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Gli “Anni di Piombo”

Gli “Anni di Piombo”
Giugno 30
23:00 2009

anni-di-piomboLa maturità del popolo nell’affrontarli
Gli “anni di piombo” non nascono per caso, ma hanno un lungo periodo di incubazione e per inquadrare questo periodo bisogna analizzare la storia dell’Italia dalla Liberazione alla fine degli anni Sessanta. Nel 1945 l’Italia era un paese sconfitto e devastato dalla guerra, con la vittoria della Democrazia Cristiana di De Gasperi alle elezioni del 1948, l’Italia piano piano si risolleva scegliendo l’America come partner economico, politico e militare. Gli anni bui della nostra Repubblica non fecero altro che creare un ritardo nella crescita industriale e culturale del nostro paese generando una caduta di valori. Non bisogna dimenticare che negli anni Cinquanta sempre con De Gasperi, Adenauer (Germania) e Schuman (Francia) nasce quella che un giorno sarà l’Unione Europea; con il Piano Marshall arriva il “miracolo economico” e nel 1954 arriva la televisione. Il boom economico fa dell’Italia la settima potenza mondiale, anche il ceto medio beneficia di una equa distribuzione della ricchezza.
Intanto alla fine degli anni sessanta all’Università di Berkeley in America erano cominciati i primi movimenti di protesta in reazione alla guerra del Vietnam. Questa ventata ebbe anche qualche effetto positivo perché nel Sud degli Stati Uniti si pose la parola fine alla segregazione razziale permettendo l’accesso dei neri all’Università e dichiarando il Ku Klux Klan illegale. Dagli U.S.A. questa protesta si sposta in Europa passando per l’Inghilterra e la Francia (il maggio francese) e giunge in Italia. A Torino gli studenti si riunirono in manifestazioni bipartisan per protestare contro il potere dei docenti universitari molto simili a dei baroni. Sul fronte del lavoro vi fu un rafforzamento del sindacato dovuto anche al fatto che in Italia in quegli si raggiunse la piena occupazione. Si assiste nel 1969 all’autunno caldo in cui confluiscono i due movimenti sia studentesco che sindacale, che domandano maggiore giustizia sociale. Purtroppo accanto a questi movimenti, come sempre accade, c’è una deriva ideologica che sia a destra sia a sinistra spinge alcune persone ad abbracciare la lotta armata. Il gruppo più pericoloso e violento che giunse a destabilizzare lo Stato furono le Brigate Rosse, i primi nuclei furono quelli di Trento – guidati da Renato Curcio e Mara Cagol – e di Padova, il cui ideologo fu Toni Negri. Di fronte a questo movimento armato il Partito Comunista Italiano, quello Socialista e il maggiore sindacato comunista – la CGIL – si mossero in maniera confusa sottovalutando e qualche volta giustificando il fenomeno. Durante quegli anni molte persone rimasero vittime della follia omicida di questa organizzazione: poliziotti, magistrati, giornalisti, economisti, dirigenti d’azienda, sindacalisti e uomini politici caddero sotto i colpi di questi criminali. Tra le vittime vi erano Tarantelli e Ruffilli assassinati perché cercarono una riforma della “scala mobile”. Agendo così le Brigate Rosse persero la guerra. Abbiamo detto che all’inizio il fenomeno fu sottovalutato, non fu compreso e non si cercò di reprimerlo. Questo permise alle Brigate Rosse di radicarsi nel territorio italiano e di colpire lo Stato dove e quando volevano. All’inizio pensavano di innestare la miccia dell’insurrezione popolare e di mobilitare il popolo nella loro guerra contro lo Stato, ma già l’indomani del sequestro Moro il popolo italiano si mostrò più maturo e più saggio permettendo ai sindacati e ai partiti dell’arco costituzionale di ricompattarsi per sconfiggere il terrorismo.
Di Brigate Rosse si comincia a parlare il 3 marzo 1972, quando venne rapito un dirigente della Sit Siemens e tenuto in ostaggio per alcune ore. Tra gli autori del sequestro c’era Alberto Franceschini che per quella bravata ebbe anche l’aiuto di alcuni ex partigiani comunisti che gli fornirono le armi.
Lo stesso Franceschini in una puntata di “Blu Notte” spiega quali furono le cause che lo portarono all’adesione delle Brigate Rosse: lui veniva dall’Emilia, la sua era una famiglia di ex partigiani comunisti. Bisogna capire che in Emilia la guerra tra partigiani e nazifascisti fu particolarmente violenta e ancora più cruenta fu la resa dei conti tra il 1945 e il 1948. In Emilia (ribattezzata poi Triangolo Rosso) non vennero assassinati solo i fascisti ma anche sacerdoti, partigiani appartenenti ad altre formazioni e dirigenti d’azienda. Togliatti non fece nulla per tenere a bada i violenti all’interno del PCI e invece di denunciarli coprì quei delitti facendo espatriare gli autori di quei misfatti nei paesi d’oltrecortina. Franceschini giustifica la sua adesione alle BR per la sensazione di una Resistenza tradita e che era giunto il momento di riprendere le armi per l’insurrezione popolare.
Non tutti però provenivano dall’universo comunista come Franceschini, per esempio Curcio, Mara Cagol e Moretti provenivano dal mondo cattolico e Curcio in gioventù aveva anche militato nella formazione di destra della Giovane Europa. Nel giugno del 1970 a Pecorile Curcio, Franceschini, Mara Cagol e Moretti si incontrarono per decidere di ricorrere alla lotta armata. Il 1970 è un’epoca di passaggio, l’Italia passa da una società di massa collettiva a una società individualista. Gli studenti sono i primi a percepire i cambiamenti. Purtroppo in politica non ci sono alternative alla Democrazia Cristiana, il Movimento Sociale Italiano è lontano dalla svolta storica di Fiuggi e troppo legato agli schemi politici della RSI, il PCI è ancora lontano dal compromesso storico e non sa come affrontare il problema delle BR definendo queste persone “compagni che sbagliano” e il PSI è troppo indebolito dalle continue scissioni. Il biennio 1969 1970 è un periodo di inquietudine e di tensione, episodi come l’attentato di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969, la rivolta di Reggio Calabria e il tentato golpe Borghese fanno capire che c’era un clima di guerra. Questi episodi spingono molti giovani a sinistra ad aderire alla lotta armata e portano al nascere delle Brigate Rosse, il simbolo della stella a cinque punte si rifà ai movimenti terroristici vietnamiti e sudamericani.
All’inizio è un movimento spontaneista che si impianta nelle grandi fabbriche come la Sit Siemens e la Pirelli. Sono gli anni dei rinnovi contrattuali e il PCI, la CGIL, la CISL e la UIL portano avanti le trattative, ma i risultati ottenuti da partiti e sindacati scontentano i lavoratori. Iniziano una serie di azioni di sabotaggio soprattutto alla Pirelli e alla Sit Siemens. Di fronte a queste azioni PCI e sindacati sono incerti e non sanno come reagire. Nel frattempo dalle azioni di sabotaggio le BR passano ai sequestri di dirigenti e di sindacalisti.
Il 2 marzo 1972 viene effettuata un’operazione di polizia che quasi distrugge l’organizzazione. Quelli che sfuggono all’arresto si riorganizzano in clandestinità dandosi una struttura simile a quella delle unità partigiane dei GAP, in ogni città vi è una colonna organizzata in unità di combattimento, fiancheggiamento e di propaganda. Il finanziamento di queste unità avviene attraverso rapine e sequestri. Gli appartenenti si dividono in regolari, irregolari, fiancheggiatori e simpatizzanti. Dai sabotaggi e ai sequestri si alza il tiro e si attacca lo Stato direttamente. Il primo obiettivo è un magistrato di Genova, Mario Sossi, un giudice duro che a Genova si è fatto un nome perseguendo il gruppo terrorista “XXII ottobre”. Il 18 aprile 1974 Sossi viene rapito dalle Brigate Rosse e portato in una villa di Tortona dove vi resta per 34 giorni. Durante la prigionia Sossi viene processato da un “Tribunale del Popolo” presieduto da Franceschini. Lo Stato reagisce in maniera contraddittoria e confusa, il governo è diviso tra chi vuole trattare e chi preferisce la trattativa. La mancanza di reazione da parte del governo fa si che i terroristi avanzino delle pretese chiedendo la liberazione e l’espatrio in un paese d’oltrecortina dei compagni della colonna “XXII ottobre”. Fortunatamente il ministro degli Interni impedì questo scambio facendo circondare il carcere Marassi di Genova dove erano rinchiusi i membri della colonna. Il 22 maggio Sossi viene liberato nonostante lo Stato abbia rifiutato l’accordo. Anche il 1974 non è un anno facile per l’Italia, c’è la crisi del petrolio seguita alla guerra del Kippur tra Israele ed Egitto, in piazza vi sono scontri tra militanti di destra e di sinistra che provocano morti da ambo le parti. Vi sono attentati sanguinosi come quello del treno Italicus e di piazza della Loggia a Brescia e i cui mandanti restano sconosciuti ancora oggi. Anche all’estero la situazione non è facile, nel 1973 il governo del socialista Allende, una coalizione composta da socialisti, democristiani e comunisti, è scosso da scioperi e agitazioni di piazza, interviene l’esercito che instaura un governo di sicurezza nazionale presieduto dal generale Pinochet che ristabilirà la legalità e risanerà l’economia di un paese devastato dalle follie di Allende. Negli USA in seguito allo scandalo del Watergate si assiste alle dimissioni di Richard Nixon. Sul piano interno ci sono delle riforme che fanno sperare negli anni ‘70 come la legge sull’aborto e quella sul divorzio, nel PCI Berlinguer pensa a un compromesso storico con le forze politiche cattoliche per portare l’Italia fuori dalla crisi. Sempre nel 1974 il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa viene mandato a Torino; è un uomo duro ed esperto, un veterano della seconda guerra mondiale, nel secondo dopoguerra ha prestato servizio in Sicilia riportando diversi successi contro la mafia. Giunto a Torino organizza un nucleo speciale incaricato di indagare sul fenomeno terroristico con tecniche di indagine diverse e con l’ausilio di nuovi mezzi e la creazione di banche dati facilmente consultabili. Questo sistema verrà adottato anche dal procuratore antimafia Antonino Caponnetto. Purtroppo Dalla Chiesa dovette spesso scontrarsi con l’inerzia dei politici che sottovalutarono il fenomeno, quella stessa inerzia che lo condannerà a morte anni dopo quando lui e la moglie verranno massacrati dalla mafia. Il punto di svolta nella lotta al terrorismo in Italia fu con il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, questo episodio fece terra bruciata attorno alle BR. L’indomani del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro venne convocata una riunione urgente al Viminale (ministero degli Interni) a cui prese parte anche il generale Dalla Chiesa, scopo della riunione era lo stanziamento di fondi per potenziare le forze di polizia e creare una unità speciale antiterrorismo addestrata alla guerra non convenzionale sul modello della Delta Force americana. L’omicidio di Aldo Moro aveva dimostrato che le Brigate Rosse erano efficienti e militarmente organizzate, grazie a un sistema efficientissimo di raccolta di informazioni che permetteva loro di conoscere tutte le abitudini dell’obiettivo che si erano prefissati di colpire, in questo modo scoprirono che Moro era un obiettivo più facile da colpire rispetto a Cossiga o Andreotti che erano meglio protetti.
Prima di Dalla Chiesa non c’era un supporto tecnico scientifico nelle indagini, si utilizzavano ancora i vecchi brogliacci e non c’era uno schedario per la raccolta di informazioni. Ma non furono solo i nuovi metodi di indagine e il generale Dalla Chiesa a sconfiggere il terrorismo, ma anche la maturità del popolo italiano che non seguì le Brigate Rosse. Allora lo Stato cominciò a fare sul serio. Quella stessa maturità il popolo italiano la dimostrerà quando molti anni più tardi le rinate Brigate Rosse uccideranno D’Antona e Biagi e anche allora il popolo italiano dimostrerà di essere un popolo maturo e di buon senso.

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