Giorni e nuvole: il vero oltre il reale
Raramente il cinema italiano degli ultimi decenni ha prodotto film credibili ed equilibrati. Questo film, finalmente, sa rendere un dramma privato di respiro universale. Tentativi ne sono stati fatti, ripercorrendo neo-neorealismo o minimalismo, ma l’immobilismo sociale a cui spesso sono demandati i ruoli di denuncia o stigmatizzazione, non è mai andato oltre la specificità della storia raccontata in risvolti ideologizzati. Dal dramma borghese a quello dell’emarginazione, tutto appare da tempo già visto, usurato o incagliato in modelli sperimentali apprezzabili ma lontani dal fatto artistico di qualità. Giorni e nuvole, invece, attraversa trasversalmente tutta la società italiana senza farsi forte di messaggi sloganistici. Si potrebbe definire neo-verista più che neo-realista, nel senso che non ripercorre episodi marginali della realtà facendoli sembrare veri ma estrapola direttamente un flusso di naturalismo dalla storia contemporanea, dunque più metodo che materia. Una famiglia borghese composta da madre, padre e figlia ventenne, si trova a precipitare alle soglie dell’indigenza a causa della perdita del lavoro del capo famiglia. Trama che s’insinua nelle fluttuazioni che mutano i rapporti di forza all’interno della coppia e dentro la famiglia. Il ritratto dell’Italia che emerge, in un’ambientazione ligure indefinibile e claustrofobica, non è tuttavia privo di qualche iperbole di costume.
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