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Giudizi affrettati, profezie e…Pigmalione!

Giudizi affrettati, profezie e…Pigmalione!
Agosto 10
15:57 2019

Durante la scuola dell’obbligo non ho mai avuto problemi di rendimento: pur non amando particolarmente studiare, avevo però una memoria di ferro che mi faceva ricordare tutto senza difficoltà, e che mi ha fatto vivere di rendita per tutti quegli anni, perché ormai ero nota come “quella brava”.

Invece, al contrario, approcciando all’attività fisica, avevo problemi di coordinazione che hanno fatto sì che fossi giudicata come imbranata. E, puntualmente, non avevo deluso neanche questa aspettativa: era un’epoca in cui non c’era una formazione valida per gli insegnanti di educazione fisica, per cui solo chi era bravo veniva seguito e stimolato.

Sono cresciuta perciò con queste etichette appiccicate addosso.

Due esperienze opposte, ma che hanno lo stesso nome: ‘effetto Pigmalione’.

La definizione prende spunto dalla mitologia greca, secondo cui Pigmalione, uno scultore, creò una statua talmente bella da innamorarsene e desiderare che fosse viva.

Si tratta di un errore molto comune in cui incorrono diversi insegnanti, sia in un contesto scolastico che in altre situazioni di apprendimento, come ad esempio le palestre.

Consiste nel dare un giudizio (positivo o negativo) superficiale e basato sulle prime impressioni, riguardo alle capacità della persona che apprende, tale da condizionare le sue performances future.

Questo avviene perché chi impara sta in una posizione subordinata rispetto a chi insegna: fiducioso, prende per buono quel giudizio, adeguandosi inconsapevolmente ad esso.

Faccio un esempio, citato da R. Capuano (Oracoli quotidiani – cos’è e come funziona la profezia che si auto avvera), su cosa può provocare un simile comportamento: un’insegnante di scuola elementare americana va dal preside a chiedere il materiale relativo alla sua nuova classe; mentre lo aspetta nel suo ufficio, nota l’elenco dei suoi futuri alunni con dei numeri scritti accanto: 112, 131, 90, ecc.

Deduce che siano i numeri relativi al quoziente intellettivo dei bambini, e li annota.

Alla fine dell’anno scolastico, durante un incontro finale con il preside, la maestra si compiace di aver avuto i Q.I. degli alunni, sottolineando quanto le fossero stati utili per mettere alla prova gli studenti più in gamba, stimolandoli a fare sempre meglio, e per dare compiti più semplici ai meno brillanti, in maniera tale da non scoraggiarli.

Ebbene, il preside, dopo averle chiesto come aveva fatto a procurarsi quei Q.I., le dice che quei numeri non erano altro che…i numeri degli armadietti dei bambini!

Quindi, quest’insegnante si era basata, per tutto l’anno, su dei giudizi assolutamente falsi. E gli studenti vi si erano conformati!

Un errore di giudizio che può estendersi anche ad altri ambiti della vita: quante volte ci facciamo un’idea di una persona basandoci sulle sensazioni che essa ci suscita al primo incontro? Spesso tali sensazioni risultano essere esatte.

Ciò non sempre significa essere dotati di un intuito infallibile: più spesso, cadiamo nella trappola della profezia che si autoavvera e, di conseguenza, tratteremo (inconsciamente) quella persona in modo che le nostre aspettative vengano confermate.

Qualcuno appena conosciuto ci sembra antipatico? Probabilmente, senza rendercene conto, inizieremo ad avere atteggiamenti di freddezza o distacco; il malcapitato, a questo punto, potrebbe attuare un qualche comportamento che va ad avvalorare il nostro giudizio avventato, e che ci farà dire: “Ah, ma io me lo sentivo, quello è proprio uno st…..!”

Come rimediare a questi inconvenienti, tanto più gravi quando si verificano, per l’appunto, a scuola, o comunque in un contesto in cui si dovrebbe poter imparare qualcosa nel modo più sereno possibile?

Essere consapevoli della fallibilità del proprio giudizio è già un buon punto di partenza.

Avere fiducia e nutrire delle aspettative positive, indipendentemente da quali possano essere le capacità effettive di coloro che apprendono, è un ottimo metodo per favorire lo sviluppo di un’autostima tale da migliorare il rendimento.

Bisogna anche tenere conto dei vari aspetti della personalità che man mano emergono, e che vanno a completare un quadro iniziale necessariamente frammentario.

A volte scrollarsi le etichette di dosso richiede una vita intera: è importante, perciò, mostrare sensibilità e cautela.

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