GIORNO DI VIGILIA, GIORNO DI MEMORIA 8 SETTEMBRE 1943
L’anima di Frascati è cristallizzata in un giorno che s’adagia ai piedi di un autunno che avanza: l’aria è dolce, si stempera nelle vigne dov’è tripudio di grappoli d’uva maturi pronti a essere recisi per la vendemmia. Ma anche lo spirito di ogni frascatano, nella prima decade di questo nono mese dell’anno ripercorre a ritroso nella propria memoria attimi tragici, indimenticabili che oggi rischiano di offuscarsi e perdersi nel limbo del tempo che avvolge. Per questo è importante la testimonianza, il racconto, il condividere quegli attimi che nel ’43 del secolo scorso hanno tragicamente segnato questo ridente paese dei Castelli Romani: era l’otto settembre, le mamme in casa preparavano il pranzo e l’acuto canto di morte della sirena fu solo un preludio al massacro di intere famiglie, di distruzione e morte, macerie e polvere mista a terrore e vite spente per sempre.
Lo ascoltiamo dalla voce di tre donne, sopravvissute alla tragedia, persone che non vogliono dimenticare e che offrono la loro testimonianza nel silenzio commosso di una platea di intervenuti alla commemorazione. Siamo nell’Aula Consiliare di Palazzo Marconi in un sette settembre, giorno di vigilia: Emanuela Bruni, assessore alla cultura, introduce l’ incontro Vivere la guerra e raccontarla – Storie di donne ieri e oggi nel quale, alla presenza Sindaco Roberto Mastrosanti, le giornaliste Sabrina Turco e Laura Aprati, Elisa Ercoli e Roberto Eroli si dà il via alle Celebrazioni dell’8 settembre 1943 che procederanno anche nei giorni successivi con la santa messa del Vescovo S. E. Mons. Raffaello Martinelli, cortei, concerti, momenti di preghiera che vedranno Associazioni, cittadini e scuole impegnati nel ricordo.
La sala è gremita, da poco le immagini di una guerra moderna in un Iraq martoriato da guerre sante di potere si sono spente sullo schermo, ma agitano nel cuore di ciascuno il dolore di bambini e adulti martoriati, pianto e sofferenza, voci spente che mascherano sotto la patina della rassegnazione tutta la brutalità di quel che l’uomo non sa vincere, quel demone di violenza che la sete di potere e denaro alimenta: guerre di pace, ordigni intelligenti, che volano su civili inermi, corpi sventrati, polverizzati ….
Inevitabile traslare la violenza di ieri e di oggi in un’unica prospettiva di dolore.
E la voce delle donne, vere protagoniste in momenti di tragedia, eroine che affiorano in scenari di barbarie e follia, racconta. La voce si confonde con il pianto disperato di dolore e impotenza, di condanna che urla nella pacatezza di un timbro che si spezza nella commozione.
Nanda, Maria Pia e Pina narrano e fanno rivivere la tragedia di bombe, di rifugi, di dolore, di solidarietà, fame e sofferenze, ma anche di un amore che sboccia nonostante la guerra. Ed è proprio da questo che nasce la speranza, quella che non deve abbandonarci mai, quella che spinge tutti noi, nei nostri ricordi a commemorare e a condannare, a sperare e soprattutto a non dimenticare, perché la memoria sia sempre arma potente per sconfiggere e risorgere, Araba fenice, dalle macerie di una follia umana come quella della guerra.
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