quotidiani e periodici. Apre nel 1956 uno studio in Via Orti d’Alibert, dove raduna le sue opere di pittura e continua ad operare. La sua attenzione pittorica, dopo un primo interesse destato dalla pelle della Roma antica, formicolante di un’umanità ricca d’umori, volge ad una più dura e profonda attività: quella della scultura. Ma come scultore, egli tiene ad essere il più inedito possibile. Dal 1957 in poi, all’attività e pittorica e scultorea, Pennacchietti alterna esperienze grafiche e incisorie. Ma è alla pittura che egli si dedica in modo particolare – specie a seguito del suo trasferimento dallo studio di Via Orti d’Alibert a quello della centralissima via dei Prefetti n. 17 nel 1968, frequentato da studiosi e artisti dei campi più disparati. Nonostante la sua intensa attività artistica conduce una vita parallela con lo stesso entusiasmo e dedizione per l’insegnamento, ultimo incarico preside del 4° liceo Artistico di Roma Alessandro Caravillani. Dal punto di vista della partecipazione ufficiale alle vicende dell’arte, egli può elencare una ben nutrita serie di esposizioni: dalla sua prima alla Babuinetta (Roma, 1957), alla seconda alla Marguttiana (Roma, 1959), alle collettive al palazzo dell’Esposizione e a palazzo Braschi, al 1° premio di pittura Rinascita Letteraria (Roma, 1959), alla collettiva “Pittori Marchigiani e ‘Romani” a palazzo Salvago Raggi (Roma, 1959), alla mostra d’inaugurazione della galleria “Scipione” (Macerata, 1959), al “Premio Marche” (Ancona, 1961), Premio Ente del Turismo di Macerata (1962) ottiene un premio al concorso per l’opera d’arte all’ospedale Santa Chiara di Trento, espone alla Margherita (Roma 1969), alla Galleria Rocon e a Palazzo Braschi (Roma 1971) e di nuovo alla Rocon (Roma 1972 e 1973), alla galleria Plinio (Spoleto 1972) alla Galleria il Punto (Velletri 1980) dopo e alla galleria Canova (Roma 1973) dopo la sua morte esposizione L’Atesrisco (Jesi 1991) e esposizione presso lo spazio L4 del 4° liceo Artistico (Roma 1994).La storica d’arte Irene Kirimi Kisdègi della Galleria Nazionale Ungherese ha scritto vari articoli su Pennacchietti, il testo di un volume sulla sua grafica e ha fatto conferenze sulla sua opera, come quella di Nyrbatori nel 1972, ecc. All’attività artistica di Pennacchietti si sono interessati, oltre al critico d’arte Raffaele Mazzarelli con una monografia – Ediz. Rinascita Letteraria – i critici di numerosi giornali, tra i quali: Arti, Classe, Corriere della Nazione, Cronaca di Caloria, Gazzetta del libro, Idea, il Messaggero, il Resto del Carlino, Il Popolo, L’Avvenire d’Italia, la Settimana a Roma, la voce della Vallesina il Tempo, Il Mattino, Il Giornale d’Italia, Voce Adriatica, Rinascita Letteraria e la RAI-Radiotelevisione Italiana. Profondamente legato alla sua famiglia che lo ha accompagnato in tutte le sue scelte di vita. Sposato nel 1960 con Ferretti Annamaria e ha avuto quattro figlie. SANTOLO MAFFETTONE nasce a Palma Campania il 15 Ottobre 1930. Pervenne alla pittura per naturale trasporto e un potente bisogno di estrinsecazione. Una vita interiore ricca e incontaminata, irruente come le forze della natura vergine, ma al tempo stesso delicata come i fiori di campo. Appunto tra i campi era nato e cresciuto Maffettone. Con gli anni egli seppe conservare intatta la sua naturale freschezza e la particolare sensibilità. Ribelle ad ogni canone e incurante di ogni moda passeggera, egli con il suo temperamento mostrò sicurezza d’intenti e padronanza d’espressione. La sua vita però è stata breve. Logorato dall’inquietudine dell’artista, si è spento all’età di quarantun anni, il 22 Settembre 1971 Nel 1967 la rima impressione che si riceva guardando un quadro di Santolo Maffettone è impressione di chiarezza, di chiarezza mentale soprattutto; di un pittore che sa quello che vuole nei limiti della sua ispirazione e conoscenza. Secondo me è una tale chiarezza che dispone l’animo a riguardare più attentamente e a non appagarsi di un superficiale godimento che il gusto del colore suscita sia per le quasi sempre azzeccate tonalità intermedie, sia per la pacata sensualità delle stesure; basta che l’occhio si lasci guidare da una di quelle vene sottili che alimentano i ritmi dell’impianto compositivo per scoprire l’intimo gioco che anima la realtà nel concretarsi in immagine. E’ l’immagine, ecco, che par ti venga incontro per fissarsi nella mente, delineata nelle sue decise qualità che non sanno di espediente è il colore, insomma, inteso come via di accesso alla percezione che deve creare e ricreare ad ogni momento la medesima suggestione con nuovi apporti suggeriti, appun-to, dalla giusta e dosata vivacità di accostamenti e di insistenza tonali. Sono questi i termini della pittura, come ho detto, ma si deve aggiungere che in cedesti termini si ha uno spazio immenso ove la libera creatività dell’artista può provare e riprovare ad ogni fare il suo talento e la sua abilità. Maffettone mi pare sia nella fase di una maturità in cui alla sostanziale e nativa vocazione si aggiunge la proprietà dei mezzi espressivi sciolti da ogni convenzione non soltanto di scuola, ma, direi di tendenza o corrente o moda: pittura e basta, senza alambicchi o problematiche di quelle che troppi credono valide a far moderno e fanno, invece, solo il vuoto qualità che non sanno di espediente è il colore, insomma, inteso come via di accesso alla percezione che deve creare e ricreare ad ogni momento la medesima suggestione con nuovi apporti suggeriti, appun-to, dalla giusta e dosata vivacità di accostamenti e di insistenza tonali. Sono questi i termini della pittura, come ho detto, ma si deve aggiungere che in cedesti termini si ha uno spazio immenso ove la libera creatività dell’artista può provare e riprovare ad ogni fare il suo talento e la sua abilità. Maffettone mi pare sia nella fase di una maturità in cui alla sostanziale e nativa vocazione si aggiunge la proprietà dei mezzi espressivi sciolti da ogni convenzione non soltanto di scuola, ma, direi di tendenza o corrente o moda: pittura e basta, senza alambicchi o problematiche di quelle che troppi credono valide a far moderno e fanno, invece, solo il vuoto. Perciò può permettersi il lusso di dare nel medesimo tempo e la musicalità scandita degli spazi e la definizione delle durate come in una superficie ove si alternino motivi molteplici, tutti convergenti però a quell’unità invisibile ma presente che da concretezza ad una figurazione, all’immagine pittorica, vorremmo dire senza artifizi e raggiri. LIVIO RONDONI eccoci a parlare di un personaggio che la scuola l’amava sul serio. Allievo di Edgardo Zauli Sajani dal quale aveva appreso la passione per il disegno. Figlio di Giuseppe e nipote di Genesio Rondoni faceva parte di una famiglia che la storia cittadina l’ha scritta da protagonista. Grande appassionato di fotografia ha raccontato con i suoi scatti pagine importanti della storia che vi stiamo raccontando. Vice Direttore della Juana Romani per oltre un ventennio, negli anni sessanta è chiamato alla guida dell’Istituto d’Arte di Priverno e poi di quelli di Sanleucio Tivoli e Latina. E’stato per poco tempo assessore della Giunta Bernabei. Ritiratosi a vita privata nella sua abitazione di fronte all’Ospedale Civile li amava ritrovarsi al mattino con gli amici più cari per giocare a carte e ad ascoltare musica. Grande appassionato di musica classica era un uomo di vasta cultura con il quale si poteva parlare di qualsiasi argomento. E’ morto assistito dalla figlia Cristiana nel 2007 oggi riposa nel cimitero di Velletri. Cavour Corsetti già allievo della scuola, egli era uno che nel primo periodo, insegnò scultura agli allievi, trasferendo loro quella preparazione accademica che poi quando si iniziò ad introdurre la lavorazione della ceramica divenne preziosa per la realizzazione in fase di foggiatura e formatura degli oggetti. Si tratta di quello che oggi definiremmo lo scultore nel senso classico del termine, lavorava su più materiali dal gesso al cemento e al marmo. Nato a Velletri il 29 Luglio del 1900, fu il Prof. Edgardo Zauli Sajani a scoprire le sue doti artistiche e lo fece frequentare i corsi serali dell’allora Regia Scuola Serale di Disegno applicato alle Arti e Mestieri. Dal 1937 al 1970 insegnò discipline plastiche presso la Juana Romani, insegnò anche Disegno presso il Cesare Battisti e calligrafia alle scuole medie. Allievo prediletto dello Zauli, Corsetti ha lasciato una produzione non vasta ma importante di opere scultoree nelle quali si vede una straordinaria bravura nell’anatomia umana e nella ritrattistica anche dal punto di vista pittorico. La figlia Elena conserva gelosamente le sue memorie, alcune opere sono state donate al Comune di Velletri e alla Scuola d’Arte, muore il 25 Gennaio 1977. Il racconto proseguirà con altri personaggi che hanno dedicato la loro vita alla scuola, facendone un eccellenza a livello nazionale. Oggi questa loro testimonianza merita solo riconoscenza e da loro trae lo spunto per andare avanti, con i piedi ben saldi nel passato ma proiettati nel futuro
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